CONFESSIONE D'ATTORE Ninchi, signore della scena in un dialogo col pubblico di M. B.

CONFESSIONE D'ATTORE CONFESSIONE D'ATTORE Ninchi, signore della scena in un dialogo col pubblico GARYBALDI PASSIONE D'ATTRICE Un mestiere difficile Lo racconta la Fabbris UN signore della scena per una prova «da solista». E' quanto propone in Teatro Erba questa settimana. Nel suo cartellone, dal martedì 12 a domenica 17 dicembre, Arnaldo Ninchi in «Confessione d'attore». Lo spettacolo, di cui firma anche la regia, si avvale di testi di Rosa Maria Manenti, tratti da Cechov, Pirandello e Campanile. Partecipano anche José Greci e Gabriele Villa. L'attore dunque. Come simbolo di tutte le miserie e di tutte le nobiltà, uomo e dio al tempo stesso, angelo e bestia. Nel desolante silenzio di un palcoscenico vuoto, un attore medita sulla propria condizione di «hypocritès», vissuta sul classico quanto irrinunciabile destino di dualismo finzionerealtà. La verità e la maschera, il privato vissuto con la stessa esaltazione di ciò che viene recitato sulla scena, in un ingarbugliamento di uomo e di ruoli in un tutto unico. Lo spettacolo è una sorta di autoconfessione, attuata attraverso un intenso dialogo con il pubblico, a cui i brani teatrali e i personaggi della fantasia fanno da contrappunto, da seconda voce. . \riì(ild<> Ninchi e Gabriele Villa sulla scena dell'Erba. A fianco Mariella Fabbris. hi basso a destra. Milra. til Teatro di Tarino in «Tosca» Si comincia dunque con la conferenza cechoviana de «Il tabacco fa male», per passare poi alla lucida analisi della vita vissuta in vista della morte : de «L'uomo dal fiore in bocca» di Pirandello. Man mano la parola diventa sempre più ardita, più azzardata, più astrusa, più assurda. E si fa largo Campanile, in ; tre inediti mai rappresentati: i «Una moglie nervosa», «Il gesto folle», e «Serata galante». E l'attore-uomo diventa un paradosso. Cristina Caccia MARIELLA Fabbris è un'attrice. Un'attrice del Teatro Settimo. Martedì 12 dicembre alle ore 21 (e tutte le sere sino a domenica 17) attenderà il suo pubblico al Teatro Garybaldi per spiegare ciò che nella vita ha assunto per lei, via via, un peso non trascurabile: «Il mestiere dell'attrice». «E' qui che si recita? Bisogna nascere attrici - dice la Fabbris in scena - ed io non sono nata attrice, canto però». In realtà, il gioco che sta alla base dello spettacolo, è proprio questa continua alternanza tra il non essere ed insieme il voler essere interprete. L'attrice, con piglio quasi salottiero, avvia ciò che parrebbe una nonnaie conversazione tra amici, una specie di dialogo con il pubblico che si trasforma tuttavia in un appassionato omag; gio alle grandi interpreti del i passato, con un particolare riI guardo per l'amatissima Anna Magnani. La Signorina in scena snocciola a poco a poco le sue memorie, il suo desiderio non realizzato di fare l'attrice; eppure non ha rinunciato del tut' to a questo grande amore, è una assidua frequentatile di teatri, è divenuta una buona inI tenditrice, conosce tutti e vive con trasporto ogni ruolo femminile di cui commenta e commemora trionfi e cadute. Proprio attraverso l'evocazione dei personaggi femminili, la Signorina si trasforma in attrice e diventa ciascuna di loro in un gioco di memoria e di rimandi cui non può sottrarsi. Il testo, che ha preso ispirazione dalle figure di donna create da grandi drammaturghi, è stato scritto dalla stessa Fabbris e da Simona Gonella che ha anche curato la regia dello spettacolo. Floriana D'Andrea ha composto le musiche originali che esegue dal vivo al pianoforte, [m. b.]