In diretta su Raitre

In diretta su Raitre In diretta su Raitre ROMA. Il processo al senatore Giulio Andreotti sarà trasmesso in diretta su Raitre a partire dal 26 settembre. Lo ha reso noto lo stesso direttore della rete Luigi Locatelli. «La prima udienza - ha rivelato il direttore di Raitre - sarà trasmessa integralmente il 26 settembre prossimo a partire dalle 10,30. Il senatore Andreotti ha acconsentito ad essere ripreso in aula, un'ulteriore conferma l'abbiamo ottenuta dal presidente del tribunale e dalla coite d'appello. Così come per il processo Cusani - ha sottolineato Locatelli tutta la diretta del processo ad Andreotti sarà messa a disposizione da Raitre delle redazioni dei tre tg della Rai, che la potranno utilizzare nei loro servizi. Alcune udienze del processo, quelle meno importanti - ha aggiunto - non saranno trasmesse integralmente ma in sintesi». Locatelli ha poi ricordato che martedì 19 settembre, Andreotti sarà ospite della trasmissione «Linea tre» condotta da Lucia Annunziata. [Ansa] E perché, secondo lei, Buscetta la incastra? «Io non lo so, ma quel che è certo è che il criminale Buscetta, che proprio noi facemmo arrestare in Brasile, appena arrivato in Italia fu proprio da me fatto spedire con procedura d'urgenza negli Stati Uniti dove era considerato un teste essenziale». Per che cosa? «Per una grande inchiesta. Mi sembra che fosse la Pizza Con¬ nection. Io lo feci senza poter davvero immaginare ciò che poi questo individuo sarebbe diventato. E anche per prenderlo in Brasile fui proprio io che sollecitai Martinazzoli, allora ministro della Giustizia, perché fornisse ai brasiliani le carte che mancavano per l'estradizione. Lettera agli atti. In quel periodo fui proprio io a chiedere e ottenere che fosse un italiano, Giuseppe Di Gennaro, a guidare l'organismo dell'Onu per la lotta alla droga: da vicino, ha fatto una prefazione ditirambica». Chi ha visto o sentito in America7 «Molta gente. In particolare investigatori e giudici che si occupano di mafia». E che cosa le hanno detto? «Che sono esterrefatti, terrorizzati e divertiti dal modo in cui si fanno certi processi in Italia. Con costruzioni che pretendono di essere logiche senza esserlo, ma prive di prove». E l'ipotesi secondo cui a tirarle il bidone potrebbero essere stati proprio gli americani che si sono legati al dito sia Sigonella sia il suo atteggiamento filoarabo? «Bush, quando gliel'ho chiesto si è messo a ridere. Ha detto che cose del genere non esistono». E allora? Che cosa ha tirato fuori da questo viaggio? «La convinzione assoluta che il colpo mi sia stato assestato proprio da Cosa nostra a causa dell'impulso che proprio io, personalmente e da quando ero ministro degli Esteri, ho dato alla guerra contro mafia e narcotrafficanti». Buscetta dice il contrario... «Buscetta dice spesso il contrario, poi il contrario del contrario e così via. Le faccio un esempio: parlando con Biagi, che lo ha scritto nel suo libro, disse che il giornalista Mauro De Mauro di certo non fu ucciso da Cosa nostra. Qualche anno dopo, parlando con Pino Arlacchi, che lo ha scritto nel suo libro, ha detto che De Mauro fu assassinato da Cosa nostra per ordine di chi aveva ucciso Mattei. E non basta». Cioè? «La crociera di Buscetta: io non voglio toccare l'aspetto etico, non lo discuto. Dico solo: ma come, costui dovrebbe vivere blindato e protetto inseguito dai sicari di Cosa nostra che già gli hanno ucciso tanti parenti, e invece che fa? Fa un viaggio di piacere le cui prime tappe sono in Sicilia. Con la sua faccia e senza protezione. Già questo fatto meriterebbe un intero libro giallo. Poi sbarca in Israele, che è un Paese attentissimo a queste cose, con un passaporto falso e tutto fila liscio». Di Gennaro andò in Colombia in zone dove neppure la polizia colombiana era mai andata, e scoprì una pista d'atterraggio per aviogetti che non esisteva in nessuna carta aeronautica, usata dai narcotrafficanti. Per non dire poi del famoso decreto che Giuliano Vassalli e io disponemmo per trattenere in galera i mafiosi che stavano per essere scarcerati. Questi sono tutti fatti. Fatti e fatti. Il loro odio nei miei confronti è perfettamente proporzionato a quei fatti». I suoi avversari più benevoli non pensano che lei abbia davvero baciato Riina e partecipato alla vita associativa di Cosa nostra. Ma dicono che lei nel passato aveva chiuso tutti e due gli occhi di fronte alla mafia. Come si difende? «Chiuso gli occhi, mai. Sottovalutato, forse. Ammettiamo. Ma allora vorrei sapere con quanti altri dovrei condividere questa colpa politica. E vorrei anche sapere come dovrebbero essere giudicati coloro che all'epoca avevano il compito d'istituto di combattere la mafia». Lei ha alluso spesso a un complotto internazionale... «Io, intanto, non ho mai usato il termine complotto. Dico che ci sono molti elementi concomitanti, altri che si stratificano uno sull'altro. Io non faccio assolutamente dietrologia e ho cercato in questi due anni e mezzo di capire come hanno funzionato questi meccanismi». E l'ha capito? «Be' intanto ho capito che far fuori me era molto redditizio per quelli che volevano cambiare tutto: levarsi di torno uno con cinquantanni di esperienza, uno al quale non è facile propinare sciocchezze, era un affare. Poi c'è stato e c'è l'interesse dei gruppi criminali internazionali colpiti dalla legge antiriciclaggio che predispose Guido Carli con me e grazie alla quale anche Paesi come la Svizzera oggi collaborano ad inchieste finanziarie. E poi c'è l'altro commensale misterioso...». Sarebbe? «Sarebbe quello più sfuggente e infido: si nasconde nel groviglio delle concentrazioni di grandi capitali mondiali senza patria e