L'ECO DEL BELBO CI RIPORTA DANTE MANZONI E MONTALE di Stefano Bartezzaghi

Varia e ragazzi Varia e ragazzi Vitti Vari Vari Rilke Il letto è una rosa Vacanze verdi I re Leone Elegie duinesi 26.000 Mondadori 18.000 Disney Libri 8 15.000 Einaudi 14.900 Edagricole 8 2 La pier re La citta della gioia 5.900 tAondadori 45 3 Follett 1 pilastri della Terra 5.900 tAondadori 35 4 Buscaglia Vivere amare capirsi 5.900 tAondadori 30 4 Harris II silenzio degli innocenti 5.900 Mondadori 30 3 Smith Sulla rotta degli squali 5.900 tAondadori 22 4 Garcia Mirquez Dell'amore e altri demoni 5.900 Mondadori 21 7 Grisham II socio 5.900 Mondadori 21 8 Levi Se questo e un uomo - La tregua 14.000 Einaudi 18 28 De Saint-Exupery II piccolo principe / 2.000 Bompiani 17 74 Pilcher Settembre 5.900 Mondadori 16 4 Bach II gabbiano Jonathan Livingston 10.000 Rizzoli IS 20 Fromm L'arte di amare 5.900 Mondodori 13 7 Allende La casa degli spiriti 12.000 Feltrinelli 12 S3 Redfield-Adrienne Guida alla profezia di Celestino 24.000 Cor boccio II 8 PER quanto riguarda i giochi, questo è un periodo di ottima forma per Umberto Eco. Certo, ci sono giochi che si fanno giocando (dicendo: «adesso giochiamo» e dicendo «arimo» quando ci si deve fermare per allacciarsi una scarpa); e poi ci sono giochi che si fanno facendo qualcos'altro. Per chi si occupa professionalmente di linguaggio e di linguaggi, un momento in cui si fanno quasi inevitabilmente dei giochi è il momento dell'esempio. Andate a consultare i libri che avete sugli esempi nelle scienze cosiddette umane. Mi dite che non ne avete neppure uno? Neppure io (cosa facciamo? ci vergogniamo noi, o si vergognano gli editori?). Diciamo allora che potreste farci caso, quando leggete un saggio o un articolo che parlano di linguaggio e di linguaggi. Nell'Espresso datato 25 agosto, LA POSTA IN GIOCO L'ECO DEL BELBO CI RIPORTA DANTE, MANZONI E MONTALE Eco dedicava per la seconda settimana consecutiva la sua Bustina di Minerva alle sconsolanti tecniche del «riporto», che sarebbe quel tipo di acconciatura giornalistica con cui si prende una notizia già pubblicata e la si ripubblica come inedita (tecnica che corrisponde, dice Eco, «al senso pilifero del termine, che consiste nell'usare, per coprire un vuoto, capelli che dovrebbero stare da un'altra parte»), E' un articolo interessante, e spero che non lo abbiate mancato: lì Eco esercita la sua professione di analista dei mass-media in modo essenziale e discorsivo, e va bene, anzi benissimo. Va poi ottimamente quando Eco fa un paragone, e applica la tecnica del riporto alla prosa e poi alla poesia, inventando una storiella. «Montale pubblica la poesia: "Spesso il male di vivere ho incontrato / era il rivo strozzato che gorgoglia/..."» e un altro poeta subito dopo pubblica una poesia così: «Montale ieri, ritto sulla soglia / questa scarna poesia mi ha recitato: / Spesso il male di vivere ho incontrato / era il rivo strozzato che gorgoglia...». Conclude Eco: «Questa non sarebbe né poesia né critica della poesia, ma un modo di campare del lavoro altrui». Appunto. In Toc! o il ritorno del Pendolo, si racconta che Jacopo Belbo, pur avendone sempre sospettato l'esistenza, non conobbe mai suo fratello Ermes, tipo d'uomo ambiguo e intrigante (nel senso originale e non mieloso della parola «intrigante»). Il libro narra la ferocia e la determina¬ zione con cui Ermes Belbo, con l'aiuto del figlio di Casaubon, vendica l'orrenda morte di Jacopo (sterminati i cospiratori, verrà in possesso del Sacro Graal, che custodirà dentro all'Arca dell'Alleanza, nella soffitta di una casa colonica delle Langhe). Ma, a parte questo episodio avventuroso, il pensiero di Ermes era più rutilante della sua esistenza pratica. Egli frequentava ogni sorta di letteratura apocrifa, e in particolare una sua variante (che chiamava «non spaziale») del Situazionismo. Si era specializzato in una tecnica di acconciatura e incorniciatura poetica, che descrisse nel suo manuale di guerriglia semiologica, titolo: «Cara rimetta, già fosti un riporto». Nessun dubbio sul fatto che l'opera citata da Eco, «Montale ieri, ritto sulla soglia...» sia un divertimento giovanile del Belbo: si valuta anzi la possibilità che anche la poesia incorniciata sia opera parodistica dello stesso Belbo, e che Montale, approfit¬ tando dell'attribuzione, se ne sia impossessato plagiandola. A meno che Ermes Belbo non sia immortale (l'ipotesi è stata avanzata da un lettore), l'equivoco sullo pseudo-Montale non dovrebbe essere stato possibile nel caso di Dante. Alla fine del Paradiso, «l'amor che move '1 Cielo e l'altre stelle», Belbo aggiunge una violenta postilla: Piantala, Dante, con le rime felle: la lunga tua Commedia è ormai finita. Valla a narrare alle tue sorelle: I misteriosi due punti che chiudono il verso, e che Edoardo Sanguineti avrebbe poi plagiato in tutta la propria opera, significavano soltanto che la Commedia, data per «finita», sarebbe ricominciata con «nel mezzo del cammin di nostra vita...», per le tre cantiche intere (maliziosamente, proprio «finita» fa rima con «vita», e fa re-iniziare la Commedia: Belbo credeva nella reincarnazione, e si identificava con «Otinen», il nome segreto che dava alla serva di «c'era una volta un re, seduto sul sofà, che disse alla sua serva "raccontami una storia". La storia incominciò:...» ad libitum). L'insolenza anti-femminile («... alle tue sorelle»), oggetto di una psicanalisi ormai annosa, è tipica di Ermes Belbo: a tutti i libri della sua biblioteca aggiungeva uno stizzito versetto finale. Per esempio, l'explicit della sua edizione del Nome della Rosa, ha un terzo verso vergato a mano «stat rosa pristina nomine / nomina nuda tenemus: / Eco, raccontalo alle condomine». Nel Pendolo di Foucault, si ritorna alla sorella (fini¬ sce: «è così bella», e per Ermes fu uno scherzo aggiungere: «come tua sorella»). Arditissimo il riporto che attraversa il nudo cranio dei Promessi sposi, Belbo aggiunge un verso iniziale: Non vi sembra che sia da poveruomo dire: «Quel ramo del lago di Como...». Segue tutto il romanzo, e Belbo chiude le virgolette solo dopo l'ultima parola del romanzo. Dopo le virgolette, e qui sta l'audacia sperimentale, Belbo mette il punto interrogativo che dipende dalla frase iniziale. La clausola finale del riporto è del solito tenore: «... credete che non s'è fatto apposta»? Dillo a tua madre, grande faccia tosta. Scrivete a: Stefano Bartezzaghi, «La posta in gioco», La Stampa-Tuttolibri, via Marenco 32, 10126 Torino. Stefano Bartezzaghi

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