E' IL VERSO CHE FA IL ROMANZO
5_/_Ij1JQX^,^3. ^ rQmanzo 5_/_Ij1JQX^,^3. ^ rQmanzo FORSE non sarò mai un romanziere perché mi interesso troppo al "come" scrivere», confessava Italo Calvino al traduttore tedesco di Palomar nell'aprile 1985, pochi mesi prima di morire. Non era soltanto ironia. Il suo interlocutore, traducendo il testo, si era accorto che tante pagine potevano passare per poesie, e glielo aveva osservato. Calvino, autore tutto in prosa, non se n'era affatto stupito. «Questo corrisponde perfettamente alla tradizione della letteratura italiana - gli aveva risposto -. La nostra letteratura ha sempre avuto come suo asse la poesia». Di più: «Nel nostro secolo gli scrittori italiani più importanti in prosa sono stati quelli che possono stare vicino ai poeti». Il dialogo, rimasto sepolto dieci anni fra le carte dello scrittore, uscirà nell'Album Calvino per Mondadori a cura di Ernesto Ferrerò e Luca Baranelli. Ma la parte che ne ha anticipato La Stampa lo scorso 14 settembre apre subito il dibattito. Anche perché l'autore degli Antenati e delle Città invisibili contrappone alla linea maggioritaria, improntata dalla poesia, di cui si sente erede, una linea opposta, implicitamente minoritaria, degli scrittori che «si preoccupano solo di raccontare una storia», Moravia in testa. E da questi prende, ovviamente, le distanze. Ma è davvero così? Alfredo Giuliani, poeta e critico, teorico della neo-avanguardia fin dai primi Anni 60, mette in discussione le antiche distinzioni fra poesia e prosa, e soprattutto rifiuta di attribuire criteri di valore ai diversi caratteri dell'una e dell'altra. «E' vero - ammette nella nostra tradizione si sono conservati in profondità i meccanismi della scrittura poetica, che appassiona certi scrittori. Ma altri possono farne a meno. Ci stupiremmo se Piradello si mettesse a fare lo stilista alla Gadda, che invece è sensibile all'espressivismo, alle qualità fono-simboliche del linguaggio». Calvino ha ragione quando parla di tradizione poetica, riconosce l'antico portabandiera dei Novissimi, perché i modelli forti, dai primi secoli, sono stati i poeti. «Convengo, da noi c'è una tradizione di lingua letteraria estremanente lavorata, pensata non come oggetto tipico del narratore». Ma attenzione, mette in guardia, non si può distinguere con troppa si-
Persone citate: Alfredo Giuliani, Calvino, Ernesto Ferrerò, Gadda, Italo Calvino, Luca Baranelli, Moravia
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