Andreotti: ho scritto un libro per pagare il mio processo

«Sono preoccupato: dovrò difendermi dai si dice e dalla memoria elastica e rateale dei pentiti» «Sono preoccupato: dovrò difendermi dai si dice e dalla memoria elastica e rateale dei pentiti» Andreotti: ho scritto un libro per pagare il mio processo IL SENATORE ALLA VIGILIA DEL GIUDIZIO A O A o. ta mi li Buscetta?E' un uomo abituato a dire sempre il contrario ^ tj SROMA I', sono pronto. Adesso mi aspetta questo processo. Già mi figuro che sarà un processo infinito, che occuperà una lunga parte della mia vita. E va bene. Se sono preoccupato? Se vivessi in un Paese come gli Stati Uniti, dove quello che conta sono le prove, non avrei nulla da temere. Ma qui da noi contano i si dice. E come ti difendi da un si dice! E poi ti devi difendere dai pentiti. Gente eccezionale, dalla memoria elastica e rateale. Francamente, se avessi qualcosa di cui pentirmi, farei anch'io il pentito. E starei molto più tranquillo». Giulio Andreotti è seduto nel suo studio di Palazzo Giustiniani al Senato, immerso nel suo eterno cardigan blu. Un po' liso e un po' invecchiato. Anche il suo viso è più provato. La cicatrice sul naso resta visibile, l'aria è stanca, ma l'uomo resta quel che è: sarcastico, riflessivo, amaro e provvisto del suo umorismo talvolta fulminante. Lei è andato in America per cercare le prove del complotto ai suoi danni. Le ha trovate? «Sono andato negli Stati Uniti perché mi hanno invitato. E sono stato trattato come uno statista, non come un malfattore. Bush mi ha invitato a pranzo con la moglie, il presidente della Commissione Esteri del Congresso mi ha organizzato un ricevimento e persino il presidente della più severa associazione ebraica, quella della «Lega antidiffamazione» mi ha festeggiato riconoscendo che avevo ragione quando insistevo sulle possibilità di accordo fra Arafat e Israele. Ammetterà che sono piccole soddisfazioni in un momento di bassa marea». Sì, ma non mi ha risposto. Lei disse, prima di partire, di aver compreso il disegno della congiura ai suoi danni, e anzi ai danni della prima Repubblica. E disse che di quella congiura facevano parte i narcotrafficanti. Aggiunse che al suo ritorno avrebbe detto di più. «Posso ripetere quel che ho detto. Confermo il mio sospetto. Non ho delle prove criminali: ho delle spiegazioni storiche e politiche». In America ha parlato con i servizi segreti? «No, grazie. Io ho sempre nutrito una certa diffidenza verso i servizi segreti di ogni genere». Avrà parlato con uomini politici che hanno accesso a quel genere di informazioni, allora. «Beh, la risposta è implicita: sta nel fatto che i due ultimi ambasciatori americani a Roma, Raab che è restato 8 anni e Peter Secchia che ne ha fatti quattro, mi hanno proposto di venire a testimoniare a mio favore. Non lo farebbero se le informazioni di genere riservato lo sconsigliassero, non crede?» Anche Kissinger testimonierà per lei? «Questo ancora non lo so. Non ci siamo incontrati». E' in freddo con lei? «Non direi: alla traduzione americana del mio Gli Usa visti ps Sopra Giulio Andreotti. A sinisTommaso Buscetta. Sotto, il pdi Palermo. Giancarlo Caselli ALLA TV ECCO UN BRANO IN A / hi aspetto secondario quando mi capita ima bufera è di cercare di non mollare fisicamente, pìvblema che mi preoccupava anche per mia moglie, già una volta passala per un esaurimento nervoso La grande perizia dei pivfcssor Giovai! Battista Cassano bloccò questo scivolo che nei primissimi giorni mi aveva turbato compmmettendo quello che e il segreto della mia vitalità un sonno non lungo ma intenso Non nascondo ili aver avuto agli inizi persino paura di impazzire, tanto forte era la natura intensa dell'aggressione Anche sul fronte dell'assistenza legale, andamento favorevole si associa con la sua autorità il prof Franco ('.oppi e da Palermo Peppino Messi che si era cancellalo dall'albo per anzianità Mi ha telefonalo che riprenderà la toga per testimoniare la sua protesta contiv questa accusa lì Messi non solo conosce a fondo la Sicilia, ma gode di un pmtigio morale indiscusso Quel che mi avviliva era il clamore creato nella stampa, sia qui che all'estero L'avviso di garanzia dovrebbe essere cosa