Storie di formiche e grilli innamorati In visita al Palais de la Découverte di Parigi

Storie di formiche e grilli innamorati Storie di formiche e grilli innamorati In visita al Palais de la Découverte di Parigi AIUTATO da un microscopio, per un quarto d'ora sono vissuto in una comunità di formiche, ho seguito le cure minuziose che le operaie prestano alla regina, ho osservato l'effetto dei complicati messaggi chimici che le formiche si scambiano. Poi mi sono immerso nel canto dei grilli. Premendo un pulsante ho «campionato» un trillo e ho messo a confronto il segnale di richiamo sessuale e quello emesso durante l'accoppiamento. Ancora: ho provato personalmente le tecniche di apprendimento per condizionamento positivo (grazie, vecchio Pavlov); ho viaggiato negli organi del corpo umano, nel sistema endocrino e nel sistema immunitario; ho fatto divertenti esperienze di ottica, acustica ed elettromagnetismo; ho visitato uno per uno i pianeti del sistema solare; ho ascoltato una lezione di fisica atomica. Poi purtroppo il tempo è finito, e mi sono ritrovato sul metrò di Parigi, in viaggio verso l'aeroporto. Con il fermo proposito di tornare con più calma. Dove? Al Palais de la Découverte, avenue Franklin D. Roosevelt (tel. 0033-1-4074.8000 per chi chiama dall'Italia). Oggi le mostre scientifiche interattive - i musei non da guardare ma da toccare - incominciano a diffondersi. C'è l'esempio famoso dell'Exploratorium di San Francisco, creato da Frank Oppenheimer, c'è Epcot in Florida, ci sono vari musei in Europa, la Villette nella stessa Parigi ed «Experimenta» a Torino. Ma il Palais de la Découverte rimane forse il più suggestivo di questi luoghi perché con il suo ambiente datato fa sentire immediatamente al visitatore che qui ci troviamo tra i pionieri della divulgazione scientifica interattiva. Il Palais de la Découverte nasce dall'Expo parigina del 1937, una mostra dal titolo vago, che dice tutto e niente: «Arti e tecniche nella vita moderna». Quando nel 1935 si incominciò a discutere su che cosa mettere nell'Expo, il fisico Jean Perrin, premio Nobel nel 1926 per le sue osservazioni che tra il 1907 e il 1913 avevano portato alla prova sperimentale dell'esistenza delle molecole e degli atomi, fece notare che la scienza non poteva mancare in una iniziativa del genere. Per fortuna fu ascoltato. Così, in coerenza con la gran- Esperimenti semplici e divertenti Un buon esempio per le città italiane A sinistra, Jean Perrin, Premio Nobel e fondatore del Palais de la Découverte di Parigi. A destra, il Palais quando fu inaugurato, nel 1937 deur francese, quando nel 1937 si inaugurò l'Expo parigina, i visitatori stupefatti trovarono nella hall del Palais de la Découverte un gigantesco generatore elettrostatico del tipo Van de Graaf, progettato da Lazard e Frederick Joliot: due piloni alti 12 metri sormontati da due sfere di 3 metri di diametro tra le quali una differenza di potenziale di 5 milioni di volt faceva scoccare, più che una scintilla, un vero e proprio fulmine artificiale. Perrin era stato lungimirante. Invece di organizzare una mostra scientifica effimera, aveva messo insieme un vero e proprio laboratorio didattico altamente spettacolare. Conseguenza: l'Expo fini quando doveva finire ma il Palais de la Découverte rimase, e ancora oggi vive e si rinnova, per nulla disturbato da iniziative più clamorose come la Villette. Un planetario da 200 posti, una biblioteca con 6000 volumi, un cinema, una sezione per le esposizioni temporanee, una rivista mensile, una libreria scientifica, una caffetteria con tavola calda (ciò che non guasta), e poi sale dedicate a tutte le discipline scientifiche: biologia, fisica, matematica, chimica, fisiologia, problema energetico, geologia, meteorologia. Per limitarci alla fisica, su tremila metri quadrati troviamo nove sezioni: elettrostatica, elettromagnetismo, elettricità corpuscolare, luce, calore, suoni e vibrazioni, fisica nucleare e delle particelle, meccanica, fluidodinamica. Inutile dire che gli animatori hanno parecchio lavoro ad accogliere ogni giorno decine di scolaresche. Gli esperimenti che si vedono e si fanno al Palais de la Découverte non sono né costosi né sofisticati: del resto Perrin per «vedere» le molecole si servì di bolle di sapone e di un normale microscopio che permetteva di osservare il moto browniano di granelli di polvere galleggianti su un liquido. Qualsiasi liceo dovrebbe avere nei propri laboratori esperimenti come quel'i che diedero il Nobel a Perrin à che si vedono al Palais de la Découverte. Invece