Sempre gravi le condizioni del fondatore di San Patrignano: e i ragazzi pregano per lui di Filippo Ceccarelli
Sempre gravi le condizioni del fondatore di San Patrignano: e i ragazzi pregano per lui Sempre gravi le condizioni del fondatore di San Patrignano: e i ragazzi pregano per lui Davanti al cancello si rinnova la processione della speranza gazzi di fuori e quelli di dentro, Vincenzo Muccioli è diventato come un'eco che rimbalza sulle cose e sulle storie. Maria Antonietta, sua moglie, emanilo parla con Famìglia Cristiana ricorda «il linciaggio che ha subito quest uomo. E dall'ilo che ci perseguitano, ma questa volta c'è stata una macchinazione vera e propria di cui la stampa si è resa complico. C'è stata una cultura del sospetto insinuata da chi noi» voleva questa realtà. San Patrignano è scomoda. Una realtà di frontiera. Vincenzo l'ha pensata come un posto che doveva autolìnanziarsi, in cui non bisognava buttare soldi a fondo perduto ma costruire delle cose che poi potessero permettere alla struttura di mantenersi. E ci è riuscito. Ecco perché non ce l'hanno fatta a distruggerlo». Anzi, ad ascoltare il sondaggio realizzato in questi giorni da Data Media per il Grl, secondo il 71,3 per cento degli italiani «Muccioli è una persona competente» e per il 55,4 anche «credibile». In merito al processo, il 37,2 lo ritiene «innocente», e soltanto il 15,9 «colpevole». Più di un italiano su due considera infine i metodi di San Patrignano «giusti e necessari» per uscire dalla droga. Gianni e la mammina vestita di grigio, fermi da qualche giorno sulla soglia di Sampa, in fondo sono come loro. Ci credono. Lui dice: «Spero che torni, appena vedo uno dei ragazzi glielo chiedo. Io sono un debole, ho bisogno di un uomo forte per essere salvato». La mamma non dice niente. Dal cancello di Sampa, Vincenzo quando usciva aveva i ragazzi che gli correvano dietro e appena lui appariva sulla soglia finiva il silenzio. Oggi, è questo silenzio l'unica novità, questo silenzio che non finisce. Pierangelo Sapegno Don Pierino Gelmini, fondatore della comunità di Amelia per il recupero dei drogati I soldi pubblici, per dire. Per anni e anni, ignari dell'inferno che stava entrando nelle loro stesse famiglie, i politici li hanno dispensati con il contagocce. Poi, di colpo, hanno intuito le potenzialità emozionali che l'«emergenza droga» gli offriva in termini anche elettorali e, insieme a una legge cattiva e del tutto vana, hanno aperto la borsa: naturalmente in ritardo, e naturalmente secondo le consuete logiche di scambio. Più che un aiuto sincero, un giusto risarcimento, o al limite un tentativo di mettersi a posto la coscienza, si trattava di una sorta di «protezione» che i politici offrivano a uomini e donne di buona volontà. E che forse non capirono fino in fondo che quel sostegno prepotente rischiava di contaminare lo spirito originario delle comunità, tentando di ingabbiarle in una specie di vassallaggio lobbistico a sfondo semi-lottizzatorio. Molti, certo, si sono opposti e hanno continuato a lavorare come sempre. E tuttavia, dove è avvenuto, l'intreccio ha dato pessimi risultati, il primo dei quali sembra proprio questa falsa trasfigurazione angelica dei politici, e il secondo un certo rissoso protagonismo degli operatori più esposti. Il tutto spettacolarizzato: facce contrite, visite caritatevoli con canti, posa di prime pietre, inaugurazioni libri-interviste di Giacalone a Muccioli, Natali su Rai 2 ccn Manca ad Amelia (collegio elettorale) e Pillitteri alla stagione di Milano con don Mazzi, parate di ministri al nuovo ospedale di San Patrignano. Quando invece ci sarebbe stato tanto bisogno - e ce n'è ancora - di passione umile e discreta, di prudenza, lealtà e compostezza. Filippo Ceccarelli
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