C'è una parola d'ordine «Smuovere» il Cavaliere di Augusto Minzolini

C'è una parola d'ordine «Smuovere» il Cavaliere C'è una parola d'ordine «Smuovere» il Cavaliere ULTIMO DUELLO SUL COLLE SROMA I guarderanno ancora una volta negli occhi alle cinque della sera di oggi pomeriggio. Si incontreranno al Quirinale, nello studio alla vetrata, quello degli incontri più riservati: da una parte il presidente Oscar Luigi Scalfaro, con i suoi modi curiali; dall'altra Silvio Berlusconi, con il suo linguaggio da imprenditore brianzolo. E cosa succederà questa volta? I due riusciranno a capirsi e, soprattutto, a fidarsi l'uno dell'altro? 0, al solito, la cosa finirà in frantumi e subito dopo, nel vertice del polo delle libertà in programma per le 19 a Palazzo Chigi, il Cavaliere aprirà quello scontro istituzionale che preoccupa tutti? Difficile dire come andrà a finire. Le «colombe» hanno fatto tutto quello che era possibile fare. Gianni Letta ieri è stato per due ore con Scalfaro per preparare l'incontro di oggi. Due ore per spiegare al Capo dello Stato che non c'è stato «nulla di personale» nelle polemiche roventi di questi giorni e per tentare di trovare una soluzione. E tra una parola e l'altra anche in quel colloquio è venuta fuori la solita idea del governo guidato da un esponente di Forza Italia che dovrebbe fare alcune cose prima di andare alle elezioni. Se questa è una strada praticabile per tutti e due gli schieramenti, la questione si complica quando si affronta l'argomento delle «garanzie»: Scalfaro non vuole fissare una data precisa anche se dal programma che immagina si capisce che accetterebbe l'apertura delle urne a giugno; Berlusconi, invece, quella data la vuole, anzi, la esige. Già, la data del voto, il problema dei problemi. Alla fine si finisce sempre lì. E' su quel punto che Berlusconi «non si smuove» nei colloqui con gli ambasciatori degli altri protagonisti della crisi. Del resto il personaggio è ostinato, è un uomo che si è mosso e si muove sempre per istinto. Così malgrado il susseguirsi di colloqui riservati e di processioni nella villa di Arcore, il capo del governo dimissionario continua ad usare un linguaggio duro. Ieri, ad esempio, ad alcuni amici che gli hanno telefonato ha fatto capire che ha ancora in mano «l'accetta di guerra». Chi gli ha ipotizzato un governo Scognamiglio, si è sentito rispondere: «Quello non passerà mai, non gli daremo mai i nostri voti». A chi, invece, gli ha parlato di un Fini spostato su una posizione più «duttile», ha replicato: «Non è così, leggetevi le interviste di Gianfranco». E quando gli hanno fatto notare che, bene o male, il primo passo per aprire una trattativa lo aveva fatto un suo uomo, quel Dell'Utri che aveva fatto visita a Bossi, Berlusconi ha detto duro: «Ma che dite! Marcello è andato da quello solo per dirgli di smetterla di dire delle menzogne sul suo conto. Anzi, prima di andarsene ha detto chiaro in faccia a quel personaggio: "Se continui, torno e ti prendo a botte"». L'aria che si respira ad Arcore è ancora questa. Malgrado le «colombe», esterne ed interne, continuino nella loro opera di convincimento, Berlusconi non si fida: «Mi sento come in una palude, circondato da coccodrilli». Tutti quelli che lo vanno a trovare, infatti, lo trovano diffidente, sospettoso. E forse a ragione. Ieri Roberto Formigoni è tornato a Villa San Martino, per la seconda volta in due giorni. Ha parlato di nuovo con Berlusconi dell'idea di un governo tecnico-politico di sei mesi, guidato da Dini o da Urbani, con la vecchia maggioranza