«lo, hostess sull'aereo del terrore»

«lo, hostess sulPuereo del terrore» Claude rivela: il capo era gentile ma spietato. Aveva una bomba, la faceva toccare agli ostaggi «lo, hostess sulPuereo del terrore» // racconto dei tre giorni in mano ai terroristi DEL DRAMMA CPARIGI LAUDE, 43 anni, da 21 vola per Air France ed è una delle hostess dell'Airbus dirottato da un commando islamico ad Algeri, la vigilia di Natale. In questa intervista, racconta come l'equipaggio e i passeggeri hanno vissuto quelle 54 ore. Come si presenta il commando? «Sono in quattro, due eccitati, due calmi. Per lo meno nei rapporti con noi, equipaggio e passeggeri. C'è Yaya, il capo. Quello che ha organizzato tutta l'operazione; almeno, così mi ha detto. Non è molto alto, parla un ottimo francese, porta occhiali con una montatura nera, è sempre impeccabile, anche il terzo giorno. Ha un bel sorriso. Tranne che nei momenti di crisi. Il secondo nella gerarchia è Abdullah. Tra di noi, 10 chiamiamo Bobby. Ha sempre un kalashnikov. Secondo me, è stato lui a uccidere gli ostaggi. Il terzo, Lofti, è piccolino e trasandato, a differenza degli altri tre. E' molto esaltato, arringa continuamente i passeggeri. Il quarto, 11 più giovane, è agitatissimo. Gli altri lo chiamano Mobil 6. Noi, Bill. Mitra alla mano, ha due occhi da spiritato. E' il factotum. E' incaricato delle piccole incombenze. E' lui che disintasa i gabinetti, due volte». Fra di loro, si chiamano per nome? «Non si chiamano affatto. Comunicano a gesti. Non hanno mai utilizzato gli interfono tra la carlinga e la coda. Soltanto l'ultimo giorno hanno scoperto il microfono generale. L'hanno utilizzato per la predica. Per fortuna non l'avevano trovato prima. Così siamo sfuggiti alla preghiera continua». Hanno una bomba? «Sì. Sono saliti a bordo con dei pani di Tnt. Mi hanno chiesto del cerotto e li hanno legati. Hanno anche chiesto ai passeggeri un orologio a cipolla. La loro bomba la fanno vedere, passeggiano tenendola sottobraccio, la fanno toccare ai passeggeri. Non sanno bene dove metterla. A un certo punto, pensano di appenderla ai quadri di comando nella cabina. Io dico: "E' un quadro elettrico, potrebbe scoccare una scintilla". Alla fine, l'hanno nascosta sotto il sedile del capo della cabina principale». Come si comportano con i passeggeri? «Sono attentissimi al loro benessere e alla loro salute. Appena uno si sente male, Yaya accorre, guarda quel che si può fare e spesso lo libera. Molto in fretta lascia andare le donne e i bambini delle prime file. All'inizio, qualcuno ha avuto una crisi di nervi. Abbiamo tirato fuori la cassetta di pronto soccorso e una passeggera ci ha aiutati a prendere la pressione. Tutti allungavano il braccio: "A me, a me". Anche due terroristi, Yaya e Bobby, si sono fatti misurare la pressione. Alla fine Christiane, un'altra hostess, dice: "Finito. Il prossimo consulto alle 17". Il commando ci ha aiutati a rassicurare i passeggeri. Li ha lasciati muovere, passeggiare nei corridoi, andare al gabinetto. Abbiamo organizzato i turni. Quando la situazione diventava tesa, con un cenno facevamo sedere di nuovo tutti. Intanto il commando indottrinava i passeggeri. Aveva proibito le sigarette, messo un foulard sulla testa delle donne, vietato le carte perché la religione islamica vieta i giochi d'azzardo. In cambio, abbiamo distribuito i colori e i 29 giochi per bambini che avevamo a tutti i passeggeri, anche agli adulti. Dovevamo assolutamente tenerli occupati». Come reagiscono i passeggeri? «Stanno al gioco. Come fra sé e sé, ci dicono: "Non bisogna prenderli sul serio, sono dei farabutti". Qualcuno non si rende conto di quello che succede. Alla fine del secondo giorno, uno di loro mi ha detto: "Non hanno ancora aggiustato il guasto? Forse bisognerebbe aggiungere dell'olio". Un