L'ARTE, CHE CAOS E'?

L'ARTE, CHE CAOS E ' ? L'ARTE, CHE CAOS E ' ? Doma raccoglie oltre 800 definizioni: da Braque a Valéry, da Hegel a troppi La Polisse PROVATE ad immaginare uno strano museo, in cui alle pareti non siano esposti dei quadri, ma delle frasi curiose in cui celebri artisti tentino di definire l'Inafferrabile, cioè che cosa mai sia l'arte (l'idea era venuta anche a Kosuth, all'ultima Biennale). Ebbene, questo è l'effetto che si prova entrando in un insolito librino che un appassionato collezionista-artista, Sandro Doma, ha pubblicato presso l'editore Allemandi: Che cos'è l'arte? 822 definizioni di qualcosa d'indefinibile. Quasi un suo taccuino segreto in cui per anni si è appuntato delle definizioni approssimative. Perché Braque l'ha spiegato - spiegare l'arte è impossibile: «C'è soltanto una cosa che vale nell'opera d'arte ed è quella che non si riesce a spiegare». Dunque: da Adorno («Il compito attuale dell'arte è di introdurre caos nell'ordine») a Wilde, da De Chirico («E' la rete fatale che coglie a volo, come farfalloni misteriosi, questi strani momenti, sfuggiti all'innocenza e alla distrazione degli uomini comuni») a Valéry («L'opera d'arte mi fornisce idee, insegnamenti, non piacere. Giacché il mio piacere è fare, non subire»). Filosofi, letterati, pittori, critici. In verità non tutti cercano di definire l'arte in assoluto, chi giudica la propria epoca (Argan: «L'arte non può morire. E' già morta»), chi l'artista (Glenn Gould: «Un essere dalla natura moralmente dubbia e che ha buone probabilità di finir male»), chi racconta la propria pittura (Chagall: «Io ho portato i miei oggetti dalla Russia, Parigi vi ha versato sopra la sua luce»), chi esprime frammenti di poetica, come Van Gogh («Ho cercato di esprimere con il rosso e con il verde le terribili passioni umane») che in una celebre lettera al fratello spiega come «nel mio quadro del caffè di notte ho cercato di far capire che è il luogo dove ci si può rovinare, diventare pazzi, commettere dei crimini». Infine, oltre a quella del fruitore (Bacon che cita Valéry: «Quello che occorre all'uomo moderno è la sensazione senza la noia di esprimerla») viene messa sotto esame anche la figura del critico. Zeri: «Berenson sosteneva che la storia dell'arte è un gran gioco d'azzardo nel quale vince chi possiede più fotografie». Non si cerchi dunque l'esaustività (ma è possibile definire l'arte snobbando Richard Wa- ABnSD(SFZe uniformità, spesso aforismi e battute sembrano avere la meglio. Lee: «L'arte? Una bomba a orologeria col carillon». Flaiano: «L'arte come tentativo di giustificare la Natura. Ma la Natura è. Non cambierebbe una nuvola per compiacere un esteta». Krauss: «Artista è solamente chi sa fare di una soluzione un enigma». Ben Jelloun: «L'arte è un appuntamento d'amore che, per impazienza, sbaglia ora, giorno e anno». E Braque: «Non si può avere sempre il cappello in mano, per questo è stato inventato l'attaccapanni. Io ho trovato la pittura per appendere a un chiodo le mie idee». Battute: ma che in realtà nascondono delle grandi verità, toccando alcuni motivi nevralgici: il rapporto con la Natura, il Sentimento e le Idee, con l'eversione rivoluzionaria. E del resto la boutade di Longanesi («L'arte è un incidente dal quale non si esce mai illesi») è assai più vicina di quanto non si pensi ad una delle verità filosofiche più convincenti, quella enunciata da Vattimo: «L'unico modo di valutare autenticamente un'opera d'arte è vedere se essa stimola davvero una revisione del nostro modo di essere nel mondo». Qualcosa che ci cambia, indelebilmente, insieme «inutile e importante» (Lalla Romano). Che ci aiuta ad andare al di là. Simone Weil: «Il quadro è uno spazio finito, limitato da una cornice: è necessario che vi sia incluso l'infinito». Qualcosa che non si conosce a priori, che nemmeno l'artista conosce, «qualcuno che si aggira nel vuoto senza poter rinunciare a descriverlo» (Paolini). Perché «le altre sono vie, l'arte è una meta» (Sbarbaro). E ci aiuta a guardare meglio, accecandoci. Wols: «Vedere è chiudere gli occhi». Un guardare, un capire interiore. Broch: «Essa abbaglia l'uomo fino ad accecarlo e gli fa vedere la verità». A sinistra: Braque nello studio Sopra: De C/iirico (autoritratto) Sotto: Federico Zeri e Valer)- gner, Artaud, Bataille, per fare solo qualche nome?). E' un gioco s dunque si accetti quest'affabile estemporaneità, che mescola l'Estetica di Hegel con le interviste dei pittori su Amica. Vano fare i maestrini, lamentando le lacune, e le scelte opinabili: e se no, co¬ ia figura, il panorama risulta talvolta un po' deprimente, s'incontrano troppi Monsieur de La Palisse. Anche se talvolta si ha il sospetto di una crudeltà involontaria. Possibile in tutta la sua opera non si sia trovata per Brandi un'affermazione un po' meno pacifica di questa: «L'avanguardia lega il passato al futuro scavalcando il presente»? Su tanta me tollerare che ci sia soltanto un Diderot e nessun Voltaire al cospetto di ben sei perle di Bonito Oliva, compreso: «Personalmente non credo nell'arte, cioè non amo l'arte, come l'operaio non ama la macchina su cui lavora: io strumentalizzo l'arte per fare un discorso che dall'arte diventi discorso sul sistema sociale»? Certo, non tutti ci fanno bel- o pina i

Luoghi citati: Parigi, Russia, Valéry