«Allarme prezzi Italia attenta»
LA STAMPA «Se l'inflazione salirà, i danni per il Paese saranno gravissimi» «Allarme prezzi, Italia allenta» Modigliani: agite subito sul deficit WASHINGTON DAL NOSTRO INVIATO Il sistema Italia è a un passo dal disastro. «Occorre un governo, subito, un governo di competenti, di persone serie, che stabilizzi la lira e restituisca fiducia ai mercati» dice la voce, appena velata dai suoi 75 anni, di Franco Modigliani, il Nobel dell'economia 1985 che dalla sua cattedra al Mit di Boston è da decenni il massimo osservatore del «Caso Italia» da oltre Atlantico. Niente elezioni, niente perdite di tempo, è la sua ricetta. Non c'è un minuto da perdere, perché alle spalle della crisi si comincia a intrawedere lo spettro della «sudamericanizzazione» dell'economia italiana, evocato dalla ripresa dell'inflazione. «Se non si agisce con la massima cura e con la massima serietà - dice - la situazione potrebbe diventare, a brevissima scandenza, serissima». L'intervista che Modigliani ci concede, dalla sua bella casa nel sobborgo bostoniano di Belmont, parte proprio dal dato tendenziale dell'inflazione,' che nel mese di dicembre è scattata al 4,1% e che riapre davanti alla nazione la prospettiva di un baratro sudamericano. Nessuna cifra, tra le tante che ci bombardano in queste ore, è potenzialmente disastrosa quanto questa, per la minaccia che essa rappresenta non soltanto per i conti dello Stato, ma per l'intero «Sistema Italia». Prima di parlare con Franco Modigliani, ieri mattina, avevo voluto sondare al telefono qualche «grande argentiere» a Wall Street, qualche money manager nelle società finanziarie attraverso le quali passano quei capitali che alla fine rinsanguano, o dissanguano, le economie. Soprattutto le economie delle nazioni finanziariamente gracili come la nostra, prive di un mercato borsistico interno capace di fornire capitali adeguati alla sesta, se ancora lo siamo davvero, economia mondiale. E a Wall Street, gli umori che avevo avvertito erano francamente pessimi. In un ambiente già stressato dal disastro messicano (il peso messicano è stato svalutato del 30% in un solo colpo la scorsa settimana) la possibilità di una «messicamzzazione» dell'Italia precipitata in una morsa viziosa di inflazione, deprezzamento della valuta e collasso sistemico, comincia a circolare, seppure a bassa voce. «Qui non è più questione di Berlusconi, di partiti o di maggioranza», mi aveva detto brusco un finanziere che tratta «paper», di fondi e obbligazioni italiane, «qui si tratta di numeri». E sui numeri, Wall Street si trova sempre unanime nel verdetto: devono quadrare. Modigliani, che mi aveva chiesto tempo per riflettere prima di rispondere alle nostre domande e per evitare quelli che lui chiama i «titolacci» cari ai giornali italiani, comincia con una nota di cautela: «Per dire la verità, preso in sé quel 4,1%, rispetto al 3,9% dell'intero 1994 o del 3,5% che era stato preventivato per l'anno passato, non significa molto. E' un piccolo scarto e non possiamo neppure sapere con cer tezza se sia del tutto attendibile. : meccanismi di raccolta dei dati so no quello che sono e variazioni di qualche decimo in più o in meno spesso hanno poco valore, non sono del tutto affidabili. Ma questo non vuol dire che non ci sia da preoccu parsi. Il pericolo, serissimo, è che un ritorno autentico di inflazione nel 1995 spinto dalla sempre più preoccupante crisi della lira faccia saltare gli accordi salariali e spinga in alto i costi del lavoro. A quel punto, se l'inflazione indotta dall'erosione della lira si aggancia a un aumento incontrollato dei salari interni, cerne sarebbe inevitabile, il quadro di verrebbe veramente assai grave». Grave al punto di giustificare provvedimenti economici e finanziari di emergenza? «Non c'è nessuna ragione per anivare a questi estremi - scatta la voce di Modigliani -. Tutto quel di cui l'Italia ha bisogno, oggi, è di un governo subito, stabile, credibile e affidato a persone serie, conosciute e competenti che godano della