altro, al momento della colazione, pretende la frittatina calda: "Io viag- gio in club class!", protesta. I terroristi, che avevano evacuato i passeggeri delle prime file, l'avevano spostato. I passeggeri comunque sono pazienti. Nel corso della giornata, vediamo tirar fuori pacchi di datteri, paste, bourek che scaldiamo nel forno. Tutti partecipano. Anche il commando che ha portato il suo sacco di provviste - non mangiano nulla che venga da terra - ci ha offerto un pacchetto di fichi secchi. Altri passeggeri si tengono occupati aiutandoci. C'è quella che cura chi si sente male, un'altra che partecipa ai negoziati, un altro che distribuisce l'acqua». E le esecuzioni? «La prima è stata molto veloce. Yaya è andato a cercare il poliziotto algerino, gli ha stretto la mano e l'ha fatto uscire. Appena fuori, l'ha giustiziato. Quanto al diplomatico vietnamita, non si è reso conto della situazione. Quando Bobby va a prenderlo, è convinto che sia per liberarlo. Ritorna sui suoi passi per prendere tre bottiglie di vino che aveva dimenticato. Gli fanno segno che farebbe meglio a lasciarle dove stanno. Alza le spalle. Il poveruomo non ha avuto il tempo di capire. Ha fatto un passo fuori della carlinga ed è stato ucciso sulla passerella». I passeggeri hanno visto queste esecuzioni? «La seconda, sì. C'è stata una detonazione. E anche se non c'erano più passeggeri nelle prime file, molti l'hanno vista. Altri avevano già visto il cadavere del poliziotto sulla passerella. I due corpi sono rimasti lì per due giorni. Per portare i pasti, bisognava scavalcare i cadaveri. Una hostess è andata a prendere la colazione, io la cena. Abbiamo avuto davvero paura. Ci sentivamo prese tra i due fuochi, tra i Ninjas e i terroristi. E sempre quella passerella, con quei due corpi. Dopo ogni esecuzione, il commando si giustificava. Spiegava ai passeggeri perché avesse ucciso proprio quella persona. Non so che cosa dicessero in arabo, ma Yaya mi ha detto: "Questo poliziotto ha torturato mio fratello". Quanto al diplomatico, "era straniero, buddista e aveva molti diplomi". Per il giovane francese, è stata molto più dura. Si sono riuniti in tre. Era sempre cattivo segno. Sono venuti a prenderlo, non ho sentito l'esplosione. Ho creduto che l'avessero liberato con il messaggio che cercavano di far arrivare alle autorità francesi. Poi Mohamedi, un passeggero che scherzava molto con i terroristi, è venuto a sedersi vicino a me. Era alterato. Mi ha detto: "Mi hanno fatto controllare se il cadavere del giovane francese è sotto la carlinga". In seguito ho visto del sangue sui giornali per le preghiere. Allora ho capito che l'avevano ucciso sull'aereo». Che cosa sono questi giornali per le preghiere? «Gli uomini del commando pregano molto. Distendono dei giornali per terra e si inginocchiano. Cinque preghiere al giorno moltiplicate per quattro, fanno molte preghiere. Senza contare i passeggeri che si sono messi a pregare anche loro. Passiamo il tempo a scavalcare schiene e gambe. Quando non pregano, leggono il Corano. Uno di loro legge come fosse il muezzin. Ci hanno convertito all'islamismo, Nicole e me. Sono diventata "Hadja Khadija". Erano felicissimi che leggessi il Corano. Ridevano quando parlavo arabo. Facevo degli errori, mi rivolgevo a loro al femminile...». Eravate tenuti al corrente delle loro richieste e dello sviluppo dei negoziati? «All'inizio, no. Il comandante ha parlato di un controllo di scalo. La prima notte l'angoscia sale, sale. Fa freddo e non ci sono coperte sufficienti. Qualcuno stacca le tendine e ci si avviluppa dentro. Evitiamo di infastidire il commando. In effetti, diventano subito fiduciosi. Vedono che non faremo nulla contro di loro. Vogliono andare a Parigi. Anche noi. Abbiamo una sola idea: lasciare Algeri. Finché si era ad Algeri, si viveva