risentitissima. dalla mobilità fulminea, lo vedo un prepotere crescente di una certa altissima finanza senza volto. Le racconto un aneddoto». tra rocuratore Dica. «Un giorno Radar, il presidente dell'Ungheria comunista, mi disse: vede, noi ci salviamo dalla droga perché la nostra moneta è carta straccia, non è convertibile, non serve per comperarne nemmeno un grammo Ma il giorno in cui la nostra moneta sarà convertibile, allora il mondo dell mafia e quello degli affari loschi ci assalteranno». E lei lo pensa tuttora? «Io vedo quel che vedono tutti: i Paesi dell'ex comunismo oggi sono tutti preda degli stessi predatori: la mafia dei narcotrafficanti e il grande affarismo finanziario selvaggio. Vanno quasi sempre in tandem e rappresentano, insieme, la più inquietante novità. Mi sembra molto ragionevole supporre che anche nei miei confronti, in qualche modo, abbiano agito in coppia». Non potrebbe essere un po' più chiaro? Provi a sbilanciarsi. «Più di tanto non posso per mancanza di dati certi. Io vedo che certa finanza internazionale ha un peso crescente e riesce a far viaggiare il denaro con procedure e in quantità che poco tempo fa erano impensabili. Questi gruppi sanno esercitare pressioni violentissime e anonime, esattamente come le grandi centrali mafiose e, guarda caso, si nutrono sugli stessi pascoli della mafia. Poiché io sono innocente e vengo processato sulla base di elementi falsi di origine mafiosa, immagino che l'altro elemento abbia la sua parte». E il motivo? «Quelli della mia generazione e della mia scuola erano poco teneri e poco sensibili all'uso selvaggio del denaro e oggi si fanno operazioni molto disinvolte». Qual è il suo patrimonio? «La casa dove abito con mia moglie, l'unico affare della mia vita, dove abito dal 1955. E quella che nel 1948 facemmo in una cooperativa di giornalisti con Gorresio e Staterà a San Valentino. L'abbiamo divisa e ci abitano in una mio figlio e nell'altra la moglie di uno dei miei figli». E poi? Rendite, azioni, barche, ville? «Soltanto i miei stipendi e i diritti d'autore, che mi hanno reso piuttosto bene. Nient'altro, nessuno arricchimento. E del resto nessuno mi accusa di essermi arricchito». NTEPRIMA Lei ha scritto un libro sulla sua esperienza di questi mesi, vero? «Si, per Rizzoli. L'ho fatto per due motivi: per rendere testimonianza dei fatti, e anche per guadagnare un po', visto che siamo al lumicino e i processi costano». Secondo i suoi accusatori, quali vantaggi avrebbe lei conseguito attraverso la collusione, o la complicità, di Cosa nostra? «Prestigio». Prestigio? «Sì. Tenga conto che io conobbi Salvo Lima nel 1968 e da ([nella data inizierebbe la mia mafiosità. Secondo l'accusa, io da quel momento avrei tratto vantaggi di prestigio, e sarei stato liberato dal ghetto laziale. Ora lei pensi: io nel 1968 ero già stato sottosegretario alla presidenza del Consiglio per sette anni, ministro della Difesa per altri sette, per tre anni ministro delle Finanze ed ero all'epoca ministro dell'Industria. Ma, grazie alla prestigiosa alleanza, non remunerata, con Cosa nostra, io potei uscire da quel ghetto. Nel mio libro racconto, proprio all'inizio, la mia casuale conoscenza con Lima, quando fui spedito a presiedere il comitato elettorale in Sicilia, dove Lima e Gioia si azzuffavano perché entrambi volevano spedire l'altro al Senato». Ma lei non conosceva Lima da quando era sindaco? «No. L'avevo sentito un paio di volte al telefono, molto informalmente, ma nulla di più». E che successe? Un colpo di fulmine fra lei e Lima? «Io ero un po' scocciato di questa lite fra i giovani leoni e non tenni per nessuno. Lima mi fu grato di non avergli giocato contro e decise di schierarsi con la mia corrente. Tutto qui». E' vero che lei e il suo collegio di difesa chiederete che il processo sia tolto a Palermo e affidato a Roma? «Sì. Mi sembra che il mio giudice naturale sia a Roma, dove sono nato e dove ho sempre vissuto, e non Palermo». Ma la mafia ha il suo domicilio legale a Palermo. «Può darsi. Ma io, anche se fossi stato mafioso, ho fatto il mafioso a Roma. E Roma chiederò di essere giudicato». Paolo Guzzanti Voglio essere giudicato a Roma Se fossi stato mafioso lo avrei fatto solo a Roma ij ^