D'Annunzio «libero» guerra sui diritti

Società' e Cultura Chiunque potrà pubblicarlo: ma solo per sei mesi D'Annunzio «libero» guerra sui diritti Evenne l'ora di Gabriele d'Annunzio. Dal primo gennaio 1995, i suoi libri sono a piede libero: con l'attuale legge, scaduti i diritti d'autore, chiunque volesse potrebbe stamparli ed entrare in concorrenza, magari vendendoli a mille lire, con la Mondadori. Stessa sorte di Italo Svevo o di Luigi Pirandello. Ma poi che accadrà? La polemica è già esplosa perché, entro luglio, l'Italia dovrà recepire la direttiva Cee che allunga di vent'anni (da 50 a 70) i tempi dei diritti, salvo la facoltà, concessa al legislatore nazionale, di rendere retroattiva o no la nuova normativa. Primo a scendere in campo è il presidente del Vittoriale degli Italiani, Francesco Perfetti, che gestisce i diritti per conto degli eredi: «A mio parere, per D'Annunzio non esiste la vacatio legis. L'Italia non deve scegliere se recepire la direttiva o no, ha semplicemente tempo per farlo fino a luglio. Quindi, scadendo ora i diritti e sapendo che saranno rinnovati, si dovrebbero congelare per sei mesi. Tanto più che esistono gli estremi per la retroattività, altrimenti ci troveremmo con un diverso trattamento per gli autori italiani e per quelli stranieri: perché D'Annunzio dovrebbe essere trattato diversamente da Thomas Mann? Se non si provvede ora a tutelare le opere del vate - cosa che si dovrà fare anche per gli altri autori - ci si troverà di fronte ad un pasticcio difficile da risolvere». Dello stesso parere è Ernesto Ferrerò, direttore dei classici Mondadori: «Credo che, alla fine, altri editori pubblicheranno le opere di D'Annunzio, sarà fatta valere la retroattività e, come avviene sempre in Italia, tutto finirà in sanatorie e condoni poco dignitosi». Primo arbitro della situazione potrebbe essere la Siae, che tutela i contratti d'edizione. Ma i funzionari non possono fare altro che attendere istruzioni attenendosi alle regole vigenti: quindi, chi decide di pubblicare oggi le opere del poeta armato lo fa a pieno diritto, salvo poi vedersela con norme di transizione, di applicazione e altri labirinti giuridici. In gioco c'è molto denaro. Solo pochi anni fa, Leonardo Mondadori, in un'intervista, alle do¬ mande: «Qual è il classico italiano più venduto? Qual è l'opera omnia più venduta? Qual è l'Oscar più venduto?», rispondeva con una raffica di «D'Annunzio». Si stima che la quota di diritti spettanti agli eredi superi ancora di molto il centinaio di milioni l'anno. Il primo volume dei Meridiani con le sue opere, ad esempio, è già alla terza edizione. In nome di D'Annunzio si è sfiorata, nell'estate scorsa, anche la crisi politica tra gli alleati di governo Silvio Berlusconi e Umberto Bossi. Il leader della Lega accusò il presidente del Consiglio di volere una legge che portava subito i termini del diritto d'autore a 70 anni proprio per tutelare la «sua» Mondadori in vista della «perdita di D'Annunzio». Alla fine il governo dovette rinunciare ad accogliere subito la direttiva Cee. La polemica sorta a proposito di D'Annunzio sembrerebbe una vendetta del destino. Con un'attenta gimcana tra i contratti firmati, il vate, infatti, aveva sempre trovato il modo di spillare agli editori più denaro possibile. Non a caso chiamava Arnoldo Mondadori «la mia montagna d'oro». «Nel '25, lo Stato italiano gli aveva versato l'esorbitante somma di 10 milioni di lire per la sua opera omnia - ricorda la studiosa di D'Annunzio Annamaria Andreoli -. Denaro che servì per avviare lavori faraonici al Vittoriale e per fare commissioni da un milione a botta al suo gioielliere di fiducia Buccellati». Nel '31, trovò poi la formula per rivendersi la stessa opera omnia in veste più popolare con l'operazione «Sodalizio dell'Oleandro». Ma non basta, allestì una stamperia al Vittoriale e, nel '35, cominciò a stampare la Figlia di Jorio su carta Fabriano con l'escamotage del fac-simile. Prezzo di vendita: 50 mila lire a copia. Ultima operazione degna di un corsaro fu poi l'autobiografia, inizialmente venduta al gruppo americano Reece per un milione di lire (negli Stati Uniti era famoso sia grazie ai suoi articoli pubblicati su riviste che fecero scalpore, sia grazie a Hemingway che parlò di lui nei suoi libri) e poi ceduta alla Mondadori. Non si sa la cifra, ma equivaleva sicuramente a molti gioielli di Buccellati. A sinistra Arnoldo Mondadori: D'Annunzio lo chiamava «la mia montagna d'oro». In alto, Luigi Pirandello gli aveva versato l'esorbsomma di 10 milioni di lla sua opera omnia - ricstudiosa di D'Annunzio maria Andreoli -. Denaservì per avviare lavori fci al Vittoriale e per farmissioni da un milione a bsuo gioielliere di fiducia Blati». Nel '31, trovò poi la la per rivendersi la stessi i iù l A sinistra Arnoldo Mondadori: D'Annunzio lo chiamava «la mia montagna d'oro». In alto, Luigi Pirandello

Luoghi citati: Fabriano, Italia, Stati Uniti