Bernardini pioniere dell'atomo di P. Bia.

Bernardini Bernardini pioniere dell'atomo PONTECORVO, Occhialini, Rossi. Tre grandi fisici, tre esploratori dell'atomo in tempi pionieristici, legati da comuni interessi nello studio dei raggi cosmici e della fisica delle particelle. Oggi a Firenze si conclude un convegno che li ricorda, presenti i Nobel Cronin, Glashow, Mossbauer e Rubbia. Secondo i programmi, avrebbe dovuto aprire l'incontro un saluto di Gilberto Bernardini, decano dei fisici italiani. Ma Bernardini se n'è andato nei primi giorni di agosto, a 89 anni. Così, al convegno di Firenze, un'altra nobile ombra si è aggiunta a quelle di Pontecorvo, Occhialini e Bruno Rossi. Bernardini è uscito di scena in punta di piedi: la famiglia ha annunciato la scomparsa a funerali avvenuti, nello spirito di riservatezza che aveva contraddistinto tutta la vita dello scienziato. In più, il frastuono delle vacanze e lo sciocchezzaio dei giornali balneari non erano propizi a un ricordo meditato. Proviamo a rimediare ora, benché sia difficile riassumere in poche righe una lunga vita spesa per la scienza. Gilberto Bernardini nasce a Fiesole il 20 agosto 1906, studia alla Scuola Normale Superiore di Pisa (che poi dirigerà negli Anni 60-70) e si laurea in fisica nel 1928. Dopo un breve periodo di lavoro in una industria di ottica, rientra nell'Università e ad Arcetri partecipa a una serie di esperimenti sui raggi cosmici: particelle atomiche talvolta di altissima energia che continuamente bombardano la Terra provenendo da ogni direzione dello spazio. Siamo nei primi Anni 30, non c'erano acceleratori di particelle, e l'unico modo per sondare il mondo subatomico a energie elevate consisteva appunto nel catturare la radiazione cosmica usando speciali emulsioni fotografiche. Nel '34 Bernardini ebbe una borsa di studio che gli permise di andare a Berlino'e di lavorare con Otto Hahn e Lise Mèitner, due scienziati che ebbero un ruolo fondamentale nella scoperta della scissione dei nuclei atomici. In quel laboratorio, bombardando sottili strati di berilbo con nuclei di elio (particelle alfa), mise in evidenza la trasparenza per risonanza della barriera di potenziale che circonda gli atomi. Nel '35 tornò ad Arcetri, dove proseguì le ricerche con Persico e Garbasso. Quel gruppo, al quale bisogna aggiungere Occhialini, Conversi e Rossi, sarà per molto tempo all'avanguardia nel mondo negli studi di fisica delle particelle tramite i raggi cosmici. In cattedra a Bologna e a Roma, Bernardini collaborò con Edoardo Arnaldi alla riorganizzazione della fisica italiana nel dopoguerra. Fu poi invitato negli Stati Uniti, alla Columbia University, dove insegnava anche Fermi, e qui potè finalmente sostituire i raggi cosmici con le particelle prodotte nel ciclotrone del laboratorio di Ne vis: la potenza della macchina, 250 MeV, oggi è ridicola rispetto agli acceleratori del Fermilab e del Cern, ma all'epoca consentiva ricerche di primo piano. Dalla Columbia passò all'Università di Urbana, nell'Illinois, dove realizzò esperimenti fondamentali con i fotoni emessi dal bevatrone fatto costruire da Kerst. Il ritorno in Europa coincide con l'impegno di Bernardini accanto ad Arnaldi nella fondazione del Cern: era stato tra i primi a capire che ormai la fisica stava diventando una «big science» e che per fare progressi non bastavano più i raggi cosmici o i piccoli acceleratori. Molte proprietà dei muoni e dei pioni furono comunque individuate da Bernardini integrando le due tecniche. Del Cern fu tra i primi direttori, così come nel '68 fu il primo presidente della European Physical Society. Degli incontri con Gilberto Bernardini due mi rimangono particolarmente impressi: uno alla Normale di Pisa, quando, mi mostrò la prova di ammissione di Enrico Fermi, e uno a Torino, quando partecipò alla Biennale del Dissenso, dando forza alla domanda di libertà che Sacharov e tanti altri intellettuali levavano nella grigia Unione Sovietica di Breznev. Una signorilità d'altri tempi, un sorriso dolce appena accennato, un impegno civile fermo ma sussurrato sono le impressioni che mi rimangono. [p. bia.]