Un lasciapassare «laico» per entrare in Paradiso

Un lasciapassare «laico» per entrare in Paradiso Un lasciapassare «laico» per entrare in Paradiso I SEGRETI DELL'OPERA COME è ormai costume annuale, nel giorno dell'Epifania, che è la festa della manifestazione di Cristo alle genti, papa Wojtyla fa un'infornata di vescovi di ogni colore nella Chiesa cattolica. Nella dozzina di nuovi consacrati ieri in San Pietro c'è Pierfranco Pastore, figlio di Giulio, noto sindacalista cristiano, e fratello di un giornalista televisivo, egli stesso esperto nel campo dei mass media come segretario del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni sociali. Altro nome che spicca tra i nuovi vescovi è il prelato dell'Opus Dei, Sjayejrip.Echevarria, elet- to a capo dell'Opera il 20 aprile dell'anno scorso. Quando viene fuori il nome Opus Dei, c'è sempre quasi un drizzar di orecchie nell'opinione pubblica. L'ultima volta che si discusse molto di essa fu tre anni fa, quando il suo fondatore José Maria Escrivà de Balaguer venne solennemente proclamato beato in San Pietro da Giovanni Paolo II, di fronte a una marea di entusiasti e di devoti arrivati da ogni parte del mondo. L'Opus Dei, da sempre, in una certa pubblicistica, viene presentata come una specie di società cattolica segreta (l'aggettivo da cui viene accompagnata, na¬ turalmente, è quello di «potente»: la potente prelatura dell'Opus Dei), composta di uomini d'affari e di personaggi politici, tutti nascosti nel mistero, tramanti dentro la società e dentro la Chiesa. Libri e giornali si sono sbizzarriti a pompare titoli come questi: «La santa mafia», «La massoneria cattolica», «Il polipo di Dio». L'Opus si affanna a rispondere che essa è ispirata soltanto dalla finalità apostolica di santificare le professioni e i mestieri e di accogliere chiunque tra i suoi componenti: da illustri chirurghi a tranvieri a giocatori di basket. Il suo intento, quindi, appare quel¬ lo di mandare in Paradiso gente che, stando alle parole del Vangelo, ci andrebbe difficilmente, come banchieri, ministri e imprenditori, ma anche i poveri, sebbene questi, in genere, in Paradiso ci vadano senza difficoltà da soli. Questa strategia spirituale dell'istituzione propone, quindi, un modello ideale di vita per i cristiani che vivono nel mondo ed è stata così descritta da Alvaro del Portillo, il precedente prelato, morto l'anno scorso: «Necessità di cercare la pienezza della vita cristiana (la santità) e la diffusione del messaggio evangelico (l'apostolato) attraverso il fedele adempimento dei doveri familiari e sociali, in particolare mediante lo svolgimento del proprio lavoro professionale nel modo più perfetto possibile, per amore a Dio e al prossimo. Per i soci laici è condizione irrinunciabile l'esercizio costante di un lavoro professionale civile di normale cittadino. Questo, nell'Opera, è oggetto di speciali esigenze ascetiche, che sono ordinate a farlo diventare un lavoro di Dio, Operatici Dei, Opus Dei». Questa «operatio» si esprime nel mondo, con responsabilità dei singoli soci, in centinaia di università, scuole, giornali, emit¬ tenti radiotelevisive, case produttrici cinematografiche e in svariate attività apostoliche di indole educativa, assistenziale, sociale. «La nostra», spiegò una volta il fondatore Escrivà ai suoi, «è un'organizzazione disorganizzata. Essa vi fornisce gli clementi per la vostra vita religiosa e umana. Dopodiché, arrangiatevi!». E quelli dell'Opus Dei si arrangiano. Ma in una società così maliziosa e sospettosa come la nostra, è difficile far capire come ci si possa «arrangiare» per amor di Dio e del prossimo. Domenico Del Rio

Persone citate: Alvaro Del Portillo, Balaguer, Domenico Del Rio, Echevarria, Giovanni Paolo Ii, José Maria, Pierfranco Pastore, Wojtyla