Benvenuto vecchio Robert l'ultima trappola di Giap

Umiliato a Hanoi McNamara, l'uomo che volle la guerra Umiliato a Hanoi McNamara, l'uomo che volle la guerra Benvenuto, vecchio Robert l'ultima trappola di Giap GLI EX NEMICI PENSIONATI DELLA STORIA WASHINGTON | CMERANO due vecchi uomini e due milioni di fantasmi, nella sala dell'Istituto per le relazioni intemazionali di Hanoi dove il sangue di una generazione è divenuto l'artritico addio fra due pensionati della storia. Robert McNamara e Vo Nguyen Giap, 79 anni l'uno e 85 l'altro, il «falco» americano pentito e la «volpe» vietnamita che lo sconfisse, si sono stretti la mano vent'anni dopo la caduta di Saigon per la prima, e verosimilmente per l'ultima, volta nella loro vita, segnando davvero la fine di una guerra che ha inghiottito due milioni di morti fra americani e vietnamiti. Due milioni di vite che ormai è un po' tardi per salvare. A Robert McNamara, al ministro della difesa prima di Kennedy e poi di Johnson che sostenne accanitamente l'intervento in Indocina, il libro del pentimento e del senno di poi pubblicato quest'anno evidentemente non era bastato. Il vecchio guerriero dell'intervento americano, il massimo responsabile di quelle decisioni militari che lui stesso giudica oggi «terribilmente sbagliate», cercava un pellegrinaggio finale di pace, una sorta di viaggio al cuore del nemico per esorcizzare gli spettri di una strage che agitano la sua vecchiaia. Ma McNamara cercava soprattutto una risposta prima di morire, la risposta a una domanda che sta al centro della guerra del Vietnam e che lo tormenta da 31 anni. «Devo sapere, devo sapere aveva continuato a ripetere ai suo accompagnatori nel lungo viaggio dall'America verso Hanoi l'ex presidente della Ford, poi ministro della difesa e presidente della Banca mondiale - e soltanto il generale Giap può rispondermi». E quel che «doveva sapere» era se davvero, il giorno 4 agosto del 1964, una flottiglia di torpediniere nordvietnamite avesse attaccato ancora, dopo averlo già fatto il 2 agosto, due navi spia americane, la «Uss Maddox» e la «Uss Turner Joy», nelle acque del Golfo del Tonchino. Fu da quel ripetuto attacco, da quella seconda «provocazione» che Lyndon Johnson prese lo spunto per chiedere e ottenere al Congrèsso la «Risoluzione del Tonchino», l'atto parlamentare che autorizzò la Casa Bianca a lanciare l'escalation della guerra e la strage. ■ Raccontano le cronache da Hanoi che quando McNamara è entralo nel palazzo dell'Istituto ieri mattina dove lo aspettava Giap, sulla capitale del Vietnam unificato pioverà a dirotto, con quella furia monsonica che periodicamente inzuppa il Sud Est asiatico. Il vecchio falco pentito aveva sperato in un un incontro privato, in un colloquio confessione fra due vecchi nemici riavvicina- ti dalla mediazione del tempo e dall'approssimarsi della fine. Ma i vietnamiti, un po' carogne, avevano deciso altrimenti. Loro volevano la massima pubblicità possibile alla «Canossa» dell'Impero Americano sconfitto. Con improbabile «distrazione» hanno finto di non accorgersi che i reporter delle agenzie di stampa americane Ap e Upi erano entrati nella stanza e ti osservavano ' •■ avidamente il |j colloquio, taccuini e registra- t- tori alla mano M Non c'era nulla che McNamara potesse fare per | cacciarli. L'americano era caduto ancora una volta, come già i francesi a Dien Bien Phu e il Pentagono a Saigon, nella ennesima trappola tesa dalla volpe Giap. Sappiamo così che McNamara era teso, loquace, nervosissimo e Giap più riservato, un po' freddo, avvolto in quell'aura di stupita cortesia che gli orientali sanno assumere benissimo di fronte alla aggressività degli interlocutori bianchi. I due vecchi si sono stretti la mano, si sono seduti uno di fronte all'altro, hanno scambiato qualche parola in attesa del tè, e poi è stato Tameri¬ cano, come è nella sua natura, a scattare e a rompere la pesantezza del grigiore da pioggia e da ricordi. «Noi americani abbiamo sbagliato, generale Giap, ma oggi è facile dirlo. Allora, combattemmo per evitare che tutto il Sud Est asiatico diventasse comunista. Non avevamo paura di voi, avevamo paura dell'Urss e della Cina, capisce?». Giap ha guardato fuori