L'ECO della Guerra

/'EC /'EC PRESUNZIONE luciferina? «Forse solo incoscienza», dice Alessandro Barbero, 36 anni, medievista tra l'università di Tor Vergata e quella di Torino, allievo di Tabacco, esordiente per Mondadori con il romanzo storico settecentesco yankee-prussiano Bella vita e guerre altrui di Mr. Pyle, gentiluomo. Dieci anni di lavoro, prima come puro relax poi in full immersion nelle fonti, la fine di un teorema politico-militare apparentemente invincibile sbriciolato dall'89 francese più che da Napoleone, raccontata nell'arco di tre mesi, estate" e autunno 1806, Jena e Auerstedt, da un reazionario federalista antijeffersoniano bon vivant spedito da Washington a Berlino e dintorni, Varsavia e Weimar per spiare (poco) tra la reggia di Federico Guglielmo III, taverne, bordelli e salotti ebraici, Fichte e Hoffmann, Clausewitz e Goethe, in un limpidissimo «movimento» mozartiano di ufficiali e cortigiani, bas bleu e pfennig («una società in cui potevi avere tutto ma dovevi pagare tutto») costruito con una «lingua italiana eretica, quella purgata dai paludamenti sacerdotali del dogma aulico, cioè antilibresca, cioè viva» come la definisce Busi, suo scopritore e nume. «...Nella casa le cui finestre erano state tutte spalancate, il conte Kalckreuth sedeva a far colazione con un arrosto freddo e una bottiglia di Madera, servito da un lacchè in livrea...»: fuori i prussiani in ritirata. Forte il rischio, comunque. 11 romanzo storico, con l'eccezione Eco, è una sorta di corpo estraneo in Italia. E per di più, leggendo Barbero, come non pensare a Langendorf? Una bella sfida nella quale Barbero per ora ha battuto, almeno sul tempo, il narratore ginevrino che ha concluso ma non ancora dato alle stampe il suo saggio, già famoso prima di essere letto, sul pensiero militare prussiano tra illuminismo e romanticismo (e che si suppone l'amico Calasso vorrà per Adelphi). Mentre con Langendorf lo scrittore italiano può dirsi invece alla pari sulla mole, entrambi hanno prodotto un «monstrum» di 650 pagine che spaventa Langendorf ma non Barbero, né il suo editore, e meno che mai il suo «sponsor». «Volevo scrivere l'iper-romanzo storico, l'avventura immaginaria di Pyle è talmente realistica che sin dove è stato possibile controllare, anche il clima è quello vero di quei giorni. Infine, sì, ho scritto un romanzo maniacale». «Sicuramente. Barbero è come quello che costruisce le cattedrali con i fiammiferi», conferma Gian Arturo Ferrari, il patron della Mondadori che ha peraltro accolto all'istante nella sua interezza il manoscritto fortemente sostenuto da Busi il quale più esclamativo non avrebbe potuto essere: «... Sterne, Casanova, Laclos in italiano! E un tocco di Goldoni! Mio dio, come è possibile che esista un oggetto linguistico simile! Ma questo è il libro sul Settecento di Eco se Eco sapesse scrivere!». Eco naturalmente non rispose. L'incontro con l'autore di Cazzi e canguri (pochissimi i canguri) è stato una sorta di accelerazione vitale per il filiforme e gentile professorino torinese, studioso di nobiltà francese e subalpina quanto o d omaiizo di olire 600pagine Prussia e Napoleone: dio di Alessandro Barbero Udo Busi, lui scoperto Batbero uro. ufficiali prussiani in Imi taglia

Luoghi citati: Berlino, Italia, Prussia, Torino, Varsavia, Washington, Weimar