«Non tradite Telepiù3» di Sergio Trombetta
POLEMICA. Ottantaquattro firme contro la trasformazione dell'emittente POLEMICA. Ottantaquattro firme contro la trasformazione dell'emittente «Non tradite Telepiù3» In rivolta per la rete culturale viL professor Tullio Regge, I che ha firmato un appello I in sua difesa insieme con j altri 83 intellettuali, la _JJ considerava una liberazione dall'invasione della pubblicità. Il critico Grazia Cherchi, firmataria pure lei, la amava perché le allietava i pomeriggi con grande musica. Il musicologo Paolo Isotta non compare nell'elenco, ma si sa che ne apprezzava i concerti e le interviste. Per il critico musicale Lorenzo Amiga, che vi collaborava, ha significato scoprire che è possibile fare musica in maniera nuova e divertente. Alla gente qualsiasi piaceva perché consentiva di sfuggire all'appuntamento serale con il varietà-spazzatura o con il dibattito politico dai volti inflazionati: molto meglio per esempio una prima serata con Riccardo Muti che spiega al pianoforte, con ironia e affabilità, i segreti di Rigoletto. Ma da fine estate è finito tutto. O quasi. Telepiù3, il primo esperimento italiano di televisione culturale, ha i battenti chiusi, anche se non definitivamente sprangati. Basta con la prosa, con i grandi documentari, con le opere e la danza. Vanno in onda soltanto vecchi film e qualche documentario. L'emittente Telepiù è stata venduta a luglio dalla Fininvest ad una cordata che riunisce azionisti sudafricani e tedeschi. Che cosa ne faranno? Non è ancora chiaro. L'unica cosa certa è che le attuali trasmissioni di Telepiù3 hanno il solo scopo di tenere la frequenza occupata. Proprio per mettere le mani avanti, e convincere i nuovi proprietari a continuare sulla vecchia linea, gli ottantaquattro intellettuali hanno deciso di far sentire la loro voce con un appello. E fra coloro che hanno sottoscritto figurano i nomi di Norberto Bobbio, Massimo Cacciari, Carla Fracci, Carlo Fontana, Raffaele La Capria, Rita Levi Montalcini, Lalla Romano, Giorgio Strehler, Federico Zeri. «Sentiamo il bisogno che ci sia in Italia una televisione solo culturale - dice l'appello -. Telepiù3 con i suoi concerti, le opere, i documentari d'arte, la musica assolveva, unica nel nostro Paese, a questa funzione... Chiediamo che rinasca potenziata in modo che il pubblico italiano possa disporre di una rete dedicata alla cultura». E immediatamente scatta il paragone con le analoghe reti europee: «Girando il mondo mi è capitato spesso di vedere televisioni culturali, anche da noi finalmente si era mosso qualche cosa» rimpiange il soprano Mirella Freni, mentre Corrado Augias, creatore di Babele, la prima trasmissione di libri, accusa: «La Rai vive anche di un canone pagato dagli utenti e viene meno al suo dovere di servizio pubblico non programmando trasmissioni culturali; ora senza Telepiù3 il panorama è desolante». Non c'era solo musica e prosa, ma anche scienza. Con soddisfazione di Tullio Regge che considera «insufficienti quei dieci minuti che la Rai vi dedica con il telegiornale Leonardo». C'era anche danza. Per l'entusiasmo della stella Alessandra Ferri che la riteneva «l'unica possibilità di vedere vera danza in televisione». Ma, fuori dal coro di firmatari, si fa sentire contraria la voce di Angelo Guglielmi, ex direttore di Raitre: «Non ho firmato perché quel tipo di televisione non è interessante, anzi è inutile. La cultura è necessario seguirla nei luoghi dove nasce: la musica nelle sale da concerto, la prosa a teatro, l'arte nei musei. Una televisione così nasce dall'eterno equivoco che la cultura è sapere, è nozione. Via etere ci si rivolge alla generalità del pubblico. Solo una pay-tv tematica ha un senso: chi vuole si abbona, come a una stagione di concerti o a una rivista specializzata». Argomentazioni che non convincono Lorenzo Amiga, le cui tramissioni musicali su Telepiù3 erano seguitissime: «Se fosse così allora anche le idee vanno consumate soltanto in un saggio e non in un intervento di altro genere. Chi va all'opera può essere respinto dallo spettacolo, può non capirlo. Il nostro scopo era proprio quello di spiegare senza presunzione. Abbiamo cominciato con le opere ed abbiamo proseguito affrontando partiture musicali, analizzandone gli elementi con semplicità. E alla gente piaceva, me lo diceva fermandomi per strada e nei negozi». Sergio Trombetta Ma Guglielmi è per la chiusura: «Consumiamo l'arte nei luoghi in cui nasce» nte bbona, oncerti ata». on con le cui elepiù3 fosse vanno saggio di altro può esttacolo, o scopo piegare mo co abbiaariMè p«Cl'ainMa due hmenzionaesce in ar
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