Come un «Live Aid» a dieci anni di distanza la diretta di ieri su Raiuno con la Carlucci
Come un «Live Aid» a dieci anni di distanza la diretta di ieri su Raiuno con la Carlucci Come un «Live Aid» a dieci anni di distanza la diretta di ieri su Raiuno con la Carlucci «Big Luciano» si è rifatto delle amarezze di tre anni fa, quando fu sorpreso a cantare per fìnta Non è stato facile per i divi della musica leggera stargli al passo durante i duetti «Miss Sarajevo», bella invenzione MODENA DAL NOSTRO INVIATO Una sorta di «Live Aid» a dieci anni giusti dall'originale. Big Luciano nel ruolo che fu del baronetto Bob Geldof, con altrettante star e molte migliorie, almeno per noi che abitiamo lo Stivale: intanto la diretta Raiuno, che ci ha permesso ieri sera di godere in esclusiva di alcuni duetti destinati a passare alla storia della musica moderna quando si spargeranno - e con clamore - nel resto dell'Universo virtuale; e poi un sodalizio concreto - e non raccogliticcio com'è stato finora - fra il mondo dell'opera e quello pop per una buona causa, cioè la costruzione a Mostar, nella martoriata ex Jugoslavia, di un Centro Musicale con tanto di musicoterapia per i bambini. Un uomo solo al comando, Pavarotti, che con il suo carisma e la sua testardaggine (come raccontiamo altrove) ha spogliato per una sera l'Italia di troppi complessi d'inferiorità e di tanti provincialismi culturali. Bastava guardarle in volto, sul video, le rockstar anglo/americo/irlandesi mentre cantavano: avevano un'espressione molto seria e compresa. Se dietro le quinte apparivano come sempre i riveriti padroni del vapore, appena arrivavano sul palco al cospetto di Big - perfino il magnifico Bono degli U2 - sembravano scolaretti intimiditi. Pavarotti s'è rifatto delle amarezze di due anni fa, quando tutto il mondo lo spernacchiò (amorevolmente, s'intende) per aver usato il playback in diretta tv con Sting e compagnia cantante. Questa volta, invece di accettare lui le regole del rockbusiness, lo ha forzato ad adeguarsi alle sue: alle spalle aveva un fior di Filarmonica, quella di Torino, guidata da Marco Armiliato e da Michael Kamen. E tutto è dovuto accadere con la maggior naturalezza possibile: se non altro, quella naturalezza con la quale Egli emette suoni che mandano il mondo in visibilio. Non è mica stato facile, per le rockstar, andargli dietro nei duetti o nei dialoghi, seppur rimanendo se stesse. Ci son state prove su prove sudate, di gente che guadagna di solito un miliardo in un battito di ciglia. Però quello era il terreno, lì ci si doveva misurare, passando attraverso le pause salutari della conduzione scivolosa ed impervia di Milly Carlucci. Episodi importanti. «Miss Sarajevo» in primis, miracolosa invenzione di un trio eternamente in stato di grazia: Bono/The Edge con seguito del mago/producer Brian Eno. Atmosfera classica da U2, con gl'interludi di Big Luciano tradotti nella nostra lingua (è rimasto l'unico che I CONCERTI FASULLI ECCATI con le mani nella marmellata. Se i giornalisti-detective del settimanale «Der Spiegel» hanno visto giusto, i Rolling Stones sono rei di playback: durante i concerti del tour «Voodoo Lounge», il diabolico Mick Jagger e i suoi stagionati compagni fingerebbero di suonare e cantare, propinando agli spettatori una volgare registrazione. L'accusa è grave, le prove a carico pure. «Der Spiegel» sciorina un esame comparato dei grafici di varie esecuzioni di un brano, «Rock and A Hard Place», nelle quali si ripete sempre lo stesso lambiccato errore: dunque, non un momento d'umanità della band (anche i semidei sbagliano...) bensì di una gherminella pre-confezionata, studiata a tavolino per uccellare il pubblico pagante. Stupore tra la folla: proprio loro, gli Stones... E perché no? Pro¬ Luciano Pavarotti: un trionfo per il tenore e per i suoi amici cantanti, uniti per aiutare i bambini della Bosnia Milly Caducei ha presentato ieri sera lo spettacolo di Pavarotti da Modena, in diretta su Raiuno. Suonava l'orchestra filarmonica di Torino ZUCCHERO COSI'CI HA «Ho detto sì a «Sì, è tutta colpa mia: chiedendogli di cantare in "Miserere" ho fatto provare a Pavarotti il gusto del pop. Ormai per lui sono un habitué, ma anche per quest'occasione ci siamo sentiti tre volte la settimana: lui è un martello, invidio l'entusiasmo che conserva dopo tutto quello che ha fatto. Un giorno d'inizio estate mi ha chiamato: "Cosa sono 'sti U2?". Poi è nato tutto. L'altro giorno si lamentava che era senza voce. Gli ho detto: "Prendi il propoli". Non sapeva cos'era. Loro tenori sono fermi all'acciuga, da mandar giù in un boccone per schiarirsi la gola». «Quasi una persecuzi «Pavarotti è un artista del braccio di ferro. Mi ha chiamato a Dublino, gli ho detto che non avevamo tempo per scrivere niente e lui "Sì, lo so, lo faremo. Vi perseguiterò". Da allora mi ha telefonato tutti i giorni, poi è venuto a trovarci e noi: "Scriviamo la canzone, però non possiamo venire a Modena". E lui: "Sì potete". Poi si sono messi mio padre e il padre di The Edge: grazie a Pavarotti, hanno cominciato a considerarci artisti e non più ciarlatani». BRIAN ENO «Odio l'opera, ma lui fa ridere» «Cosa posso farci? Era inevitabile: lavorando come coproduttore a "Passengers" che conterrà "Miss Sarajevo" cantata da Bono e da Pavarotti, sono rimasto impigliato. Eccomi qua. Io non sopporto l'opera, perché in Inghilterra si ciuccia tutto il denaro pubblico destinato alla musica, però Pavarotti è un'altra cosa: è divertente come persona. Se hai una voce potente come quella di Bono, e insieme metti un cantante d'opera con interpretazione focalizzata, puoi trovare un punto di contatto straordinario». JOVANOTTI «Per far felici «Mi ha chiamato un musicista di Pavarotti sei mesi fa. Ero emozionato. Quando ho accettato, gli ho detto: "Maestro, io non canto". E lui: "Facciamo Serenata Rap, pensaci tu". Poi mi è venuta l'idea di Leoncavallo da accoppiare: il mio canto è una cosa leggera, non è il futuro della musica. Certo, per il mio babbo e la mia mamma da quando canto con Pavarotti è come se lavorassi in banca: hanno cominciato a prendermi sul serio». ? Un settimana
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