MANDEL'STAM: GRIDA DI MORTE DALL'ESILIO

MANDEL'STAM: GRIDA DI MORTE DALL'ESILIO MANDEL'STAM: GRIDA DI MORTE DALL'ESILIO Tradotti integralmente i Quaderni di Voronez più che un'idea, come lo definì lo stesso Mandel'stam: «Il gusto di una rappresentazione verbale integra, una nuova organica interpretazione dell'immagine». Gusto di immagini concrete e dettagliate del mondo, nel suo akmé - di qui il nome della scuola e lo pseudonimo di Anna Achmatova -, il mondo nella sua massima intensità ed espressione, integro di bellezze e di brutture. Mondo fenomenico che la parola rivela, la parola piena, la parola che già nel 1922, sulla scorta delle recenti scoperte linguistiche, il poeta definisce come sistema. Forte di questa personale poetica, Mandel'stam traccia una sua nuova strada, si affaccia all'ingresso del mondo russo ormai sovietizzato «come il contadino autonomo va al kolchoz». Ma questa autonomia, compagna della concretezza antiutopica dell'acmeismo, esige un prezzo: nel 1933 viene arrestato con l'accusa, fra l'altro, di aver scritto una poesia contro Stalin: «Forgia un decreto dopo l'altro come ferri di cavallo: / a chi lo dà nell'inguine, a chi fra gli occhi, a chi sulla fronte, a chi sul muso. / Ogni morto è una fragola per la bocca / di lui, osseta dalle larghe spalle». Condannato per attività antisovietica, viene dapprima deportato a Cerdyn' dove tenta il suicidio, e quindi esiliato a Voronez dal 1935 al 1937. Messo al bando, sorvegliato dalla polizia, forzatamente disoccupato e ridotto in povertà, Mandel'stam si risolve a un'ultima umiliazione, scrive un'Ode a Stalin. Invano: nel 1938 verrà nuovamente arrestato per morire in un lager siberiano alla fine di quello stesso anno. I Quaderni di Voronez, per la prima volta tradotti integralmente in italiano, raccolgono appunto le dense poesie degli anni d'esilio in quella città della Russia meridionale. Il poeta è ridotto a un'ombra, un'ombra, però, che non rinuncia a parlare: «Togliendomi i mari, la corsa e il volo, / e dando al piede l'appoggio di una terra coatta; / che cosa avete ottenuto? Bel calcolo: / non potevate amputarmi le labbra che si muovono». Non rinuncia soprattutto il poeta al dialogo difficile, rarefatto con il suo lettore, costretto ad entrare in un complesso mondo di immagini e temi ricorrenti, di citazioni e parole chiave. Già, perché il simbolo di cui si nutre la poesia di Mandel'stam non è noumeno al di là dell'apparenza, ma suppellettile dello spazio culturale europeo: di qui il suo «ellenismo», il mito di Roma, di qui la sintonia con Rembrandt («splendido fra¬ tello e maestro»), con Villon, con Dante e Petrarca, di qui le immagini bibliche. In questo reticolo complesso di giunche cinesi ci guida dunque la curatrice Maurizia Calusio avvalendosi dei diversi commentari a Mandel'stam, prima di tutto quello della moglie Nadezda. Sono note a commento, queste, che non pretendono ovviamente di dettare limiti al discorso poetico, ma ne mostrano l'occasione iniziale, lo spunto; e poi ancora sfruttano il testo a fronte per mostrare al lettore gli aspetti fonetici di questi versi, le loro numerose e intenzionali paronomasie; e che, da ultimo, segnalano opportunamente il contesto culturale e poetico di queste poesie che costituiscono l'ultima e la più matura produzione di Mandel'stam. E in cui questi spesso insorge a difendere la dignità della parola contro la degradazione cui egli stesso si è prestato nell'esaltare «il montanaro del Cremlino!». Resta al singolo lettore di Mandel'stam un compito impegnativo, quello di «meravigliarsi del mondo ancora un poco, della gente e della neve», di attingere all'«eco del cielo» che sgorga dal cuore squarciato del poeta. Giuseppe Ghini

Persone citate: Anna Achmatova, Giuseppe Ghini, Mandel'stam, Maurizia Calusio, Petrarca, Rembrandt, Stalin, Villon

Luoghi citati: Roma, Russia, Voronez