«Aiuto, sono prigioniero a Bihac» di Carlo Bozzola
«Aluto, sono prigioniero a Bihac» Il drammatico appello via fax. E' accusato di essere entrato illegalmente nella città «Aluto, sono prigioniero a Bihac» Odissea di un italiano, era in missione umanitaria OSTAGGIO IN BOSNIA TRIESTE. E' prigioniero dei musulmani nella sacca di Bihac dallo scorso novembre. Su Carlo Bozzola, un cittadino italiano impegnato già da tempo in missioni umanitarie a favore delle popolazioni dell'ex Jugoslavia, pesa l'accusa di essere entrato nella città illegalmente, cioè senza documenti. «Sono in pericolo»: con un drammatico fax l'uomo ha lanciato l'allarme alla moglie Radmila, chiedendo di essere aiutato al più presto. «Sono condannato - scrive nel suo messaggio - perché sono entrato illegalmente nella sacca di Bihac. Avevo i documenti firmati dal generale Atif Dudakovic, il quale mi ha detto che non occorreva nessun visto. Sono stato accusato di abuso del simbolo della Croce rossa che avevo sul furgone e questo non è vero». «Adesso - prosegue - stanno Cercando qualche altro capo di imputazione per tenermi prigioniero. Io sono pulito al cento per cento e non hanno trovato niente. Bisogna avvertire il governo italiano, e l'opinione pubblica italiana, la stampa, la televisione affinché influiscano sulle altre organizzazioni umanitarie. Che tutti sappiano. Quello che mi sta succedendo non posso dirlo». Quindi l'appello a Marino Andolina, presidente dell'Asit (Associazione solidarietà internazionale Trieste): «Ti prego intervieni presso l'ambasciata perché è troppo pericoloso per me e ancora una volta dichiaro che non ho fatto nessun errore. La mia vita è in pericolo!». La moglie spiega che Bozzola era impegnato dal settembre 1993 quasi ogni mese in missioni nell'ex Jugoslavia per portare aiuti umanitari nei villaggi più bisognosi di medicinali. In collaborazione con il dot¬ tor Marino Andolina, erano stati portati in Italia e ricoverati presso l'ospedale pediatrico Burlo Garofalo di Trieste molti bambini ammalati di diverse forme di leucemia bisognosi di trapianto. Dopo aver scontato circa 25 giorni di carcere, il 24 dicembre 1994 è stato rilasciato, ma dopo aver percorso circa due chilometri è stato arrestato nuovamente senza motivo e questa volta rinchiuso nelle carceri sotterranee della città. «La prima volta - ha spiegato Andolina all'agenzia AdnKronos - è stato fermato dalla polizia, e poi rilasciato perché l'accusa a suo carico, ovvero di essere una spia dei serbi perché aveva attraversato il territorio sotto loro controllo, era inconsistente. Questa volta si tratta probabilmente di un gruppo paramilitare». E continua: «Bozzola era riuI scito ad ottenere diversi suc¬ cessi nella sua missione a Bihac, su cui avevamo concentrato i nostri sforzi perché negli ultimi tempi era la zona più bisognosa. E' partito per la regione un mese e mezzo fa». Andolina ha raccontato di aver scritto alla sede diplomatica bosniaca di Zagabria chiedendo provvedimenti e di aver anche deciso in un primo tempo di sospendere i convogli per la zona fino alla liberazione di Bozzola. Ma adesso ha deciso di far ripartire quanto prima i convogli perché prima di tutto «bisogna pensare ai bambini che hanno bisogno di aiuto». La moglie di Bozzola e Andolina avevano tenuto sotto silenzio l'intera vicenda nei primi giorni, nel timore che troppo chiasso potesse complicare la situazione dell'uomo. Ora, visto il muro di gomma che si sono trovati di fronte, hanno deciso di denunciare la situazione, [e. st.] «Non ho fatto errori ma orala mia vita è in pericolo» Carlo Bozzola, il triestino prigioniero dei musulmani
Luoghi citati: Italia, Jugoslavia, Trieste, Zagabria
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