CARO VATTIMO, VUOI RUSHDIE AL ROGO? di Gianni Vattimo
CARO VATTIMO, VUOI RUSHDIE AL ROGO? CARO VATTIMO, VUOI RUSHDIE AL ROGO? Flores d'Arcais e il fluoro romanzo-scandalo gelo. La domanda va rovesciata: fino a che punto è lecito, in nome di una opinione che un gruppo, o le autorità che lo rappresentano, pretendono sia la «Verità», punire l'espressione di una diversa opinione, venga essa pure da quella minoranza estrema che è un singolo dissidente? Se il limite è l'offesa di un sentimento, o scegliamo l'onnilaterale censura nei confronti di tutte le opinioni che offendano qualcuno (e un regime a n e , a n e l e o e o e i ionn- a o ro fondamentalista ateo - o anche un singolo - può sentirsi offeso dalle «superstizioni» delle religioni), e siamo al deserto, oppure stabiliamo che il sentimento della maggioranza fa legge ed esclude quello di ogni minoranza, e siamo al più schietto totalitarismo. In questo certamente si manifesta «lo scontro tra culture che caratterizza il nostro tempo», ma proprio il suo carattere impone che in tale scontro si scelga radicalmente poiché la «necessaria delicatezza» di cui tu parli ò già un cedimento sui principi, su quello almeno della libertà di opinione (senza la quale non ci sono individui e non ci sarebbe neppure la possibilità di questi nostri articoli). Ciò costringe proprio ad affrontare in modo altrettanto radicale la questione del riferimento alla comunità e della equivalenza delle culture. K poiché ovviamente non si dà individuo senza comunità e almeno oggi, anche nelle comunità piìi omogenee - comunità senza individui, si tratta di decidere cosa debba prevalere in caso di conflitto. Infatti, se la comunità «viene prima», l'individuo e ogni minoranza (religiosa, filosofica, sessuale, ecc.) sono minacciati e nel migliore dei casi in liberta provvisoria, e il totalitarismo è in agguato. Ecco perché una forma di convivenza che garantisca alle minoranze l'espressione delle proprie opinioni o delle proprie preferenze sessuali - che a qualcuno suoneranno sempre offensive benché costituisca una «particolare forma storica di esistenza», non può essere messa sullo stesso piano di altre forme storiche in cui il conformismo è «virtù» imprescindibile. Cosa ti spinge ora a offrire un varco alle pretese del conformismo comunitarista? Un abbraccio, tuo Paolo Flores d'Arcais d'usura, conformismo e libera espressione alle «maggioranze» rarsi sempre e solo come adesione a valori umani (che noi riteniamo) universali, o non dovrà anche fare i conti con la «compatibilità» di quei valori con «mondi vitali» concretamente dati e forniti di una loro specifica consistenza? Non ho alcuna inclinazione per il comunitarismo, ma non vorrei lasciare solo ai coniunitaristi la preoccupazione per lo sradicamento e la condizione di solitudine e di «anomia» a cui spesso conduce, nelle società moderne, l'esclusivo riferimento dell'individuo alla ragione «universale». Non penso di porre la società liberale sullo stesso piano di altre forme di esistenza. Ma non lo penso io, che sono figlio di questa società. Possiamo tener conto, nella discussione, anche di questo ultimo aspetto della cosa? Gianni Vattimo
Persone citate: Flores D'arcais
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