«Questa Italia mi ha deluso» di Vittorio Zucconi

TRA POLITICA ED ECONOMIA «Questa Italia mi ha deluso» Dornbush: la lira rischia di perdere un altro 15% TRA POLITICA ED ECONOMIA LM WASHINGTON ~ Italia non è ancora il Messico o l'Ucraina. La corda economica, da voi, è lunga. Ma vi si sta accorciando un poco attorno al collo ogni giorno che passa». Rudi Dornbush, professore di economia internazionale a Boston, consulente di Wall Street e da anni esperto di «casi gravi» nell'ospedale delle economia mondiale (fu chiamato a occuparsi di Russia, poi di Ucraina, oggi di America Latina) da vari mesi si è chinato anche sul letto della «malata Italia» e la sua diagnosi è impietosa. Come «l'italiano» Franco Modigliani, suo collega di cattedra al Mit con il quale avevamo discusso ieri su queste pagine la nostra crisi, anche il «tedesco» Dornbush vede nell'inflazione il Nemico che rialza la testa, il sintomo di una situazione gravissima che lui riassume così: «La crescita tendenziale dell'inflazione è il segno che l'Italia si sta muovendo in direzione opposta a quella della Germania e che è avviata su una china pericolosissima sulla quale scivola inesorabilmente anche la lira. Non c'è dubbio, oggi l'Italia è una grande delusione per gli osservatori e per gli investitori internazionali». Non capita spesso, interrogando economisti accademici di prestigio internazionale, di ottenere risposte secche e dirette come queste che il professor Dornbush mi offre. Neppure su temi delicatissimi quali la lira, il disavanzo dello Stato, il governo Berlusconi o la crisi politica, il cinquantenne economista di origine tedesca tira indietro il piede. Cominciamo dunque dalla lira. Molti, dai tedeschi allo stesso professor Modigliani, dicono che la lira è sottovalutata rispetto al marco. Lo pensa anche lei? «No. La lira sta esattamente dove la colloca il mercato, non un centesimo di più non uno di meno. Vale quanto la gente è disposta a pagarla, come un quadro o un lingotto d'oro. Il valore di cambio di una moneta non è stabilito da un vertice di ministri, ma dalla volontà dei risparmiatori e degli investitori di detenere attivi e investimenti in quella moneta. Oggi, pochi nel mondo vogliono possedere lire e vendono. Fino a quando gli operatori finanziari non ritroveranno la voglia di tenere lire nel portafoglio, la lira continuerà a scendere». Fino a dove? «In questa situazione di instabilità e di confusione politica, ancora un 10, anche 15%. Certo non vedremo crolli sul tipo del peso messicano, ma se non cambia il quadro politico, ulteriori cadute sono inevitabili». Che costringeranno le autorità monetarie italiane ad aumentare i tassi di interesse e quindi ad aggravare il deficit dello Stato? «E' ovvio. E poi naturalmente ripartirà la pressione sui salari, spingendo l'inflazione ancora più in alto». Un labirinto senza uscita? «Un labirinto con una uscita politica. Noi economisti internazionali suoniamo come un disco rotto, ma la formula è quella: ci vuole un governo stabile, credibile, serio che prenda misure convincenti di riduzione del disavanzo, di controllo della spesa pubblica e di massicce, autentiche privatizzazioni». Un governo da eleggere con il voto popolare o da costruire con il Parlamento che già esiste? «Posso essere esplicito? A noi, agli economisti e agli operatori finanziari internazionali, non potrebbe importare di meno come arrivate a fare un governo. Importa sapere se questo governo ha finalmente un centro di gravità politico stabile e, soprattutto, un mandato chiaro per fare le cose che vanno fatte». Come sembrava avere Silvio Berlusconi, non le pare? «Infatti. Ma Silvio Berlusconi è stato purtroppo un fallimento. La sua