ROVI D'ANIME Tre racconti di Bernanos anticipano «Il sole di Satana»

ROVI D'ANIME ROVI D'ANIME Tre racconti di Bernanos anticipano «Il sole di Satana /V UANDO, nel 1926, M & uscì Sotto il sole di SaBm A tana, il nome di Georfl B ges Bernanos era del B tutto sconosciuto. H Quello che dall'oggi al H ffi domani veniva saluta- W u3 to come un grande V W scrittore, o addirittura come il romanziere Il del dopoguerra, aveva già alle spalle trentotto anni di vita agitata ed oscura. Cattolico di formazione e monarchico per convinzione, da giovane si era acceso d'entusiasmo per il nazionalismo di Maurras e per l'antisemitismo v di Drumont e aveva militato tra quei turbolenti fiancheggiatori dell'Action Frangaise che si facevano chiamare Camelots du Roi. Da qualche anno però, in dissenso con Maurras per la strategia «parlamentarista» che aveva impresso al suo movimento, aveva intrapreso una borghesissima carriera in una compagnia di assicurazioni. Qualche volta il suo nome era comparso sui giornali, ma solo perché nel 1909, con altri studenti di destra, era stato arrestato e poi condannato a cinque giorni di carcere e perché tra il '13 e il'14 aveva firmato come direttore un modesto settimanale nazionalista dell'Alta Normandia. Pochi amici conoscevano la sua vocazione letteraria, anche se si trattava di una vocazione vera, imperiosa, non desiderata, subita come un duro sacerdozio. «Il mestiere letterario non mi tenta, mi è imposto. E' l'unico mezzo che mi è dato di esprimermi, ossia di vivere», scriveva nel ' 19 al suo direttore spirituale. E anche dopo, quando ormai quel mestiere aveva definitivamente abbracciato, confessava: «Non sono uno scrittore. La sola vista di un foglio bianco mi sfinisce. Quella specie di raccoglimento fisico che un simile lavoro impone mi è così odioso che per quanto posso lo evito». Solo i più intimi avevano potuto gettare uno sguardo sui tanti quaderni di scuola che in quegli anni aveva riempito di segni e di cancellature rabbiose e poi quasi sempre distrutto. Quando il caso Bernanos è esploso e per vent'anni è stato al centro di un dibattito che ad ogni suo nuovo romanzo o pamphlet, ad ogni sua presa di posizione politica o scelta esistenziale si riaccendeva e si complicava, nessuno ha pensato di recuperare quanto di quel febbrile ed oscuro noviziato si fosse salvato. Lo ha cominciato a fare, qualche anno dopo la morte dello scrittore, il suo più acuto e fedele interprete, Albert Béguin, raccogliendo in un volume tre novelle scritte attorno al 1920 - La signora Dargent, Una notte e Dialogo d'ombre - e quattro testi narrativi più brevi che risalgono agli anni 1913-14. A questo primo nucleo il minore dei figli di Bernanos, Jean-Loup, ha poi aggiunto gli altri testi - sette brevi racconti, uno scritto satirico, una poesia e un apologo, tutti degli anni 1907-8 - che lui stesso o Albert Béguin sono riusciti a scovare: è tutto ciò che contiene il volume che, per le attente cure di Michele Corrieri, vede ora la luce in italiano. Strano volume, che, per rendersi conto della lenta maturazione dello scrittore, bisognerebbe leggere a ritroso, partendo dalle pagine dei vent'anni che sono poste in coda, ingenue, gonfie di nostalgie monarchiche e di virtù virili, passando poi a quelle in cui all'epica delle battaglie e alla commozione per i bei gesti si sostituisce la dialettica serrata di due anime che, ora su questioni gravi ora su futili problemi, non » possono evitare di affrontarsi, e arrivando infine alla novella che dà il titolo al libro e alle altre due dello stesso periodo, più complesse, più costruite, stilisticamente molto più risolte, ma ancora estranee a un chiaro e coerente progetto di scrittura: La signora Dargent racconta una storia alla Green, di umiliazioni cocenti e di vendette atroci sullo sfondo di un deserto di valori morali; Una notte ambienta in una cornice esotica uno scontro fra tre Dersonaggi forse troppo gravidi di simboli; Dialogo d'ombre è un «colloquio sentimentale» alimentato dai pericolosi fuochi dell'intelligenza. Lungo tutto questo percorso è facile, col senno di poi di chi conosce e ama lo scrittore, rintracciare qua e là la prima timida comparsa di qualche suo tema prediletto, l'abbozzo di uno stilema caratteristico, forse anche l'annuncio di quella che diverrà la sua concezione della letteratura. Ma sono accenni ancora così vaghi, manifestazioni così sporadiche e contraddittorie che neppure il più lungimirante dei lettori avrebbe potuto pronosticarne l'evoluzione futura. E se in qualche modo documentano la progressione, straordinariamente lenta ma costante, di un noviziato che si è protratto dal 1907 al 1920, nulla ci rivelano di quella miracolosa alchimia che di li a poco, nel crogiolo di Sotto il sole di Satana, avrebbe trasmutato la materia inerte di tante prose dilettantesche nell'oro di una grande creazione letteraria. Giovanni Bogliolo Georges Bernanos Dialogo d'ombre trad. di Michele Corrieri Piemme.pp. 154. L. 27.000 PER abbandonarsi voluttuosamente a un gusto che teme sia superato, l'artista moderno ha una soluzione, quella di citare o rielaborare - Strawinski che rifa Pergolesi. Antonia S. Byatt, ora ha gettato la maschera e lo sappiamo, è una impenitente cultrice di fiabe, genere oggi rivalutato da etnologi, psicologi e via dicendo, ma a lungo snobbato dalla letteratura più sussiegosa; e per contrabbandarne alcune, le inserì nel complesso gioco letterario alla base del romanzo con cui esordì clamorosamente, Possessione-Una storia romantica, una come creazione della poetessa vittoriana Christabel LaMotte, su cui uno dei protagonisti indaga, un'altra come narrazione della governante stregonesca della cugina bretone di costei. Questi due pezzi «à la manière de» sono stati estrapolati da quel libro e ripresentati in un volumetto del Melangolo insieme ad altri due non meno interessanti [Il fiato dei draghi e altre favole, trad. Anna Nadotti e Fausto Galuzzi, pp.106, L. 12.000), in uno dei quali la principessina impegnata in una «quest», in una «cerca», nonché molto ferrata in fiabe ella stessa, riconosce continuamente di trovarsi in una situazione classica, e ne esce rompendo il cliché; per esempio incontra un rospo ferito che le dice subito di non illudersi, non diventerà un bellissimo principe. L'ultima fiaba, la più cupa, quella che dà il titolo alla breve raccolta, nacque, ci dicono, come parte di un «Progetto Sarajevo», e contiene l'immagine inquietante di una comunità perseguitata da un orrore misterioso che vi si abitua, adattandovi la sua vita quotidiana. Ma dicevo che ora la Byatt è uscita allo scoperto. Questo avviene nel recentissimo II genio nell'occhio d'usignolo, la cui edizione Einaudi può concorrere al premio (se non

Luoghi citati: Sarajevo