Nelle trincee di Nekrassov

Il dissidente previde il dopo-Gorbaciov I Intrighi e scabrose verità di un mondo al crepuscolo nelle «Memorie» di Madame de Staal-Delaunay Il dissidente previde il dopo-Gorbaciov I Intrighi e scabrose verità di un mondo al crepuscolo nelle «Memorie» di Madame de Staal-Delaunay Nelle trincee di Nekrassov IONO passati quasi otto anL ' I ni dalla morte di Viktor Pla% tonovic Nekrassov a Parigi, i j Sarebbe ingiusto dimentihd. 1 care la sua figura di scrittore, un tempo popolare nell'Urss e in Occidente. Forse è stato lui il vero portabandiera dei radicali cambiamenti della letteratura sovietica, chiusa nel corsetto «socialrealista» dei dogmi staliniani e zhdanoviani; lui e non il tanto sopravvalutato Erenburg del Disgelo. Nato a Kiev nel 1911, aveva studiato architettura e teatro; nel fuoco della seconda guerra mondiale divenne tenente durante la battaglia di Stalingrado, e decise allora di iscriversi al partito. Debuttò come scrittore con il romanzo Nelle trincee di Stalingrado, importante primo tentativo di introdurre nella narrativa sovietica l'insolito tono alla Remarque, privo di velleità eroiche, fino a quel momento obbligatorie per chi scriveva della guerra, soprannominata da Stalin «guerra patriottica». Nulla di nuovo all'Est avrebbe potuto chiamarsi il romanzo di Nekrassov, insignito - con sorpresa di tutti - col premio Stalin. Nacque così lo scrittore che osava prendersi certe libertà impensabili, col tacito consenso dei governanti. Si era nel primo periodo post-bellico, in cui si voleva permettere ai sovietici di respirare una boccata di aria fresca, in attesa di un nuovo giro di vite. Nekrassov ne approfittò anche nei successivi romanzi Nella città natia e Kira Georgevna, Divenne amato dai connazionali ed acclamato all'estero. Si sentiva nei suoi libri un desiderio di strappare la realtà sovietica agli schemi prestabiliti, voglia di scrivere in modo onesto e svincolato dai dettami del partito (pur appartenendo al partito). L'idillio finì bruscamente nel 1963. E' stato Kruscev in persona a condannare il nuovo libro di Nekrassov Da ambedue le parti dell'oceano, un resoconto del viaggio dello scrittore in Occidente: per il quadro troppo roseo del «mondo capitalista». Uno scrittore così chiedeva Kruscev in modo minaccioso -, uno scrittore cioè dalla coscienza di classe tanto atrofizzata, ha il diritto di considerarsi membro del partito? Come una valanga di¬ retta dall'alto, si sono mosse contro Nekrassov critiche e accuse da tutte le parti. Non venivano più ristampati i suoi libri. Gli è stata tolta la tessera del partito, visto che «osava avere opinioni proprie lontane dal nostro modo di pensare». E' stato dichiarato «non pubblicabile». I burocrati zelanti hanno ritirato i suoi brani dalle antologie sulla guerra, e hanno fermato la produzione di un film con la sua sceneggiatura. Se non avesse avuto la pensione di invalido di guerra, sarebbe vissuto di stenti. Nel gennaio 1974 il suo appartamento a Kiev venne perquisito da nove poliziotti per quarantadue ore. Era la fine, la condanna alla «non-esistenza» orwelliana. Pur contrario all'espatrio, scelse la via dell'esilio, sbarcando in Svizzera e di lì passando in Francia. Lo incontrai per la prima volta a Londra, nella casa di un giornalista inglese, amico di entrambi. Poi i nostri incontri frequenti a Parigi (divenne vicedirettore di Kontinent, la rivista di Maximov) si fecero più che cordiali, amichevoli. Mi piaceva la sua franchezza, il suo senso dell'umorismo, il suo coraggio di ex combattente della battaglia di Stalingrado. Era sì attaccato al suo Paese, amava parlare a lungo di Kiev, la città natia, si sentiva molto russo pur condividendo le aspirazioni nazionali degli ucraini, ma non aveva nemmeno un briciolo di quel sentimento di nostalgia divorante tipico per i russi in esilio. In fondo si sentiva felice di essersi ritrovato in Occidente, viaggiava parecchio, invitato dalle comunità ucraine o russe sparse in tutto il mondo, scriveva resoconti delle sue peregrinazioni, piene di spirito e di intelligenza. Insomma, non sembrava un esule, ma piuttosto uno dei russi del secolo scorso, viaggiatori accaniti. Non per questo, però, si disinteressava degli avvenimenti in patria. Era sicuro che le cose dovevano cambiare, pur non essendo sicuro di vivere abbastanza da esserne testimone e partecipe, anche se si erano già visti i primi passi della perestrojka. «Tutto diventerà difficile nel periodo successivo». ORI PRESTAZIONI CONFORT COLORI SICUREZZA ECOLOGIA Gustav Herling w^lOSE Delaunay, divenuta 111 per tardivo matrimonio W\ Madame de Staal, visse 11 tra Versailles, Sceaux, Le L_.**J Tuileries e la fortezza della Bastiglia, i tristi fasti della nobiltà ingabbiata di Luigi XIV. Ne ricavò il poco bene possibile: una lucidità, una chiarezza eh vedute, una prontezza nulle scelte assolutamente rare. Escono adesso per Adelphi, in una edizione critica curata da Daria Galateria, le Memorie di Madame de Staal-Delaunay. Scritte coi lumi del secolo nuovo, il Settecento dell'«austera ragione», sono un documento prezioso per leggere in trasparenza gli intrighi della vita cortigiana, al tramonto del Sole. A noi mancava una lettura da dietro le quinte di quel cuneo di società. Con le letture colte da palcoscenico, con quelle romanzate, con i punti di vista del politico, del religioso o del moralista, le Memorie di Madame de StaalDelaunay completano il quadro in maniera inedita, gettano sull'insieme della composizione ombre di scabrosa verità, quasi involontarie e proprio per questo tanto più paradossalmente illuminanti. Rose Delaunay non era parte integrante di quel mondo. Vi capitò, per i capricci del destino, La Bastiglia, dove lafu rinchiusa, sotto. a destra. Luigi XIV a De Staal-Delaunay Voltaire; V