L'uomo-pesce: i miei primi mille chilometri nell'oceano

L'uomo-pesce: i miei primi mille chilometri nell'oceano L'uomo-pesce: i miei primi mille chilometri nell'oceano Immerso in un oceano di latte, parla con le orate e sogna i fondali cristallini del Mediterraneo: Guy Delage, il francese che da due settimane tenta la traversata dell'Atlantico diretto alle Antille, sta provando il gusto forte della sfida con la Natura. Era partito dalle isole di Capo Verde il 16 dicembre e venerdì scorso, secondo i rilevamenti satellitari, aveva coperto 960 chilometri sui 3900 da percorrere. Si tiene costantemente in contatto con i collaboratori del team Sector, a Nantes, in Francia, ai quali invia quotidianamente dati sulle proprie condizioni fisiche e rilevamenti scientifici relativi alla meteorologia e a ciò che può essere importante per la ricerca oceanografica. Ma i messaggi più attesi sono i suoi frammenti di diario. Nell'ulti¬ mo, dopo aver augurato a tutti un buon 1995, ha commentato piuttosto amaramente: «Non mi diverto molto. Il mare è lattigginoso, carico di plancton, praticamente non vedo nulla mentre nuoto: la visibilità non supera i 15 metri». Gli serve a poco, quindi, ora, la maschera subacquea, inventata apposta per questa impresa che aumenta il campo visivo fino a 180 gradi ed è utile soprattutto per avvistare in tempo ostacoli o pesci non particolarmente amichevoli. Il plancton, inoltre, va ad appiccicarsi sulla zattera che accompagna il nuotatore e che gli serve da casa. Come una colla insidiosa, ricopre la superficie dello scafo e ne rallenta il cammino, regolato da timoni a vento. «Dovrò fare grandi pulizie e moi dificare i ritmi della mia giornata», commenta Delage. Si sveglia alle 6, fa colazione e si immerge alle 8. Ogni due ore si ferma, poi riprende a pinneggiare fino alle 18. Nuota spingendo una sorta di grande uovo che contiene tante diavolerie utili per l'emergenza, compresa una zattera autogonfiabile. L'oceano gli ha già inflitto alcune dure prove. A poche ore dalla partenza il mal di mare lo aveva imprigionato per giorni sulla zattera che, non avendo né vela, né motore, né deriva, veniva sballotata dall'onda lunga e dal vento. Nel frattempo gli squali Icontro i quali è predisposto un campo elettrico di difesa) lo avevano seguito per un bel pezzo e gli avevano strappato l'ancora galleggiante che serve per frenare il procedere dello scafo in caso di vento forte o mare duro. Qualche giorno fa si è aggiunto un incidente che può sembrare banale, ma che in quelle condizioni è abbastanza grave. Aprendo una scatoletta di cibo e avendo dimenticato l'apriscatole, si è tagliato una mano. Dispone di un'ottima cassetta di medicinali, ma il contatto con la salsedine può rallentare la guarigione. Nonostate i guai, riesce a trovare spazi per il romanticismo e racconta di grandi orate che lo accompagnano mentre nuota, lo guardano incuriosite e non hanno paura di lui. Forse pensano che sia un pesce come loro, e lo seguono per ore e l'oceano in quei momenti si rimpicciolisce un po' e la solitudine è meravigliosa. Nessuno può disturbare quel dialogo senza parole. Irene Cabiatì A fianco Isabelle Autissier. In alto la sua barca alla deriva e il suo arrivo ad Adelaide con l'elicottero del soccorso

Persone citate: Guy Delage, Irene Cabiatì, Isabelle Autissier

Luoghi citati: Antille, Capo Verde, Francia