PASCOLI INFERNALI PER IL TEXANO GOYEN

PASCOLI INFERNALI PER IL TEXANO GOYEN PASCOLI INFERNALI PER IL TEXANO GOYEN Torna «Casa del respiro»: come una SpoonRiver DELLING. CASO 77fiituro in rivolta diArpaia AL corpo di un ragazzo che si sfracella gettandosi dalla finestra di una caserma dei carabinieri; un clima postmoderno di stato d'assedio molto più che probabile, dominato dalla figura di un nuovo tiranno, l'ingegner Caso, capo di un'operazione chiamata Vade retro; un vecchio di settantaquattro anni, malinconico e meditabondo, bazzicato dalla morte e assediato dallo schifo del mondo; una trama fatta di pochi personaggi, poche mosse, poche sorprese, ma soda e compatta, narrata con buon ritmo. Si può descrivere sommariamente così il nuovo e secondo romanzo di Bruno Arpaia, che s'intitola II futuro in punta di piedi, appena uscito da Donzelli. Il trentasettenne Arpaia, napoletano del concentrico, traduttore di letteratura spagnola e latino-americana (nel suo libro lo si sente bene), giornalista della redazione milanese di «Repubblica», disegna uno spazio narrativo che va da una Napoli suburbana divisa tra campagna e città (molto schematica e piuttosto accennata che descritta) a una Milano grigiastra e sottilmente mostruosa, si direbbe allusivamente berlusconiana. Entro questo scenario muove la storia del vecchio Tito Principe e di suo figlio Alfredo: il primo a conversare con la sua ombra fatta, tutto sommato, di resistibili disillusioni, il secondo a inseguire non proprio utopistici progetti di lotta contro il nuovo corso politico, mescolando pubblico e privato (una ragazza che si chiama Maura e una militanza aperta al miracolo). Del resto, la speranza che trapela in mezzo a vischiosi pensieri di sconfìtta viene ad Alfredo dalle radici di quel simpatico ometto di suo padre, capace di mescolare la fierezza e persino le astuzie della stanchezza senile con certi fìtti pensieri di filosofica e saggia densità. DI William Goyen (1918-1983) il lettore itabano conosce due raccolte di racconti inquietanti e dall'atmosfera talvolta morbosa (giovani negri evirati, quindi impeciati, incatramati e dati alle fiamme dal Ku Klux Klan; ragazze nude impiccate in una serra lussureggiante): Se avessi cento bocche e II fantasma e la carne, entrambe pubblicate da Theoria. L'interesse suscitato da queste incoraggia oggi il recupero della precedente Casa del respiro già tradotta per Einaudi nel 1963, ossia del libro, forse impropriamente definito romanzo (quando uscì per la prima volta in rivista si chiamava «Four American Portraits As Elegy», con l'accento sui quattro principali «ritratti» che contiene), che rivelò il singolare talento dello scrittore texano nel 1950. E' una rivisitazione lirica e sicuramente autobiografica del paese d'origine del narratore, un borgo del vecchio Sud il cui simbobeo nome di Charity allude a quello del vero villaggio natio di Goyen, che si chiama Trinity. Come molti protagonisti della letteratura e del teatro americani, fra cui Tom di «Zoo di vetro» di Tennessee Williams, colui che parla si è strappato dal suo mondo pittoresco ma gretto e soffocante per imporsi un esilio necessario (a una carriera di artista? questo non ci viene detto); e adesso, a distanza di sicurezza, fa i conti col proprio passato in uno stato d'animo lontano dal risentimento come dalla nostalgia. Un breve e potente brano all'inizio stabilisce un clima quasi di allucinazione: «...camminai e camminai, sotto la pioggia che si trasformava in neve, madido e gelato, e capitai in un parco simile ai pascoli dell'Inferno... entrai e vidi annunciazioni disegnate e scritte sui muri». Da questo luogo indeterminato, buio e angoscioso (una periferia urbana?), colui che racconta e che si chiama Ben comincia a sentire le voci di una volta - sono Zia Malley, Suimma, nonna Ganchion, Folner: i personaggi del suo passato e della sua mitologia personale e a dialogare con loro. Nella narrazione le