OSSERVATORIO L'Europa si allarga e l'Italia si isola di Aldo Rizzo

P P OSSERVATORIO L'Europa si allarga e l'Italia si isola UON anno all'Europa a quindici. Da ieri, infatti, anche Austria, Finlandia e Svezia sono membri a pieno titolo dell'Unione europea. Ormai siamo 370 milioni e passa, una volta e mezzo la popolazione degli Stati Uniti, tre volte quella del Giappone. C'è di che essere orgogliosi. Ma, se dai dati statistici passiamo alle prospettive politiche, il discorso cambia. Siamo una grande potenza commerciale, ma per il resto non c'è al nostro interno una reale concordia di intenti. Eppure siamo circondati da un mondo in fermento o addirittura in guerra. Basti pensare alla tragedia della Cecenia, mentre in Bosnia c'è una tregua precaria e dal Mediterraneo soffia sempre più forte il vento dell'estremismo «islamista». Con tutti questi problemi dovrà misurarsi, nel 1995, l'Europa a quindici. Il 1° gennaio ha segnato un altro passaggio importante per l'Unione europea. E' finita la presidenza di turno tedesca ed è cominciata quella francese. Da questa presidenza in successione dei due maggiori Paesi dell'Ue ci si aspettava grandi cose, cioè una spinta efficace verso l'integrazione reale. Ma dalla presidenza tedesca (la prima della Germania unificata) è venuto poco o niente. Quanto a quella francese, essa parte in condizioni e con prospettive non certo migliori. La presidenza tedesca è stata condizionata dalla scadenza elettorale di ottobre, che ha assorbito molte se non tutte le energie del governo Kohl, alla prova di un quarto mandato. La vittoria del Cancelliere, sia pure di stretta misura, è stata una buona notizia per l'Europa; ciò non toglie che la sola indicazione emersa dalla presidenza di Bonn sia stata la volontà della Germania di estendere l'Ue, al di là dei tre nuovi adepti, verso i Paesi centro-orientali ex comunisti, anzitutto Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca, senza trascurare Slovacchia, Romania e Bulgaria. Indicazione che non potrà essere elusa; ma non potranno essere elusi neanche i problemi economici e politici che comporta un allargamento di tale misura. La presidenza francese comincia nell'ambito di circostanze nazionali non meno pesanti. Il Paese è sotto lo choc del dramma dell'Airbus sequestrato dagli estremisti algerini, I degli assassinii precedenti e I susseguenti, insomma di que- sta paurosa e finora ingovernabile minaccia che viene dal Sud: e dei dilemmi politici che essa comporta, al di là delle prove di forza di tipo militare. E tutto questo sullo sfondo di un cambio di potere a Parigi, con l'uscita di scena di Mitterrand e le elezioni presidenziali di primavera. Avesse accettato di correre per l'Eliseo Jacques Delors, benedetto dai sondaggi e sospinto dalla simpatia di tutti gli europeisti dell'Unione, sarebbe stato diverso. Ora tutto è più complicato, l'incertezza sarà grande. Il punto è che quest'Europa a quindici, che potrà diventare, nel volgere di non molti anni, a 21, e poi magari a 24 o a 26 (con i Paesi baltici più Malta e Cipro), risponde sì a un'esigenza storica o geopolitica, ma rischia di creare una sorta di confederazione a maglie larghe: una grande area di libero scambio, con alcune forme di cooperazione politica, ma senza una vera capacità decisionale. Troppo poco per pensare di influire seriamente su un contesto internazionale che ci riguarda da vicino: un contesto che comprende l'inquietante ritorno di una Russia «imperiale», la sfida crescente del fondamentalismo islamico (che non tocca certamente la sola Francia), un attenuarsi oggettivo della «garanzia» americana. E per invertire questa tendenza ci sono, essenzialmente, due Paesi: la Germania e la Francia, appunto. L'augurio per il 1995 è dunque che Bonn e Parigi ritrovino, ciascuna per suo conto e tutte e due insieme, la necessaria concentrazione. E comincino a dar vita, con i soci disponibili, a quel «nocciolo duro» che sempre più appare indispensabile per lo sviluppo di una vera e solida costruzione europea: nell'interesse di tutti, anche di coloro che oggi riluttano a un impegno profondo, o vi sono impreparati. Chi pensa diversamente, come l'uscente governo italiano, è fuori dal dibattito concreto sull'Europa di domani. Aldo Rizzo tzoj

Persone citate: Eliseo Jacques Delors, Kohl, Mitterrand