Non esiste il Teorema Berlusconi

Non esiste il Teorema Berlusconi Non esiste il Teorema Berlusconi Quando il linguaggio scientifico è usato a sproposito sposta. Francis Crick, da poco (1953) scopritore della struttura de! Dna insieme con James Watson, e di lì a poco (1962) premio Nobel per la medicina per questa scoperta, formulò allora quello che chiamò il dogma centrale della biologia. In un paese (almeno ufficialmente) di cattolici, una parola sull'infelice scelta dell'espressione dogma da parte di Crick è doverosa: come spiega nella sua autobiografia, egli non la intese nel senso di «verità di fede», bensì di «assunto fondamentale» che sta alla base della spiegazione molecolare dei meccanismi darwiniani dell'evoluzione. Che cosa dice dunque il dogma centrale della biologia? Semplicemente, che si va dagli aminoacidi alle proteine, ma non viceversa. In particolare, che non si può creare un organismo senza avere prima la sua informazione genetica, e quindi che l'uovo viene prima della gallina. Come si vede, sono passati quarant'anni, ma ancora si continua a parlare come se niente fosse. Questo peccato di omissione non è però tanto grave quanto un altro che va, addirittura, contro una tradizione millenaria. Ci riferiamo a uno strafalcione usato sempre più di frequente dai politici, da Berlusconi a Sgarbi: stracciandosi le vesti nel ricevere avvisi di garanzia essi sostengono infatti, ormai invariabilmente, che i giudici hanno contro di loro un teorema. Come dovrebbero sapere tutti coloro che hanno un sia pur vago ricordo dei banchi di scuola, «teorema» significa «affermazione provata». Certamente, nell'usare la parola i malcapitati non intendevano ammettere che le prove contro di loro hanno la stessa certezza di quelle matematiche. Probabilmente, essi intendevano insinuare invece che le argomentazioni dei giudici sono cervellotiche, pretestuose e contrarie alla verità. Così facendo ossi aggravano però la loro situazione, perche lasciano trasparire una concezione della matematica tale da prefigurare un ulteriore reato: il vilipendio alle istituzioni scientifiche. Questo andrebbe perseguito d'ufficio, e dovrebbe comportare giuste condanne: ad esempio, da un lato l'obbligo della sostituzione di «teorema» con «spettacolo televisivo» per riferirsi a sproloqui mascherati da argomenti, e dall'altro lo studio di veri teoremi da ripetersi tre volte al giorno (come i Pater, Ave e Gloria che ci venivano inflitti in confessionale da ragazzi). Quanto a noi, sappiamo bene che non sarà un trafiletto su un giornale a impedire gli abusi linguistici a sfondo scientifico, ma almeno ci abbiamo provato. E, a forza di ripetere, qualcosa potrebbe anche rimanere. Piergiorgio Odifreddi Università di Torino che proveniva dallo spazio senza avere la minima idea di cosa lo producesse. La spiegazione venne da Bob Dicke, della vicina Università di Princeton, che si accorse immediatamente di avere a che fare con la famosa radiazione fossile affannosamente cercata dai cosmologi. Per questa scoperta Penzias e Wilson ricevettero il premio Nobel. La scoperta della fotografia fatta da Nièpce ma resa pratica da Daguerre è un caso emblematico di serendipità. Daguerre j tentò invano per molto tempo di l'issare l'immagine labile che si ' l'ormava per effetto della luce su lastre di argento esposte a vapori di iodio. Dopo un tentativo sfortunato chiuse la lastra in un ripostiglio assieme ad alcuni prodotti chimici. Quando rivide la lastra si accorse con somma sorpresa che si era formata una immagine quasi perfetta. Nei giorni seguenti lasciò altre lastre nel ripostiglio rimuovendo sistematicamente tutti i prodotti chimici nel tentativo di scoprire quale fosse la causa del successo. Nessuno di questi pareva funzionare ma alla fine si accorse che il fattore determinante era il vapore emanato da alcune gocce di mercurio a spasso nel ripostiglio. Da questa osservazione, che conferma la diagnosi di Pasteur, ebbe origine l'enorme successo commerciale della fotografia ma anche una tragica sequenza di intossicazioni da vapore di mercurio tra ì collaboratori di Daguerre. I casi di serendipità non si contano e se si legge con attenzione la storia delle scoperte, grandi e piccole, ci si rende conto che si tratta di un meccanismo universale, insostituibile e molto produttivo che tocca tutti i ricercatori. Io stesso ne ho approfittato in più occasioni c non me ne vergogno. Per la sua natura la serendipità è arte che si presta mirabilmente ai contatti interdisciplinari, come accadde appunto a Penzias e Wilson, ed è antica come il mondo II primo Principe di Serendib di cui si abbia notizia pare sia il grande Archimede, che annunciò la scoperta del suo principio, fatta mentre faceva il bagno, con il famoso eureka, Meno contento rimase l'orefice, poi condannato a morte, che aveva tentato di ingannare il tiranno di Siracusa mescolando metalli meno nobili all'oro della corona e la cui truffa fu scoperta proprio grazie al principio di Archimede. Solo i grandi ingegni sono andati avanti maestosamente in apparenza senza ricorrere al caso, deviando, se necessario, il corso della storia. Dico in apparenza perché sono convinto che anche loro hanno saputo trarre profitto da circostanze accidentali grazie a una straordinaria capacità percettiva. In breve, vedevano qualcosa là dove per la truppa esisteva solamente il nulla. Lo stesso Einstein traeva ispirazioni da sottili incongruenze esistenti nella fisica a lui contemporanea per costruire ardite architetture formali e sostanziali. Attendo le proteste dei puristi. Tullio Regge

Luoghi citati: Siracusa, Torino