Accusato di stupro si impicca

Carabiniere «in maternità» Roma, denunciato da una giapponese. Lui: era d'accordo, ho usato il preservativo Accusalo di stupro, si impicca «Non ho violentato la turista» ROMA. Accusato di aver violentato una turista giapponese, si è impiccato nel carcere di Regina Coeli per la vergogna. E' morto così Roberto Piras, 37 anni, qualche precedente nel suo passato. L'uomo, fermato dopo la denuncia della ragazza, era stato trovato in possesso di un coltello e denunciato per violenza carnale, sequestro di persona e minacce a mano armata. Trovato ieri in fin di vita da un agente penitenziario, è stato immediatamente portato al pronto soccorso dell'ospedale S. Spirito, dov'è morto per arresto cardiocircolatorio. Il suicidio è avvenuto mentre i suoi compagni di cella erano fuori per «l'ora d'aria»: per impiccarsi, l'uomo avrebbe utilizzato il lenzuolo del proprio letto. E' stato soccorso poco dopo, quando era ormai in condizioni gravissime. Piras era stato portato in carcere l'altro ieri mattina, dopo aver trascorso la notte negli uffici della polizia ferroviaria. Secondo gli inquirenti, l'uomo aveva ammesso di aver avuto un rapporto sessuale con la turista giapponese, ma aveva spiegato che la ragazza era stata consenziente. Secondo M.N., 20 anni, che lo aveva conosciuto all'alba del primo dell'anno in Piazza dei Cinquecento, invece, Piras l'avrebbe picchiata e minacciata con un coltello. Piras - aveva dichiarato la turista - aveva mostrato un solo tratto di umanità, quando aveva accettato di usare il profilattico che lei stessa gli aveva fornito, una volta resasi conto di non poter ^fuggire allo stupro. A sostegno delle proprie accuse, la ragazza ha fornito alla polizia una descrizione molto accurata dell'aggressore, compresi i numerosi tatuaggi che aveva sul corpo, ha indicato l'autobus con cui aveva raggiunto il suo appartamento lungo la Cassia e, una volta accompagnata sul posto, aveva anche indicato con precisione l'appartamento nel quale sarebbe avvenuta la violenza. Ma a smentire la turista giapponese è stata Angela, la donna di 31 anni che conviveva con Piras nel monolocale di 15 metri quadrati in cui sarebbe avvenuto lo stupro. Sostiene che, probabilmente, la molla del suicidio è stata la vergogna per un'accusa considerata ingiusta. La donna, che la notte di Capodanno era andata dai familiari a Potenza, ha escluso che il convivente fosse violento: «Altrimenti - ha detto - non sarei riuscita a vivere con lui per otto anni». Per lei, il rap¬ porto sessuale, se c'è stato, deve essere stato volontario e, a dimostrazione di questa sua teoria, ha detto di aver trovato in cucina i piatti sporchi di una cena. Poi, però, Angela ha ammesso con i giornalisti di aver avu- to con Piras un rapporto assai contrastato. L'uomo, in effetti, aveva numerosi precedenti per reati contro il patrimonio e la persona e da pochi mesi era disoccupato. «Più volte - ha spiegato la donna - ci eravamo lasciati ed eravamo tornati insieme a marzo: l'ultima volta che era uscito dal carcere dormiva in uno stanzino nel suo ufficio. Era venuto a trovarmi e io gli avevo detto di tornare a vivere con me anche se non l'amavo più». Poi, ai giornalisti, Angela ha chiesto aiuto, perché vorrebbe rivedere un'ultima volta il corpo di Roberto Piras prima che sia seppellito. Ir. cri.] II carcere di Regina Coeli dove si è ucciso il giovane

Persone citate: Cassia, Piras, Roberto Piras

Luoghi citati: Potenza, Roma