La mia Odissea si chiama IBBIA di Giorgio Calcagno

La nia Odissea si chiama La nia Odissea si chiama Frye. E' l'alfabeto colorato, secondo Chagall. Si chiedeva Eco: perché dobbiamo sapere tutto di Omero e nulla di Mose?». Una novità per l'Italia? «Non esiste ancora da noi una storia degli influssi, delle incidenze. Wirkungsgeschichte, la chiamano in Germania. Frye l'ha fatta per la letteratura, Kremer in Austria ha studiato l'episodio di Lazzaro nei vari linguaggi artistici, la francese Pelletier ha seguito la ricezione del Cantico... // racconto del cielo prefigura qualcosa di più ampio e accurato che sto preparando». Quale metodo segue? «Dal materiale sterminato tento di individuare moduli ermeneutici: accanto all'Autore esiste anche il Lettore. Il senso globale di un testo è di più del senso materiale del testo. E' la lezione di Gadamer. Il cattolicesimo, come l'ebraismo, ha sempre sostenuto la necessità della tradizione ai fini di una compiuta interpretazione delle Scritture». Che cosa emerge con più forza dal suo Ubro? «Due grandi volti. Quello interiore dell'uomo d'Occidente, dell'uomo tout court: un volto ferito, lacerato e velato dalla recentissima cultura non piti drammatica e da una società generica e grigia, artigliata dal problema del male, del dolore, del non-senso. Kierkegaard diceva: "La nave è in mano al cuoco di bordo e ciò che trasmette il megafono del comandante non è più la rotta della nave bensì ciò che mangeremo domani". Ed emerge il volto di Dio, del mistero, nei suoi aspetti di oscurità e d'amore». Quali parti della Bibbia oggi parlano di più? «Alcune punte letterarie e teologiche con i temi dell'essere e del significato della storia, della giustizia, della libertà, del male... Guerre, sangue, violenze, adulteri: la grandezza della Bibbia è non mettere tra parentesi il peso dell'umanità e considerarlo passibile di una redenzione. Ln Bibbia è fedeltà alla quotidianità e alla polvere, con la certezza che vi si annida un'energia, un seme, un senso». TpsssuJ l' n! e' al Perché diventa azzurro, nel declinare, anzi, decisamente nello stemperarsi, del Romanticismo? La prima citazione identificata da Marazzini è nel romanzo «Fede e bellezza» di Tommaseo; poi se ne scoprono, più frequenti, in Carducci, Pascoli, Saba. Anche se lo studioso non ce lo dice, la spiegazione sembra evidente: perché c'è una caduta di immaginazione J linguistica, l'esigenza di comu' nicare sopraffa il bisogno di ! esprimere, lo scrittore si ferma ' al primo dato, il più superficiale e, letterariamente, il più falso. 11 mare è azzurro come la luna è pallida, le guance rosee, le tempie grigie. Per cento anni i poeti continueranno a cantare i tramonti rossi, con lo stesso atteggiamento dei cronisti di periferia che, alla prima nevicata, salutano la bianca visitatrice. E' la resa della scrittura al luogo comune, l'abdicazione della fantasia. Perché oggi alcuni filosofi tornano a parlare di religione? «Cacciari, Vattimo e altri hanno intuito che il discorso teologico non è più una ricerca sottosviluppata, da seminari e ambienti pietistici». Che cosa ha frenato da noi la conoscenza della Bibbia? «Le colpe si possono spartire. Il mondo ecclesiale ha selezionato parti della Bibbia e ha avuto pregiudizi sfavorevoli agli ebrei e ai protestanti. A livello più alto, non si gradiva l'esistenza di facoltà teologiche tra le facoltà di Stato. D'altra parte, la cultura Incerale considerava la teologia una pseudoscienza, non la voleva nelle sue Università. Ma dopo il Concilio sono avvenuti scorrimenti». Quale consiglio dà per avvicinarsi alla Bihbia? ((Avere una guida, conoscere l'insieme, se no è un macello. E non leggerla integralmente: si soccomberebbe. Dunque: scegliere un percorso, un approccio graduale per emblemi, con un libro significativo dell'Antico e uno del Nuovo Testamento. Estendere poi lo sguardo, senza fretta». La sua è ima lettura attenta anche ai valori letterari, poetici. Lei ha mai scritto poesie? «No. Sono severissimo nei confronti della poesia, sorella della teologia piti alta. 0 si fa una cosa o l'altra». Può raccontare la sua idea, il suo sentimento di Dio? «Dio è per me impastato col problema del male. Sento molto la fragilità dell'essere, che può produrre scoramento e pessimismo ma che in me provoca ricerca del trascendentimento... I canti ultimi, le poesie più belle di Turoldo, sono nate dal nostro dialogo su Dio e il nulla, su Dio e il male. Dio è per me mistero oscuro e mistero luminoso: è questa l'intuizione più profonda della Bibbia. Dall'ultravioletto all'infrarosso, volando dal culmine dell'abbraccio e della bellezza al culmine della tragedia. AgostinoPascal-Kierkegaard è il trittico che mi ha conquistato». Che cosa dice alle persone che cercano e che l'avvicinano? «Mi parlano di temi che si vergognano di dire agli altri: il senso della vita, il male che li opprime. Vivono compressi, negati a se stessi. Io mostro non le risposte, ma la complessità delle risposte. Scoprono un itinerario. Una delle prime grandi scoperte è proprio la Bibbia». Claudio Altarocca EtUmrtU* .