presenze rievocate riprendono vita, senza ordine, così come affiorano alla me¬ Charity bucolica e sonnacchiosa non solo non esiste più, ma sopravviveva a se stessa anche all'epoca dell'adolescenza di Ben, i cui coetanei se ne sottrassero come avrebbe fatto lui Boy imbarcandosi come marinaio, Folner unendosi a un circo, Suimma per realizzare il suo sogno di fare la ballerina; i vecchi come la cieca e inutile nonna Ganchion sono emblematici della staticità del luogo. Recidere i legami non è stato facile per Ben (nella realtà dell'esperienza di Goyen, il distacco fu seguito da quattro anni infernali passati su di una portaerei nel Pacifico); ma egli non avrebbe potuto fare altrimenti. In un dialogo immaginario con la madre Ben spiega il senso del suo viaggio: «Io me ne sono andato per poter tornare... Una voce irresistibile mi chiamava lontano dalle abitudini e dall'esistenza silenziosa, appassita, agonizzante di Charity, chiusa tra un binario, una segheria e un campo deserto. Io so soltanto che qualcosa cambiava in me... dovevo ascoltare, ascoltare, ascoltare la sua voce senza sosta... la segheria cercava di soffocarla, la ruota della cisterna cercava di soffocarla, io dovevo salvarla, udirla, e così me ne andai». Forte dell'energia accumulata durante il distacco, ora Ben è in grado di contemplare serenamente, e anche di comprendere, perdonare e amare. moria, in una serie di ritratti molto vividi che non si limitano alle persone: il fiume Charity, per esempio, antropomorfizzato, è al centro di un episodio di iniziazione sessuale. Come apprendiamo gradatamente dai brandelli delle storie, quella •NA MUZZATA CALABRISI di Teresa Canale Berraii L. 15.000 è in edicola: Torino - Savona - Roma - Cosenza - Catanzaro e Reggio Cai. con relative province. Antiche poesie d'amore, proverbi, indovinelli, vecchi giochi... in dialetto calabrese con note in italiano. Premiato con «Premio Brutium» (ilH'I'l'O ABBLK I'I-:KI()I)ICI (ilHIlO ABBLK II:KI()I)ICI E'IN EDICOLA IL N // giudice i il panilo: modificare la legislazione? | IL CONTINENTE DELL'OPPIO M PR0MEM0RIA 1 | ALGERIA ■ ANTIRICICUGGIOI ; Abbpnaniemo annuo L. 25.(MK) C.C.P! 155161 intestaKVa , "Gruppo Abelc Periodic!" Via Gioliui 21. 10123 Torino Masolino d'Amico William Goyen La casa del respiro trad. IdaOmboni Theoria. pp. 154. L. 24.000 Intorno ai due protagonisti che si spartiscono la scena ruotano un maresciallo che prende gusto a comandare, un gruppuscolo di rivoluzionari cui appartiene quel Luca Altieri che si butta dalla finestra della caserma proprio all'inizio del romanzo, il giudice Rosaria Pennasilico, fiera vestale del diritto conculcato, un lontano compagno di scuola di Alfredo, disposto ad aiutarlo in un delicato frangente, qualche comparsa come la signorina Anastasia Gifuni, o, con risvolti tragici, il mortificato profilo di un dannato della terra come il senegalese Svila. Una metafora politica Meglio dunque non dir troppo della trama per non sottrarre gusto al lettore, anche se qui, per fortuna, più degli eventi conta il modo di narrarli fuori dalle scimmiottature del prevedibile, con parole metaforiche incastrate di giustezza entro un flusso sincopato, complessivamente persuasivo. A confronto, per esempio, con la napoletanità metropolitana furibonda e caotica di un Peppe Lanzetta, Arpaia mira più diritto all'essenziale; è più selettivo e, per così dire, moderato, ma non meno efficace. Fuori da ogni ipoteca folcloristica, la Campania dei residenti e non residenti si radica oggi nella cultura di una nuova dialettalità e costituisce uno dei laboratori più ricchi del nostro panorama letterario. Metafora politica di un Paese attuale, parabola morale di un futuro in rivolta, storia appena appena gialla, appena appena fantastica, appena appena patetica, il romanzo di Arpaia vi si muove degnamente e suburbanamente, con sicura ragione. Giovanni Testa Bruno Arpaia Il futuro in punta di piedi Donzelli pp. 141,L 24.000