allargata al Ppi. Dopo quei sei mesi la nuova maggioranza di centro-destra potrebbe decidere se andare al voto, oppure se dar vita ad un governo guidato per la seconda volta dal Cavaliere. Berlusconi ha ascoltato le parole di Formigoni e i messaggi di Buttiglione, ma poi ha posto al suo interlocutore una serie di domande. «Ma chi ci dà la garanzia che Bossi non farà scherzi?» ha chiesto il Cavaliere. «Ma cosa può fare Bossi - ha risposto Formigoni - se i popolari entrano nella maggioranza? Eppoi lui per salvarsi la faccia può sempre dire che non sei più tu il presidente del consiglio. Qui tutti debbono fare un passettino indietro se si vuole salvare la situazione». Berlusconi, per niente convinto, ha domandato ancora: «E Fini? Perché dovrebbe accettare di mandare nel governo solo dei ministri tecnici?». Risposta di Formigoni: «Guarda che lui accetta. Sa che Buttiglione andrà al prossimo governo per dire: "Tutto è fi- nito: fascismo e anti-fascismo". Fini ci ha detto solo che non muoverà un dito per convincere te, che tocca a te decidere». Di nuovo il Cavaliere: «E la vostra sinistra come si comporterà?». Replica del suo interlocutore: «Se alcuni se ne vanno brinderemo a champagne». E, andando avanti nei quesiti, Berlusconi è arrivato alla fine ad una delle tante domande fatidiche: «E questo governo cosa dovrebbe fare? Poche cose e... quindi il voto. O no?». «Beh - ha aggiunto un po' imbarazzato Formigoni non potrebbe non fare tinche l'anti-trust. Guarda Silvio che ti conviene: in questo modo tu puoi mettere sul mercato una rete e fartela pagare. Se quelli fanno il governo del "ribaltone", invece, ti tolgono tutto e basta». Di discorsi del genere Berlusconi in questi giorni ne ha sentiti tanti. Ma le parole servono a poco. In un modo nell'altro, tra una mezza concessione e una mezza richiesta, i nodi da sciogliere rimangono sempre gli stessi. L'ultima posizione del Cavaliere, quella più aperta, l'ha espressa il capo dei falchi di Forza Italia, Cesare Previti. «Si può fare - ha spiegato un governo elettorale che porti il Paese in tempi brevissimi alle urne sulla base di un programma incentrato su tre punti: manovra bis, legge elettorale regionale, regole per le trasmissioni telvisivive durante la campagna elettorale. Secondo Berlusconi ci sono quattro o cinque persone che possono guidare un governo elettorale». Sì, si può fare un governo con un altro presidente del Consiglio ma che abbia stampata l'etichetta: «Governo Elettorale». Accetterà una cosa del genere il Quirinale. Mah? Di nuovo c'è che Scalfaro non ha più tante carte da giocare. Ieri Francesco Cossiga ha fatto il punto della situazione con un amico: «Io sono indisponibile a guidare un governo che abbia l'ostilità di qualcuno, così pure Scognamiglio. Di fatto nelle mani di Scalfaro rimangono nomi come quelli di Prodi e di De Rita». Insomma, bene o male, l'alternativa che ha di fronte il Quirinale è un governo elettorale, o un governo che l'ex maggioranza definirebbe come un «Ribaltone», il famoso «colpo di Stato» secondo Berlusconi. Sempreché non si includa ancora tra le ipotesi possibili quella che il ministro Costa e Marco Pannella continuano a sognare: un Berlusconi bis che faccia le regole. Insomma, dopo tanto parlare, sostanzialmente siamo ancora al punto di partenza. Augusto Minzolini Formigoni a Arcore: «Ecco come si può imbarcare il ppi E se la sinistra lascia il partito noi brinderemo con lo champagne» Il Polo a consulto Silvio Berlusconi, presidente del Consiglio dimissionario

Luoghi citati: Arcore, Villa San Martino