('ulutultn JIJLIKTTK Fazi Editore; Edoardo Calandra JUL1ETTE a cura di Leonardo Lattando 202 pp. L.22.000 L'amore folle, l'assoluto. in uno dei più originali romanzi di fine Ottocento. Via Isonzo, 25 Roma tel. 06/8557542 ELIGIOSI, perché no? confusi, e un po' ignorantelli in fatto di cattolicesimo. Gli italiani e la fede, foto di grappo fissata dall'obiettivo di una ricerca, la più ampia e approfondita mai realizzata sul tema. Quattromilacinquecento interviste, a soggetti fra i diciotto e i settantaquattro anni, presso il loro domicilio, in centosessantasei Comuni distribuiti sull'intero territorio nazionale, ne fanno certamente un sondaggio di grande affidabilità - La religiosità in Italia (Mondadori, L. 32.000) realizzato da cinque professori di sociologia, dell'Università Cattolica e di altri atenei italiani. Il dato da tener presente per cogliere le contraddizioni, è questo: l'88,6% degli intervistati dichiara di appartenere alla religione cattolica; il 53,5% dice di credere in Gesù Siamo creduloni e secolarizzati Cristo e negli insegnamenti della Chiesa cattolica, mentre solo il 78% circa o è dichiaratamente agnostico, o indifferente, o «in ricerca». E' un dato importante, perché a questo slancio di fedeltà all'istituzione seguono poi opinioni ben diverse da ciò che la Chiesa insegna. Un esempio? La classifica della «disapprovazione morale». Al primo posto troviamo «gettare rifiuti», seguito da «usare droghe leggere», «l'assenteismo» e «tradire il coniuge». Tre punti di forza dell'attuale predicazione ecclesiastica - convivere, divorziare, avere rapporti sessuali prematrimoniali - devono accontentarsi dell'undicesimo po¬ sto in classifica (e seguenti), ben dopo «non pagare i trasporti», «evadere il fisco», «usare lavoro nero» e altri peccatucci. Per non parlare dell'aborto. Solo il 21% risponde «mai» quando gli si chiede se è lecito interrompere la gravidanza, mentre il restante 79% accetta la possibilità, sia pure con sfumature diverse. Secolarizzatissimi! vien voglia di sintetizzare. Eppure si fa di piii la comunione, mentre si assiste a un crollo della confessione (solo il 16% vi ricorre, più o meno di frequente). E quasi il 40% sostiene che il sacerdote, o comunque un altro uomo, non è necessario per ottenere da Dio l'assoluzione. Però gli italiani pregano: l'83% dichiara di aver pregato qualche volta durante l'anno. Prega persino una piccola parte degli atei dichiarati (8%); pregano i «non credenti» in atteggiamento di ricerca (49%), e coloro che credono in un essere supremo senza identificarsi con una religione particolare (44%). Anche la religiosità popolare è in auge. Va in pellegrinaggio il 15%, il 18% fa voti di qualche genere, c'è un boom di partecipazione alle processioni: 42%. La credulità poi è diffusissima: nell'influenza degli astri sul comportamento e il carattere delle persone (30%); nella capacità di esercitare il malocchio (30%). Una parte piccola - ma non insignificante, il 7,5% - crede nelle indicazioni degli oroscopi e un 9% nei poteri dei maghi. Marco Tosatti L mare è azzurro dal 1840; ha poco più di 150 anni. L'osservazione non viene da un oceanografo o da un ispettore di Goletta Verde, ma da un linguista, Claudio Marazzini. Come anticipa in un articolo per la rivista «Letture», ha passato in rassegna la Letteratura italiana Zanichelli in Cd-Rom alla ricerca dell'immagine ritenuta più consueta nella nostra poesia; e, per sei secoli, non l'ha trovata. E' naturale. Il mare non era mai stato azzurro per i greci (si pensi ai flutti color del vino in Omero) né per i latini (i gorghi immani di Virgilio nell'Eneide). All'inizio della nostra letteratura, il mare è nero. Per Boccaccio e per Ramusio rosso. Per Petrarca e Tasso tempestoso. Per Castiglione e Metastasio, piti aulicamente, procelloso. «Insomma, tutto ma non azzurro», conclude il ricercatore. Ma la letteratura, come ci ha spiegato Borges, è finzione; anzi come ha voluto chiarire, con più leale spudoratezza, Manganelli, è menzogna. Vive in quanto fa violenza al reale, cerca una verità che è per sua natura contro l'apparenza, e deve spostare i piani, incrociare i tempi, reinventare in continuazione il linguaggio. Non può vivere di stereotipi, nemmeno per definire il mondo in cui si muove. Se la realtà è stereotipata, peggio perla realtà. Il mare è credibile se è viola, porpora, rossastro, cioè se non è del suo colore. Da quando il mare è diventato azzurro, la lingua si è fatta più povera, l'immaginario esangue. Siamo scesi, gradino per gradino, dalle bianche scogliere alle bionde messi, dalla cerulea Dora ai verdi pascoli. Ce una cosa che ci preoccupa, negli ultimi poeti: il topos «mare azzurro» non appare più. Già per Montale, che di Mediterraneo si intendeva, il mare era nel migliore dei casi grigio, argenteo, se possibile livido, «scàglia a scaglia». I nuovi autori si devono essere vergognati di quell'abbinamento logoro fino alla banalità, come le rime luna/fortuna delle canzonette: e il mare ha perso tutta la gamma delle tinte svarianti dal turchino al bleu foncé. Anzi, inquinato com'è, è quasi scomparso dalla pagina, i poeti non ne parlano più. Quale errore. Proprio adesso, se la letteratura deve essere finzione e menzogna, può tornare azzurro. Ce lo assicurano non solo Borges e Manganelli, ma anche l'oceanografo e, ahimè, Goletta Verde. Giorgio Calcagno Sabato prossimo 15 dicembre tipi da strenna l )i numero speciale di Tuttolibri a ib pagine, una guida ai imiti di Natale

Luoghi citati: Austria, Germania, Goletta Verde, Italia, Mondadori, Roma