squadra economica, i Dini e Tremonti, ha fatto bene. Berlusconi ha fatto male. E' arrivato sul cavallo bianco ed è ca- duto di sella subito. Anche la finanziaria, che pure attaccava come era giusto il problema delle pensioni e quindi della spesa pubblica, è arrivata troppo tardi, quando lui era già caduto da cavallo e non aveva più la forza politica per vincere». Che cosa l'ha disarcionato? «Inesperienza, errori di valutazione politica, gli alleati stessi, come La Lega, la sua incapacità di muoversi bene e subito, nei primi giorni, occupando stabilmente il centro. E poi errori strani di immagine, come la questione dei suoi interessi privati. Il fatto che egli non abbia capito il danno che gli proveniva dal suo trust televisivo ha dimostrato una mancanza di sensibilità politica che ha deluso molti, anche qui negli Stati Uniti». Ma che cosa avrebbe dovuto fare? «Le faccio un esempio: il nuovo leader della destra repubblicana, l'anti-Chnton, Newt Gingrich eletto presidente della Camera ieri, aveva avuto un anticipo di 6 miliardi di lire per il suo libro. Non c'era nulla di male, era un contratto commerciale perfettamente legittimo, ma sono bastati 5 minuti di discussione con i suoi consiglieri per fargli capire che si creava un'apparenza sgradevole di interessi privati che avrebbe reso meno efficace la sua leadership politica. Ha rinunciato all'anticipo, pur non essendo affatto un uomo ricco. Questa è una destra seria, che vuol davvero cambiare le cose». La sua è un'analisi che rincuorerà molto la sinistra italiana, lo sa? «Guardi, io sono talmente di sinistra che vorrei una Margaret Thatcher per l'Italia. Il problema è che neppure il governo Berlusconi ha potuto scuotere gli Italiani dai loro sogni e trascinarli per i capelli nell'età moderna, come ha fatto invece la Thatcher in Inghilterra. Voi Italiani siete viziatissimi. Vi sve¬ gliate alla mattina, vi guardate intorno, vedete un Paese meraviglioso dove tutto sommato si sta benissimo, meglio che nel resto del mondo, e continuate così per un altro giorno, per un altro anno, in un perenne holding pattern, un'attesa perenne fatta di vivere alla giornata. Fino a quando le crisi finanziarie non vi colpiscono in faccia. Il guaio delle crisi, soprattutto in nazioni forti, con grandi riserve e risorse come la vostra, è che impiegano moltissimo tempo ad arrivare e poi pochissimo tempo a colpire». Mi pare che lei stia dicendo, in sostanza, che la crisi non è paradossalmente ancora abbastanza grave per scuoterci dal sonno? «Precisamente». Ma lei, come economista e oggi anche consulente finanziario a Wall Street, cresciuto alla scuola monetarista di Chicago con Milton Friedman, e certo non di sinistra, come reagirebbe a un governo dominato dalle sinistre, in Italia, dopo Berlusconi? «Credo che oggi nessuno creda più ai Cavalieri Bianchi o ai Cavalieri Neri o Rossi. Noi operatori e osservatori vogliamo esperienza, conoscenze tecniche al governo, più che patenti ideologiche. Solo un governo di tecnocrati in Italia può continuare sulla strada della riduzione drastica della spesa pubblica, delle privatizzazioni, della razionalizzazione del vostro assurdo sistema fiscale. Voi dovete capire che l'orologio lavora contro di voi, che il mondo si sta allontanando dall'Italia e l'Italia dal mondo: o trovate la capacità di riunirvi agli altri, e allora il vostro Paese dimostrerà tutta la sua enorme capacità di ripresa. O continuate ad allontanarvi, e allora quella corda che oggi sembra ancora tanto lunga vi si stringerà attorno al collo». Vittorio Zucconi «Siete troppo viziati Aspettate che la crisvi colpisca in faccia» Nella foto grande Rudiger Dornbush Qui accanto il ministro Giulio Tremonti