CALVINO lettore del mondo

Un'intervista inedita dello scrittore a dieci anni dalla scomparsa Un'intervista inedita dello scrittore a dieci anni dalla scomparsa IBRI, manifestazioni, trasmissioni radiotelevisive per celebrare il decennale della morte di Italo Calvino (il 18 settembre). Martedì prossimo alle 18 «Radiotresuite» proporrà, in collaborazione con il Teatro Stabile e in diretta dal Piccolo Regio di Torino, «La città senza vento», serata in cui verranno letti racconti e due testi per canzoni dedicati a Torino. Luciano Berio ricorderà la stesura del libretto di Un re in ascolto, opera musicata dal compositore e scritta da Calvino. La Mondadori concluderà a fine ottobre la pubblicazione delle Opere nei Meridiani con due novità: un volume (in due tomi, per oltre 3 mila pagine, curato da Mario Barenghi, con una «lezione americana» inedita) che raccoglie la produzione saggistica e un Album Calvino, una biografia per immagini curata da Ernesto Ferrerò e Luca Baranelli. Il dialogo che in parte pubblichiamo qui sotto (uscirà nell'Album) si ò svolto nell'aprile dell'85 (in occasione della traduzione tedesca di Palomar) con tre redattori tedeschi, Helene Harth, Burkhart, Kroeber, Ulrich Wyss. Calvino ha conservato nelle sue carte la registrazione dell'incontro, apportando numerose correzioni al testo che, tuttavia, non può essere considerato definitivo Anche Parigi celebrerà lo scrittore con filmati, trasmissioni, una tavola rotonda all'Istituto Italiano di Cultura (presso il quale è stato creato un «fondo Calvino», con i libri dello scrittore tradotti in lingue straniere). j-u ION Palomar ho I " provato a riabiliI tare un genere I i letterario caduto A^Jin discredito come la descrizione. Tutto il mio sforzo è una continua approssimazione a creare con la parola l'equivalente di un oggetto, di qualcosa di non scritto. E' sempre un esercizio frustrante, perché la parola arriva a un certo punto, ma non arriva mai a un risultato completamente soddisfacente. C'è uno sforzo di conoscenza attraverso la parola che vuole limitarsi per quanto possibile a una descrizione del visibile, della superficie delle cose, ed ogni volta si scontra con la difficoltà di render conto di tutto ciò che ci danno le sensazioni, di quello che risvegliano in noi come valore simbolico, culturale, emotivo, psicologico e che la parola non può fare a meno di registrare. Nel mio libro ho tenuto presenti certe esperienze della letteratura francese, soprattutto Francis Ponge, che ammiro molto, come una esperienza unica nella letteratura del nostro secolo, di solidarietà e attenzione e rispetto per i più umili oggetti quotidiani. Ponge va molto al di là della descrizione: arriva a una identificazione con gli oggetti. Egli ha un posto a parto in quella linea di ricerca della resa degli oggetti come operazione letteraria e insieme filosofica, fenomenologica, che va da quella di Sartre della Nausee, dove gli oggetti visti al di fuori del loro contesto sono portatori di angoscia, fino al metodo rigoroso di Robbe-Grillet, che descrive semplicemente con termini geometrici e quantitativi. Con la mia ricerca ho cercato di avvicinarmi di più all'esperienza di Francis Ponge, oppure all'esperienza della poesia americana degli Imagisti, soprattutto a William Carlos Williams e Marianne Moore. Se fossi un poeta, Marianne Moore sarebbe il mio modello». (...) «Palomar» consiste non solo di singoli pezzi descrittivi o riflessivi, ma mostra anche una struttura ed una composizione molto complessa e varia, Il modo in cui i diversi componenti ed elementi della costruzione vengono armoniosamente messi insieme ricorda proprio l'arte della fuga. «Io credo nella narratività di qualsiasi discorso. Anche la descrizione è narrazione. Ad un certo punto ho cercato di classificare i