E nel cervello c'è anche il punto-bontà

E nel cervello c'è anche il punto-bontà E nel cervello c'è anche il punto-bontà Una rilettura moderna del famoso caso clinico di Phineas Gage mise l'errore di spingere il calcatoio nel foro prima di averlo riempito di sabbia: la polvere da sparo esplose trasformando il cilindro di ferro in un razzo che si ficcò nel suo viso trapassando il cranio e il cervello, per andare a cadere a parecchi metri di distanza. Gage non morì: ebbe solo un leggero stordimento, ma subito si riprese, chiese aiuto e camminò da solo. Lo stupore dei medici fu ancora maggiore quando si resero conto di quali fossero stati gli effetti di una lesione così grave. Nessuna compromissione del movimento o della parola, nessun danno apparente all'intelligenza, alla capacità di apprendimento, alla memoria. Il buco nel cervello aveva cambiato solo una cosa in Phineas Gage: la personalità. Quanto egli prima era stato affidabile, rispettoso, ben integrato nella società, positivo e diligente, così adesso era diventato irriverente e capriccioso, privo di ogni senso di responsabilità, senza più alcun riguardo per le convenzioni sociali. Il medico di famiglia parlò di una distruzione «dell'equilibrio, per così dire, fra le sue facoltà intellettuali e le sue propensioni animalesche»; i suoi datori di lavoro, che lo avevano indicato come il più capace ed efficiente dei loro tecnici, dovettero licenziarlo. Phineas Gage, già fantasma in terra, morì dopo dodici anni di una nuova, disordinata vita. Fu John Harlow a evocarlo per la prima volta, sulla base dell'ipotesi che i I mutamenti com¬ portamentali di Gage fossero correlati a un'area precisa di danno nella regione frontale dell'encefalo, al pari delle aree che Broca e Wernicke stavano allora inizian¬ do a definire, grazie alle autopsie di altri pazienti, per funzioni come il moto, le percezioni sensorie, il linguaggio scritto e parlato. Ma la «funzione» di Gage era un'altra cosa, più complessa e difficile a definirsi del saper muoversi o parlare: era l'assennatezza, l'attitudine alla convivenza sociale; era qualcosa di contiguo al dominio dell'etica, della religione. Nessuno poi aveva praticato l'autopsia, e sebbene Harlow fosse riuscito a ottenere l'esumazione della salma per studiare il cranio, gli strumenti dell'epoca non consentirono di localizzare precisamente la lesione; la sua ipotesi rimase quindi tale, e venne presto dimenticata. E' stato il ricorso a sofisticate tecnologie di processamento dell'immagine che ha consentito oggi ad Hanna e Antonio Damasio di terminare il lavoro che Harlow dovette lasciare incompiuto, e di confermare i presupposti. Basandosi sui resoconti scritti dell'incidente e sui fori di entrata e di uscita del cilindro di ferro nel cranio, i due scienziati hanno individuato sette traiettorie possibili, ridotte poi a cinque sulla base del fatto che Gage sopravvisse. Ciò ha definito una regione circoscritta nel cervello, la cui struttura è stata ricostruita al computer secondo la tecnica del cosiddetto spazio di Tailarach. Ne è emerso che la regione non coinvolge le aree motrici e del lin guaggio, ma è la stessa interessa ta in casi più recenti di danno ai lobi frontali, casi nei quali si han no sempre turbe emotive e difficoltà nella socializzazione, mentre rimangono inalterate le facoltà logiche e cognitive in senso stretto. Il fantasma di Phineas Gage, con la storia che ci racconta, è di per sé affascinante. Ma lo è ancora di più se si pensa come si stia iniziando a localizzare e far precipitare in un preciso conglobamento di neuroni, un aspetto tanto complesso e sfumato del comportamento umano che il linguaggio ha difficoltà a definirlo. E' un po' anche il fascino del pericolo: il pericolo di evocarne altri, di fantasmi, e ben più pericolosi, quelli che aleggiarono sull'antropologia di fine 800 producendo gli incubi scientifici della scienza criminologica di Lombroso e della frenologia di Gali: ricondurre non già il comportamento a zone del cervello, ma pretendere di classificarne le devianze sulla base della grossolana anatomia di queste zone. Oggi, grazie alla sventura di Gage, sappiamo solo che c'è un posto nella nostra testa anche per l'essere un bravo ragazzo, per l'avere un animo buono; e che questo posto, in fondo, è appena un po' più avanti e un po' più in alto della ghiandola pineale, dove l'immaginazione filosofica di Cartesio aveva collocato l'anima. Alessandro Quattrone