Spazzatura? Bruciamola

AMBIENTE AMBIENTE Spazzatura? Bruciamola Inceneritori: che si fa in Europa Li A discarica dei rifiuti? La si faccia in casa del vicino. I pochi impianti esistenti si stanno rapidamente colmando e le giuste preoccupazioni ecologiche impediscono di farne altri. Una emergenza di nuovo tipo, così grave da avere generato addirittura nuove forme di criminalità, dalle mazzette ai depositi clandestini, ai delitti di mafia e camorra. Le amministrazioni locali sono in difficoltà. Il ministero dell'Ambiente ha appena presentato uno «sportello rifiuti» per coinvolgere i Comuni «in un progetto più ampio di gestione dell'intero ciclo dei rifiuti». Ma soluzioni a portata di mano nessuno ne ha. Gli inceneritori possono essere una via d'uscita da questo problema? La «termodistruzione» è una soluzione controversa. In alcuni Paesi è praticata su larga scala, in altri (ed è il caso dell'Italia) è marginale; dappertutto, comunque, restano perplessità per le possibilità di inquinamento, in particolare per l'è- possibile verificare lo stato delle fondazioni di molti Palazzi cinquecenteschi. Per una città come Venezia, che da anni cerca soluzioni ai suoi problemi non è poco. Salvatore Russo missione di diossina. In Italia gli inceneritori funzionanti sono appena una cinquantina, perlopiù piccoli e di tecnologia non eccelsa, capaci di smaltire il 12 per cento dei rifiuti solidi urbani. La Toscana ne ha 19, la Lombardia 12, il Friuli 11, Emilia Romagna e Veneto ne hanno 10, la Puglia 9, la Sardegna 8; le altre regioni sono staccate. Ma se poi si guarda bene si vede che quelli che funzionano davvero sono assai di meno: 11 in Toscana, 7 in Lombardia, 2 in Veneto, 3 in Friuli e così calando. In Piemonte su 4 inceneritori due sono spenti. All'estero vi sono situazioni molto diverse: in Germania, per esempio, esistono solo 50 grandi impianti in grado di smaltire un quarto dei 31 milioni di tonnellate di rifiuti solidi urbani e industriali; generalmente producono anche energia, termica o elettrica. In Svezia 20 impianti trattano la metà dei rifiuti e forniscono il 5 per cento dell'energia termica del Paese (ma in alcune regioni anche il 20-30 per cento). In Francia gli impianti, più piccoli, sono 260 e riescono a togliere dalla circolazione il 35-40 per cento della spazzatura, mentre in Giappone si arriva al 70 e in Svizzera addirittura all'80. (Al contrario gli Usa sono appena al 15 per cento). I vantaggi fondamentali dell'incenerimento: le scorie occupano appena il 10% dello spazio dei rifiuti di partenza; e i rifiuti, specie plastica e gomma, danno una quantità apprezzabile di energia che altrimenti finirebbe sotto terra. Svantaggi: un inevitabile inquinamento dell'aria, sul quale tuttavia, -.'icono gli esperti, si può «lavorare» portandolo entro limiti accettabili. Sono le indicazioni che vengono, ad esempio, da uno studio che l'Amiat, l'azienda municipale di igiene ambientale di Torino, ha affidato a Giuseppe Genon, del diparti mento di scienze dei materiali di Torino. La combustione genera poi veri molto fini (le quali possono oltretutto essere veicolo di altri inquinanti ancora più preoccupanti, cioè metalli e composti organici), che, dice il professor Genon, «eccedono in modo no tevole i limiti imposti». Tra gas emessi prevale l'ossido di carbonio, seguito da anidride solforosa, acido cloridrico e aci do fluoridrico. Quanto ai metalli, in testa i tutti c'è lo zinco, seguito da fer ro, piombo, manganese, rame, cromo, cadmio, nickel e antimonio. Le indagini fatte su 13 inceneritori in diverse località italiane hanno mostrato che questi metalli «sono presenti in concentrazioni fino a 5 ordini di grandezza superiori a quelli attesi in un aerosol di origine naturale», ossia, in parole po vere, cinque volte più della norma. In particolare è insidio so il mercurio, fortemente tossico, che si trasforma per più del 95% in prodotti volatili. Ed eccoci ai residui più temu ti, specie in Italia dove resta vi vo il ricordo di Seveso. Sono ì cosiddetti microinquinanti clorurati, cioè diossine e dibenzo furani, «composti, in molti casi, di elevata tossicità» come dice lo studio di Genon. Si tratta di parecchie decine di composti che, spiega sempre lo studio, si formano quando si opera a temperature «intermedie», intorno ai 500-600 gradi centi gradi. Sulla quantità di questi composti e sulla loro pericolosità lo studio ordinato dall'Amiat riporta una serie di pareri che noi riportiamo letteralmente a no stra volta. 1) L'Asme (American society of mechanical engineers) dice: «Il rischio di cancro associato all'emissione di dios sine da processi d'incenerimen to di rifiuti solidi (1 su un milione) è di diversi ordini di grandezza inferiore al rischio di morte derivante da altri tipi di esposizione, come quella volontaria di fumare 20 sigarette al giorno e quella involontaria di contrarre l'influenza. Il ri senio è probabilmente dello stesso ordine di grandezza associato ad altre forme di smaltimento dei rifiuti, quali la discarica controllata». 2) Rappor to di studiosi olandesi su un medio inceneritore: «Il rischio derivante dall'atmosfera inquinata non è elevato, ma può diventare tale per regolare inge stione di cibo, specialmente lat te e prodoti caseari, provenien ti da bestiame allevato con il foraggio coltivato in prossimità dell'inceneritore». 3) Relazione Genon: «Nei sistemi di combu stione attuali, grazie all'adozione di temperature sufficientemente elevate, e soprattutto alla regolazione di un idoneo ec cesso di ossigeno, si può ritene re nel complesso non critico il fenomeno della neoformazione di microinquinanti». Vittorio Ravizza

Persone citate: Genon, Giuseppe Genon, Salvatore Russo, Vittorio Ravizza