pezzi che avevo scritto come racconto, come Lo storico Georges Duby: "Spesso si paragona l'Aids alla peste In realtà l'Aids del Medioevo era la lebbra» PARIGI DAL NOSTRO INVIATO «In quegli anni, la carestia cominciò a propagarsi per tutta la terra; e gli uomini, terrorizzati, temevano la totale scomparsa della loro specie». Terrorizzati? Non più di noi. Sfrondato il mito romantico del millenarismo, costruito su cronache angosciose come questa di Rodolfo il Glabro, le paure dell'Anno Mille erano in fondo le stesse del Duemila: anzi, qualcuna in meno. E' la tesi di Georges Duby, il grande medievista francese, che pubblica da Textuel un libro-intervista, An 1000 An 2000. Sur les traces de nospeurs. " Nell'immagine sopra, Aldo Palazzeschi meditazione o come descrizione, ma forse questa tripartizione si riproduce in ogni singolo pezzo. Ogni descrizione è anche racconto e meditazione, ogni meditazione è nello stesso tempo descrizione e racconto e per il racconto vale lo stesso. L'ideale sarebbe fare tutti e tre insieme. Tutto questo che dico riguarda Palomar, cioè una delle varie direzioni in cui ho lavorato negli ultimi anni. Non è la sola, naturalmente, e probabilmente è abbastanza diversa dai miei libri passati e futuri. Sono arrivato a questo progetto perché mi accorgevo che in quello che scrivevo mancava qualcosa e per questo ho cercato di applicarmi di più in quel senso. Il problema, nello scrivere questi pezzi, è che ogni volta mi trovavo per prima cosa a do venni fare un'esperienza, una competenza. Prima di sedermi al tavolino e scrivere, dovevo mettermi in grado di scrivere con la precisione che è il mio ideale stilistico, cioè dovevo per prima cosa applicare questa precisione all'osservazione. E ciò vuol dire che prima dovevo in qualche modo cambiare me stesso, dato che non sono un osservatore per temperamento. L'osservazione richiede un atteggiamento mentale speciale, un'attenzione, un'applicazione speciali. In questo senso il capitolo sull'osservazione delle stelle è abbastanza esemplare nel senso che descrive lo sforzo che faccio per acquistare l'esperienza di qualcosa di cui voglio scrivere. Lo stesso si potrebbe dire sul capitolo della macelleria o su quello dei formaggi. Non sto fingendo una competenza che non ho. «Ma forse anche nei grandi scrittori che ammiriamo per la competenza di vita che ci comunicano con la loro pagina, la competenza è tutta contenuta in quella pagina. Forse non è che avevano una miniera di conoscenze e di esperienze al di fuori dello scritto. Forse tutto era creato ad hoc per scrivere questa pagina. «Comunque il mio sforzo di scrivere le pagine di Palomar dimostrando una competenza, è un omaggio, un tributo d'ammirazione alla competenza. Ed è anche un atto di riconoscimento che il mondo esiste. In questo momento la letteratura e la filosofia oscillano fra due estremi, o il pensare che ci sia solo il linguaggio e il mondo non esista, o il pensare che il mondo esiste ma è ineffabile, cioè non si può tradurre in linguaggio. Io vedo il fascino di una posizione e dell'altra, però non mi sento di condividere né l'una posizione né l'altra. Credo che esista il mondo, non Professor Duby, davvero nel nostro immaginario vivono gli stessi incubi che rodevano i progenitori? E quali sono? «L'Altro, il diverso. Le epidemie. La violenza. L'Aldilà. La miseria». Come potevano temere la miseria i contadini dell'Anno Mille? Non erano forse già miseri? «Non propriamente - sostiene Duby -. Certo, vivevano in condizioni di estrema povertà. Raspavano la terra con aratri di legno, si vestivano di pelli e non mangiavano molto meglio dell'uomo del Neolitico. Ma non si può parlare di vera miseria, perché le relazioni di solidarietà, di fraternità facevano sì che quel poco di ric¬

Luoghi citati: Parigi, Torino