sappiamo come funziona¬ no le nostre aule di fisica e di chimica. Praticamente non esistono. Si potrebbe rimediare realizzando in ogni città un laboratorio didattico - chiamiamolo Didalab - dove le scuole a turno usano attrezzature adeguate. Il corredo di un Didalab richiederebbe poche decine di milioni, la sede potrebbe essere un qualsiasi edificio scolastico oggi abbandonato per il crollo demografico. Molte industrie sarebbero disposte a sostenere iniziative di questo genere. Per rimanere a Torino, in una decina di edizioni «Experimenta» ha accumulato una quantità di installazioni divertenti e didattiche che starebbero benissimo in una sede permanente. C'è anche un piccolo planetario, ma manca la sede dove installarlo. E' vero, la cultura scientifica è bassa, l'irrazionalità di oroscopi, maghi, fattucchiere e paragnosti trionfa e fa buoni affari. Ma che altro possiamo aspettarci? Si raccoglie quel che si è seminato. Piero Bianucci I FINANZIAMENTI ALL'AGENZIA EUROPEA E A QUELLA ITALIANA La coperta corta della ricerca spaziale DOPO la Francia e la Germania, l'Italia è il terzo maggiore finanziatore della Agenzia Spaziale Europea (Esa): 800-900 miliardi di lire all'anno che, insieme ai soldi di altri Paesi membri, hanno messo l'Europa in grado di competere con gli Stati Uniti in campo spaziale. Oggi l'Europa ha il suo lanciatore, le sue missioni scientifiche per l'osservazione dell'universo, ha saputo guidare una sonda all'incontro con la cometa Halley; ha costruito dallo spazio la più precisa mappa del cielo disponibile al mondo, ha ottimi satelliti meteorologici. Ma, a differenza degli altri Paesi, l'Italia versa il suo contributo al quartier generale Esa di Parigi in cambio di un ritorno industriale, scientifico e di presenza nelle strutture dell'Agenzia spaziale europea perennemente in rosso. Qualunque scienziato italiano abbia provato a competere sul serio in Esa sa bene che co¬ sa vuol dire andare allo sbaraglio. La stessa Agenzia spaziale europea stima che i mancati ritorni industriali italiani ammontino, per gli ultimi cinque anni, a quasi 450 miliardi di lire! La ragione di tutto questo è semplice: non ci si inventa una presenza competitiva in un settore di punta semplicemente pagando il proprio contributo a Parigi; ci vuole una attività spaziale nazionale gestita seriamente che affianchi il lavoro in ambito Esa e possa contare (con continuità) sul 30-40 per cento, persino sul 50 per cento delle risorse del Paese per lo spazio. Come facciamo per la fisica nucleare con il Cern. Come fanno la Francia, la Germania, la Gran Bretagna e persino molti Paesi piccoli. Soltanto così si sviluppa la capacità di competere e si guadagnano i famosi ritorni. Invece, a fronte degli 800900 miliardi l'anno versati a Parigi, in Italia siamo scesi a soli 150 miliardi per l'Asi (l'Agenzia Spaziale Italiana) in cui far rientrare programmi nazionali e di collaborazione con altre agenzie spaziali, oltre agli strumenti da far volare sulle sonde dell'Agenzia spaziale europea (se non vogliamo arrivare all'assurdo di pagare queste sonde senza neppure utilizzarle!). I ministri che si sono succeduti alla ricerca scientifica hanno firmato accordi con l'Esa impegnandosi per somme enormi senza preoccuparsi che restasse qualcosa per l'attività spaziale nazionale. Il ministro Salvini ha cercato di cambiare rotta reclamando, alla recente conferenza europea di Tolosa, almeno una parte dei ritorni mancati; ma ha anche preso degli impegni pesanti che possono mettere l'Asi in serie difficoltà. Può il ministro garantire che nei prossimi cinque anni la quota nazionale non verrà ancora una volta dissanguata per far fronte agli impegni da lui presi con l'Esa? E con un'attività nazionale e una Agenzia in perenni difficoltà, chi vigilerà che le assicurazioni date a Tolosa sui ritorni non siano solo parole scritte sulla sabbia? Lo spazio è un settore strategico per lo sviluppo scientifico e tecnologico che assorbe 1000 miliardi l'anno. E' contrario agli interessi nazionali, e del tutto assurdo, prendere questa somma e metterla quasi per intero dentro una busta diretta a Parigi. Perché è questo che succede ogni anno a causa degli impegni presi con l'Esa da ministri di cui i più non ricordano neppure il nome, continuando così a pagare in lire italiane lo sviluppo di Paesi più avanzati e assai meglio governati del nostro. Lamentarsi poi per i mancati ritorni può servire a recuperare qualcosa, non a salvarci dal ridicolo. Anna Nobili Universiadi Pisa INTERNET Se volete scrìvere al Papa...