stima degli investitori esteri». Affidato a chi, per esempio? «A un personaggio come Carlo Azeglio Ciampi, che aveva fatto bene come presidente nel Consiglio, tranne forse negli ultimissimi mesi, o una persona di quel genere». Non andrebbe bene ai mercati internazionali Lamberto Dini? «Non mi faccia fare il gioco dei nomi per favore». Restiamo su Ciampi, allora. Con quale maggioranza per sostenerlo, professore? «Questo lo deve chiedere a un politi¬ co. Come tecnico di economia, mi limito a dire che una maggioranza nel Parlamento attuale ci deve pur essere, coagulata attorno a un programma di interventi di risanamento fiscale e monetario, capace di arrestare la fuga dei capitali dalla lira che ne erodono il valore». Dunque, senza elezioni? «Di nuovo, non mi faccia fare il politologo. Ma mi pare ovvio che sciogliere il Parlamento oggi e indire elezioni anticipate sarebbe male e vorrebbe dire perdere molto tempo e rimandare quello che invece è di estrema urgenza. Il governo va fatto in tempi brevissimi, in tempo reale come è di moda dire, non in un tempo mitico. Mi creda, io sento gli umori degli operatori finanziari ed economici: non c'è un giorno da perdere. Occorre un governo subito. I conti dell'Italia non quadrano perché la lira è sottovalutata, presa anche lei nel gorgo della instabilità. La lira dovrebbe essere, e deve tornare, a quota mille o anche meno contro il marco tedesco, che è il suo valore giustificato. Invece, continuando a deprezzarsi, naturalmente genera inflazione, che è sempre un effetto della svalutazione di una moneta. Dunque, 0 nuovo governo deve subito ridare calma ai mercati e deve riprendere il percorso delle privatizzazioni». Non ne sono state fatte abbastanza? «Ma per nulla. Anzi, le privatizzazioni sono state le grandi dimenticate degli ultimi mesi e quasi non se ne sente più parlare. Invece sta lì la chiave per il risanamento dei conti dolio Stato». Non è un poco una chimera, questa delle privatizzazioni risanatrici? «Una chimera? Guardi, io sto con¬ ducendo uno studio con una collega economista italiana, per il Cnr, e i nostri dati indicano che lo Stato italiano dispone di attivi vicini alle sue passività, se soltanto sapesse mobilizzarli, anziché starci seduto sopra. Lo Stato italiano non è affatto in bancarotta, al contrario». Le privatizzazioni, comunque, non sono un toccasana immediato. Non c'è tuia contraddizione - non si inquieti, la prego - fra il suo richiamo all'urgenza dei problemi e i tempi lunghi delle privatizzazioni? «Non mi inquieto affatto. Certo che c'è una sfasatura di tempi. Le privatizzazioni sono lo strumento per risanare i conti pubblici italiani in maniera strutturale, sul lungo periodo. Sul breve, non ci sono altre soluzioni che un governo stabile, competente e serio che imponga i sacrifici necessari per tenere a galla l'economia». Sacrifici. Tasse. «Fiscalità, certo, ma non solo. Rigore, serietà, credibilità nel controllo della spesa e nella richiesta di sacrifici per i cittadini». E niente congelamenti dei Bot? «Congelare il debito pubblico italiano? Non diciamo stupidaggini. L'Italia deve pagare i suoi debiti puntualmente e con tutti, deve fare un governo subito, senza elezioni, e fare tutti i sacrifici necessari per pagare fino all'ultima lira, se vuole mantenere la fiducia dei mercati internazionali e se non vuole precipitare in una spirale di tipo latino americano. Chi osa soltanto pensare al congelamento del debito italiano è un incosciente». Allora, per il momento, niente ipotesi «sudamericane» per l'Italia? «No - la voce torna un poco velata ma fate presto». Vittorio Zucconi «Il voto non serve Ci vuole un governo competente e serio Vedrei bene Ciampi» «Il marco? Dovrebbe valere 1000 lire» «Non ci avviamo ancora verso una situazione di tipo sudamericano ma il tempo stringe» «Se l'inflazio«AllarmModigli«Non ci avviamverso una situadi tipo sudamema il tempo str Il premio Nobel per l'economia Franco Modigliani. In alto a destra Ciampi e, sotto, Dini
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