in un clima di forte insicurezza. Non si riusciva a entrare in contatto con le autorità francesi. Il commando voleva ottenere la liberazione di uno dei suoi capi. A un certo punto, le autorità hanno detto: "D'accordo, è fatta". Abbiamo addirittura creduto che ci avrebbe raggiunto sull'aereo. A bordo regnava l'euforia. Yaya diceva: "Partiamo. Dove volete andare? A Parigi? Montreal? Tahiti?". La radio diffonde un messaggio del capo che dovrebbe ormai essere libero. Che sgarro: nel suo discorso si fa riferimento a una data precisa. Era una vecchia registrazione. A quel punto, scoppia la rabbia. Credo che sia stato allora che hanno ucciso il cuoco». E siete partiti poco dopo? «Sì. Durante il volo, i due esagitati vanno avanti e indietro in cabina, il dito premuto sul grilletto. Con le turbolenze dell'aria, saremmo potuti esplodere. Li ho fatti sedere senza problemi. Due terroristi hanno fatto il viaggio nella cabina di pilotaggio. Erano come bambini, al settimo cielo. E' terribile, ma i morti si dimenticano in fretta. L'arrivo a Marsiglia è un vero sollievo. I passeggeri raccolgono il loro bagaglio come se dovessero uscire. Noi abbiamo una fiducia totale nei servizi di sicurezza francesi. E il commando ha una fiducia totale in noi. A un certo punto, a Marsiglia, sono uscita sulla passerella posteriore. Ero sola. Avrei potuto far uscire dei passeggeri, far entrare il Gign... C'è un po' l'idea che l'aereo è un bozzolo e il nemico è fuori. Era vero soprattutto ad Algeri. Ma anche a Marsiglia, quando i negoziati vanno per le lunghe. Il commando vuole tenere una conferenza stampa. Noi chiediamo due aspirapolvere. La torre di controllo si stupisce: "Non so come interpretare la sua ultima richiesta, comandante". Non era un messaggio in codice. Semplicemente, facevamo un po' di pulizia. A un certo punto, Abdullah offre un biglietto da 200 franchi a ognuna delle donne dell'equipaggio. Per loro, quando ci si prepara a morire, bisogna regolare i debiti e fare la carità. Avevano scelto noi per fare la carità». Vedete arrivare le forze speciali? «Io ho appena raggiunto la coda dell'aereo perché i terroristi si sono riuniti davanti. E vedo arrivare la passerella con dei robot neri. Penso: "Ah, che imbecilli!". Con Christiane, gridiamo. "A terra!" e tutto si svolge molto rapidamente. I terroristi hanno chiuso la porta della cabina di pilotaggio. Due muoiono subito, probabilmente uccisi dall'esterno dai tiratori scelti. Il terzo, Bill, svuota il suo kalashnikov, guardando il comandante e il meccanico con i suoi occhi spiritati. Ma non gli spara. Poi dal fondo arriva il Gign: "Uscite, strisciate fino allo scivolo". Io sono incerta, sparano dappertutto, non mi sembra il momento di uscire. In basso, vediamo i gendarmi, i pompieri, i poliziotti, i medici e io mi dico: "Tutto questo per noi, per una maledetta conferenza stampa!". Catherine Erhel Copyright «Liberation» e per l'Italia «La Stampa» u II governo algerino li ha ingannati Allora hanno ucciso il cuoco jjjjj 11 Quando ho visto arrivare le forze speciali ho urlato Tutti a terra! jjj Pregavano in continuazione Hanno proibito di giocare a carte perché il Corano vieta l'azzardo e hanno obbligato le donne a coprire i capelli colfoulard ej j Sembravano umani, quando un passeggero si sentiva male lo lasciavano libero Poi sono cominciate le esecuzioni a sangue freddo j j '<i a «.Voi Fi- #?i Ecco il biglietto che i terroristi hanno consegnato a una hostess: «lo testimonio che non c'è altro dio all'infuori di Allah e Maometto è il suo profeta» A sinistra, le hostess soccorse dopo la liberazione A destra, Mitterrand premia gli uomini dei corpi speciali che hanno partecipato all'operazione. Sotto, l'Airbus fermo sulla pista dell'aeroporto di Marsiglia

Persone citate: Catherine Erhel, Lofti, Mitterrand