ALL'OMBRA DI JOYCE Un carteggio inedito di Svevo con Enzo Ferrieri e la sua prima lezione sull'autore di «Ulisse» di Mirella Appiotti

ALL'OMBRA DI JOYCE ALL'OMBRA DI JOYCE Un carteggio inedito di Svevo con Enzo Ferrieri e la sua prima lezione sull'autore di «Ulisse> MA fioi, ma cossa che me nassi nela mia tarda età». Lo stupore di Svevo è grande, Larbaud gli ha scritto una lettera di elogi e di ammirazione per La coscienza di Zeno. «Da quel momento racconta la figlia Letizia - la sua felicità fu quasi costante: era come un bambino al quale fosse dato un regalo lungamente atteso». Ha 64 anni, siamo nel febbraio '25, finora è uno sconosciuto per il mondo letterario. Certo, molti anni prima, nel 1907, il signor Ettore Schmitz aveva avuto la prima ubriacatura di gioia, quando Joyce gli aveva comunicato, dopo aver letto Una vita e Senilità, di considerarlo un grandissimo scrittore. Ma poi non era accaduto nulla. Sino a che proprio Joyce da Parigi non decide di aprire la «caccia» al commerciante di vernici triestino. «Ma voialtri italiani avete un grande prosatore e forse neanche lo sapete» dice al giovane Prezzolini e ad altri. Prezzolini, nell'estate del '25, racconta «la chiacchiera» durante un pranzo offerto da Enzo Ferrieri nell'elegantissima sede del «Convegno» a Milano, Eugenio Montale ascolta, si fa immediatamente mandare da Bazlen i libri di Svevo, e «batte tutti sul tempo, italiani e francesi». Cominciano le re¬ censioni, la strada è aperta. E' a questo punto che Ferrieri lo invita a tenere una conferenza nel suo circolo e sarà la famosa conferenza su Joyce dell'8 marzo '27, evento attorno al quale si svolge, da una primavera all'altra del '26-'27, tra l'intellettuale di spicco in Italia e lo scrittore, il breve carteggio, sinora inedito e custodito presso il Fondo manoscritti di Pavia che Manni-Lupetti ora pubblicano, con un apparato critico e di note assolutamente notevole di un giovane studioso, Giovanni Palmieri, molto stimato da Maria Corti la quale presenterà il volume a Belgioioso il 24 settembre. Sette le lettere di Svevo, alcune delle quali pubblichiamo qui a fianco, sempre firmate «dal ventriloquo Schmitz» che lascia in ombra «la marionetta pubblica Svevo», lettere «così lavorate, così finemente intrise di profonda e al tempo stesso lieve ironia», dalla prima delle quali è tratto il titolo del libro, «Faccio meglio di restare nell'ombra», bellissimo perché comprendente sia la poetica che la «patologia» del suo autore. Cinque le risposte di Ferrieri. In più, l'edizione critica della conferenza basata sul dattiloscritto autografo, anch'esso inedito. Un corpus solo apparentemente esile da cui escono parecchie novità. Prima di tut- to che non fu Bazlen a lanciare Svevo in Italia ma il clan Ferrieri. Poi che Ferrieri prima di discutere sulla scelta tra Freud, del quale Svevo aveva già tentato inutilmente di scrivere (si vedano per prime pagine di Soggiorno londinese) e Joyce, aveva chiesto allo scrittore di parlare di sé. E che solo dopo il suo rifiuto soffertissimo tra bisogno di riconoscimenti e paura («In nessun caso parlerei di me stesso perché sarebbe un doppio esibizionismo» dove doppio per Svevo, attore in pectore, vuol dire un abominevole recitare al quadrato; e dove esibizionismo suona psicoanaliticamente «malattia») ci si era orientati sul genio irlandese. Che con questo tributo pubblico a Joyce, frutto di un estenuante lavoro di mesi, anche come traduttore, Svevo sembra anche liberarsi, in parte, del peso della gratitudine dovuto all'uomo dal quale era stato «scoperto». Dopodiché non gli rimane, da portare, che il peso del successo, sotto il quale, come Ettore Schmitz aveva appreso dai freudiani, Italo Svevo rischia diuturnamente di soccombere. Meglio restare nell'ombra... Mirella Appiotti

Luoghi citati: Belgioioso, Italia, Milano, Parigi, Pavia