Cinema l'occhio poco innocente

Cronaca o finzione? Cronaca o finzione? Cinema, l'occhio poco innocente Un audace studio di Agamben: l'«intima solidarietà» fra democrazia e totalitarismo w IA stampa (anche La Stam\pa, con un elzeviro di GianI ni Rondolino) ha dato molto I I rilievo a Lo sguardo ostinaAdì to, libro-intervista di Serge Daney (Il Castoro), soffermandosi sul saggio in cui il noto cinefilo prematuramente scomparso fa risalire la sua vocazione di critico a uno scritto di Jacques Rivette intitolato Dell'abiezione, dove si stigmatizzava un presunto lenocinlo di Gillo Pontecorvo in Kapò - un movimento di carrello durante un momento terribile, il suicidio della prigioniera di un Lager. Daney non volle mai nemmeno vedere quel film. Al liceo gli avevano proiettato Notte e nebbia, dove Resnais aveva utilizzato per la prima volta filmati autentici sui campi di sterminio, ossia la cosa «vera». Da allora il futuro redattore dei Cahiers du cinema ebbe un criterio sicuro per distinguere l'autentico dalle imitazioni. La fiducia di Daney nella possibilità dell'esistenza di un cinema «pulito» da contrapporre a un cinema «sporco» è stata feconda. Chi peraltro la sospettasse di manicheismo può trovare argomenti nel tomo curato da Gianfranco Miro Gori e intitolato La storia al cinema (Bulzoni). Qui molti illustri studiosi di più nazionalità discutono vari aspetti di una questione che si può dividere in due rami: attendibilità della storia ricreata dal cinema e attendibilità del cinema come documento storico. Nel primo caso sembra ovvio che i film in costume, anche quelli che si presentano come ricostruzioni accuratissime, siano sempre il frutto di un compromesso più o meno esplicito con le esigenze spettacolari; ma d'altro canto un erudito del rigore di Carlo Ginzburg dichiara addirittura di essere stato attirato ai processi alle streghe, in seguito sua grande specializzazione professionale, dall'incontro col film di Dreyer Dies Irae. Sull'altro versante l'importanza del cinema di reportage come fonte di preziose informazioni sul passato sembrerebbe indiscutibile; ma Pierre Sorlin getta acqua sugli entusiasmi dei collezionisti di «storia vera» ricavata dai cinegiornali d'epoca ricordando che l'enorme materiale è assai più limitato e parziale di quanto vorremmo credere. Anche i cinegiornali infatti sono sempre stati girati per lucro, privilegiando quegli aspetti della vita che più facilmente si sarebbero potuti proporre al grande pubblico; e sono sempre stati girati con l'occhio ai requisiti della proiezione, quindi scegliendo certi soggetti e non altri. Sorlin rileva che «di quanto è avvenuto negli ultimi sessantanni, solo una minima parte è stata ripresa cinematograficamente». Notte e nebbia è un'eccezione in quanto lì la macchina da presa fu puntata su quanto normalmente essa avrebbe trascurato; ma anche quell'occhio è poi tutt'altro che innocente, in quanto poi le inquadrature furono scelte, montate, commentate da una voce sovrapposta... Notte e nebbia non sarebbe più credibile di Kapòl La domanda è inquietante. In ogni caso per difendere la propria validità di testimonianza il cinema di finzione può esibire pseudodocumentari molto plausibili (come La battaglia di Algeri dello stesso Pontecorvo); e sia pure eccezionalmente, qualcosa di meglio ancora. Nella lunga intervista concessa a Rita Cirio (Garzanti), Fellini rievoca la sua esperienza neorealista di aiuto di Rossellini e in particolare la vivida scena finale di Paisà, con l'uccisione di alcuni partigiani nel Delta del Po. Rossellini doveva scappare, aveva chissà quale impegno, e si faceva buio. Decise di improvvisare alla brava, mettendo gli uomini legati in piedi su un barcone e facendoli spingere brutalmente nell'acqua. L'operatore gli gridò che non c'era luce, e dal furore si mise a saltare sul proprio cappello. Fretta, approssimazione? Il cinema non ha regole. Lo dice superbamente uno dei suoi manipolatori supremi: «Per un contatto misterioso, per la coincidenza di una macchina da presa li presente nel momento giusto, un accadimento diventava essenziale e veniva registrato per sempre. Paisà è pieno di questi momenti di eternità dell'arte, colti dall'occhio che hanno solo i grandi pittori e i grandi narratori, quelli che scelgono l'unica aggettivazione possibile fissata per sempre e che per sempre restituisce un'emozior e». Dalla Bosnia macellata allo squallore delle periferie metropolitane: i nuovi campi sorgono di continuo intorno a noi A sinistra bambini in un Lager A destra gli albanesi giunti in Italia nel '91, che la polizia ammassò nello stadio di Bari. In basso Giorgio Agamben

Luoghi citati: Algeri, Bari, Italia