Sampa la pace impossibile di Pierangelo Sapegno

Il sindaco: «Basta con la reciproca diffidenza. Ma dal centro devono smetterla di denigrarci» Il sindaco: «Basta con la reciproca diffidenza. Ma dal centro devono smetterla di denigrarci» Sciupa, la pace impossìbile Le antiche ruggini tra Rimini e la comunità denaro pubblico per il tornaconto politico di una sola parte?» E allora, dov'è la pace che cercano i sognatori? Dov'è la pace senza agguati e senza feriti? Sulle colline di Sampa, è un miraggio ancora lontano. La verità è che oggi questi due poteri contrapposti, quello delle amministrazioni di sinistra nel cuore dell'Emilia rossa e quello del patriarca amico di Craxi e Berlusconi, si guardano in ca¬ LA GUERRA DI UN PADRE IL lettore avrà difficoltà a credere alla storia di violenza che si è svolta in Colombia e ha per vittima un cittadino italiano. Ma essa pare ormai definitivamente accertata, e se non sta nei termini in cui la espongo ora, sta, con ogni probabilità, in termini peggiori. Quando la storia comincia, è già all'acme: il primario di ortopedia dell'ospedale di Treviso, Sisto Turra, docente all'università di Padova, torna a casa, la notte di lunedi 4 settembre, e come sempre ascolta i messaggi nella segreteria telefonica. Uno di questi lo informa, burocraticamente e brutalmente, che suo figlio Giacomo, in vacanza in Colombia, a Cartagena, è stato trovato morto per overdose. Non smettete di leggere, l'overdose non c'e: è appunto questa la parte colpevole della tragedia. Il figlio ha 24 anni, è studente di lettere e filosofia all'università di Padova, un tipico studente italiano di questi anni, con amori che nascono e finiscono e un quaderno / \ '^M f W ; P^ / \ -MILAN AA 71 710 gnesco come prima, lanciandosi strani messaggi. In fondo, quella tra Rimini e San Patrignano è una storia tutta romagnola, piena di passione, così sanguigna e complicata che riesce quasi impossibile fermarla all'improvviso. E' una storia che nasce di là nel tempo, quando Muccioli e i suoi discepoli li chiamavano «quelli del cenacolo». E gli amici del paese quando incontravano il patriarca sul suo gippone lo fer¬ IH segreto di poesie, le scrive dai tempi del liceo. Non si è mai drogato. Il padre ascolta il messaggio, e il corpo gli si svuota di energie. E' notte, sale in treno per Milano, all'alba vola a Bogotà, va a riprendersi il figlio. Dal momento in cui vede il figlio fino a ieri, si è svolta una delle più assurde lotte tra diritto e violenza. «Morto per overdose» aveva comunicato la polizia colombiana in un primo momento, lasciando intendere che questo era com¬ O '^M f I ^>W'i !"; i ''P^ 1ENZE mavano per riderci: «Ma sei impazzito? Che ti frega a te di quattro tossici». Era il 1977, e Muccioli aveva cominciato cercando di salvare Betti, la figlia di due amici che passavano le loro vacanze alla Stella Polare, la sua pensione sulle colline di San Patrignano. Tutt'attorno, c'erano solo comuni rossi e il sindaco di Rimini si chiamava Zeno Zaffagnini e quello che succedeva sulle colline di Sampa non è che gli piacesse tanto. Lui però stava zitto. Inevece, i suoi colleghi di partito che parlavano lo facevano con un po' di diffidenza: «Apprezziamo questa iniziativa. Ma per noi è importante privilegiare un discorso sulla struttura pubblica», Allora, la grande lite doveva ancora scoppiare. Poi venne il 1980, l'irruzione dei carabinieri nel fango e nel pollaio, e il primo processo sulle catene. La guerra tra Muccioli e Rimini non è più sotterranea da allora. IH «Prima avevano detto che era morto p A sinistra Vincenzo Muccioli A destra la moglie Antonietta Sono sempre gravi le condizioni di salute di Muccioli La moglie ai ragazzi «Abbiamo chiesto nuovi esami» E dura ancora oggi che sulla collina del dolore passano questi strani messaggi. Non c'è Muccioli, sempre malato e sempre grave, come hanno ripetuto ieri sera il figlio Andrea e la moglie Antonietta: «Abbiamo chiesto nuovi esami, le condizioni da tre giorni sono stazionarie». Il messaggio è arrivato attraverso un altoparlante ai ragazzi riuniti nella mensa all'ora di cena. Loro, i 2500 giovani che vivono isolati nella er infarto, poi stroncato roccaforte sulle colline di Rimini, da anni soffrono per gli echi delle tante battaglie del patriarca. Vincenzo stava su, con i suoi ragazzi che nei primi tempi erano solo cinquanta, con i Moratti e nessun altro, un potere che cresceva e si allargava assieme alla comunità. Non c'erano più due pollai, le vigne e la solidarietà dei primi cronisti che salivano su nel fango a vedere come si ritornava alla vita dopo aver avuto la scimmia addosso. A Sanpa, più diventavano forti e più si sentivano soli contro il mondo che li circondava. Anche contro la Chiesa, in quei tempi lontani. Ecco, forse solo con la Curia locale venne la pace negli anni che seguirono. E così, da febbraio, nella cittadella di San Patrignano va su un parroco, don Fiorenzo Baldacci, a officiare la Messa tutte le domeniche. Troppo poco, per parlare di pace. E alla fine venne un giorno che Muccioli parlò così ai suoi amici: «Forse devo morire io per salvare i miei ragazzi. Perché San Patrignano resti». Pierangelo Sapegno da una overdose»