dalla finestra, si è sistemato la piega dei pantaloni, da quel vecchietto meticoloso e pignolo che è, ha dato un'occhiata all'orologio, ha lasciato che l'ombra di un lievissimo sorriso gli screpolasse la faccia e ha detto: «Lo so, lo so bene, quella era la giustificazione strategica, ma a noi non interessava fare la rivoluzione in tutto il Sud Est asiatico per conto di altri, noi volevamo soltanto riunificare il Vietnam. Purtroppo - ha aggiunto in una garbata concessione al vecchio avversario, all'uomo che aveva ordinato di sganciare sul Vietnam più bombe di quante ne caddero sulla Germania nazista anche menti molto brillanti e uomini intelligenti restarono prigionieri di quella teoria del domino che avevano costruito». McNamara assentiva gravamento con il capo, sporgendosi sempre più in avanti, ormai appollaito sul bordo della poltrona, verso Giap che si ritraeva sempre più, schiacciato sulla spalliera, lanciando occhiatine nervose all'orologio. «Vorrei che molto presto, noi e voi organizzassimo una conferenza per discutere tutto, ma proprio tutto, di quella guerra, finché i protagonisti sono ancora vivi» incalzava McNamara. Un'occhiata all'orologio. «Ah, un'eccellente idea per normaliz¬ zare definitivamente lo relazione fra il Vietnam e gli Stati Uniti» rispondeva cortese e vago Giap. Per un'ora, 60 minuti lunghissimi che al vincitore vietnamita dei francesi e degli americani devono essere sembrati un anno, McNamara ha tergiversato, è vagato attorno alla sola, vera domanda che era venuto a faro. «Io sono sempre stato un amico del Vietnam, quando ero alla Banca mondiale ho autorizzato l'unico prestito mai concesso a Hanoi» ha detto a Giap. Bell'amico, deve aver pensato il generalo, ricordando le marce notturne lungo il sentiero di Ho Chi Minh sotto i mitragliamenti dei Phantom, le giornate di terrore sotto i bombardamenti a tappeto dei B-52, i crateri delle bombe a Hanoi e a Haiphong, dove i becchini andavano ogni giorno a ripescare i cadaveri dei civili inghiottiti dal fango dello piogge monsoniche, ma se lo ha pensato non lo ha corto dotto. «Che impressiono lo ha fatto il mio Paese?» ha chiesto nvoce al suo mortalo avversario di ieri, allo stratega che divoro quasi 60 mila vite americane por avere ragione di lui, di quel vecchietto con la piega perfetta nei calzoni. «Mi ha fatto l'impressione di una nazione che è alla vigilia di uno straordinario boom economico» ha risposto McNamara. Dicono i resoconti che prima di fare «la domanda», McNamara si è finalmente taciuto per qualche istante. Che ha finto di frugare nella grande borsa di cuoio gonfia di documenti che si era portato dietro, per darsi un contegno, come se avesse avuto bisogno di scartoffie, per ricordare una guerra che gli americani chiamavano «McNamara's War», per riascoltare i giovani che sfilavano chiedendo «quanti ragazzi avessero ucciso oggi», o por rivedere Jacqueline, la vedova del Presidente che lo aveva voluto al Pentagono, buttargli il viso contro il petto e implorarlo piangendo di «mettere fine a quel massacro», come lui stesso ricorda nelle memorie. Poi, finalmente, nel minore della pioggia contro i vetri e nel silenzio dei morti, il vecchio americano si è tolto il peso di trentun anni dallo stomaco. «Generale Giap, c'è una cosa che voglio chiederle da anni e alla quale solo lei può rispondere...». Uno sguardo nervoso all'orologio: «... ma la prego...». «Generale, il 4 agosto del 1964, la sua marina attaccò davvero le nostre navi noi Golfo del Tonchino?». Giap ha abbassato lo sguardo e questa volta non ha neppure consultato l'orologio. «No». Vittorio Zucconi ci raid del Tonchino contro le navi Usa che scatenò la guerra? Non fu opera mia» Per l'ex segretario alla Difesa di Kennedy eJohnson viaggio d'espiazione in Vietnam Voleva un incontro privato col generale che sconfìsse gli Stati Uniti dopo la Francia Ha trovato una folla di giornalisti E il vecchio eroe rosso guardava continuamente l'ora ra etta no fra ex ci p in oto di he fa ti ' •■ |j t- M | La stretta di mano fra i due ex nemici e Giap in una foto di qualche anno fa McNamara studia una carta delle operazioni militari in Vietnam e qui sopra l'allora segretario alla difesa con John Kennedy