Dateci un Bossi capovolgeremo Napoli
discussione. Pamphlet contro «Romaladrona»: i mali del Sud, colpa del centralismo discussione. Pamphlet contro «Romaladrona»: i mali del Sud, colpa del centralismo Dateci un Bossi, capovolgeremo Napoli La sinistra meridionale sedotta dall'idea federalista I «y] NAPOLI E / IVA il federalismo. Ma 1/ non lo dice Bossi. Non lo ■ dice Speroni. No. Siamo I LJa Napoli. Sapete come sono i napoletani: «Mais il y a encore les Napolitains», ma ci sono ancora i napoletani, mormorava Cavour sul letto di morte, ripercorrendo la sua opera di statista. Era l'inizio di una lunga storia, «la questione meridionale». L'ultimo episodio è un pamphlet che mette nero su bianco una tesi circolante nella sinistra napoletana: il Sud ha bisogno di un suo Bossi, anche le regioni meridionali hanno bisogno del federalismo. Se Napoli è «la capitale della corruzione», secondo Agostino Cordova, se si trova al 90° posto nel check up dei Sole-24 Ore, la causa è il centralismo. Dopo la Lega Nord è l'ora di una Lega Sud, stavolta di sinistra? Titolo: La seconda rivoluzione napoletana. Autori: Vincenzo Moretti, segretario generale aggiunto della Cgil della Campania, autore di saggi su questioni economiche e sindacali, e Luca De Biase, giornalista di Panorama, consulente dell'Ocse, coautore di Capitani di sventura (Mondadori) e Amore di Stato (Sellerio). La prima rivoluzione napoletana è quella di Cuoco nel 1799, la seconda è cominciata con la caduta dei Gava, lo scandalo della malasanità, le battaglie contro corruzione e camorra, la vittoria di Bassolino, una «primavera napoletana», ma ancora parziale: «Non basta il ricambio delle persone che gestiscono il potere - scrivono Moretti e De Biase -. Occorre un mutamento delle regole istituzionali». Questo mutamento c il federalismo. Nel libro si specchia una tesi che circola in alcuni gruppi della sinistra napoletana, sia del pds sia del sindacato. In essa si ritrovano due tradizionali filo- ni, ma anche due vizi, della cultura meridionalistica: la protesta contro il centralismo, che spesso diventa piagnisteo, con la tendenza ad addossare al Nord e a Roma le principali responsabilità dei guasti del Sud, e il sogno di ripristinare i valori e la cultura d'una identità meridionale, che sarebbe stata disgregata dai modelli di vita settentrionali. «Il federalismo non è un demonio da esorcizzare», si legge dunque nel pamphlet. Infatti rappresenta, per il Sud, la pos¬ sibilità sia di sottrarsi alle ingerenze di «Roma ladrona» sia di liberarsi dai legami di dipendenza con il Nord. «E' del tutto ragionevole immaginare un federalismo visto da Sud». La vera questione che è davanti ai meridionali è «valutare ed ana- lizzare la convenienza economica e culturale di un passaggio istituzionale orientato all'introduzione di un sistema davvero federalistico». Fino a dove si spinge questo federalismo napoletano? Non è all'acqua di rose. Sul piano teorico s'ispira direttamente a Carlo Cattaneo, il grande lombardo padre del federalismo, caro ai leghisti, anche se più citato che studiato: «Occorre cedere ad istituzioni politiche superiori quella sola parte di potere che torna utile cedere per la migliore funzionalità della vita sociale - è un passo citato e trattenere invece tutti i poteri di cui non si possa dire altrettanto, amministrandoli nell'ambito delle circoscrizioni che sono nate dalla storia e hanno in essa la loro patente». Sul piano pratico, la ricetta è l'autonomia, sia nella promulgazione di leggi, sia nella gestione del fisco. Un esempio eclatante: visto che il mercato della droga è uno dei principali sostegni della camorra, Napoli potrebbe trovare soluzioni, come la liberalizzazione, non adatte a Trento. Quanto al fisco, l'idea è che finora i fondi per il Sud siano stati usati e distribuiti così male che l'autonomia fiscale darà comunque risultati positivi anche se il gettito fosse più basso: «Chi crede che il destino del Sud dipenda dagli aiuti statali commette un errore imperdonabile». Va in pezzi il tabù dell'assistenzialismo. Sotto la pressione di una voglia di riscatto, che recupera pezzi di pensiero meridionalista (Guido Dorso o Rossi-Doria), al là della praticabilità delle soluzioni proposte. Come in tema di modelli di sviluppo. Germania per i lombardi, Lione per i piemontesi. E per il Sud? La Slovenia. Chissà. Alberto Papuzzi «Perché la rivoluzione si compia non basta il ricambio delle persone al potere: occorrono nuove regole istituzionali. Per noi è conveniente sul piano economico e anche culturale» Due modelli: Cattaneo e la Slovenia Qui accanto Carlo Cattaneo. Sotto, da sinistra, il sindaco di Napoli Antonio Bassolino e Manlio Rossi Doria Un gruppo di ragazzi nei «bassi» napoletani
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