I nostri figli, così impreparati a tutto
/ nostri figli, così impreparati a tutto / nostri figli, così impreparati a tutto farlo reagire facendogli presente che era fortunato rispetto ad altri poiché poteva venire a casa praticamente tutte le sere, poi mi sono colpevolizzata perché, forse, l'avevo viziato troppo e alla fine sono giunta alla conclusione che nessuna madre alleva il proprio figlio, almeno in tempo di pace, in funzione del servizio militare. Un'altra osservazione che mi viene spontanea è questa: come mai tutti coloro che hanno già finito il servizio militare tendono a ricordare solo le risate fatte con i commilitoni e non parlano delle crisi psicologiche che la vita militare ha loro creato? Magari non tutti avranno ricordi sgradevoli di questo periodo della loro vita, ma sono convinta che, per la maggior parte dei ragazzi, questo periodo sia stato tutt'altro che gradevole e formativo. Malgrado ciò, non sono antimilitarista, sostengo però che il servizio militare dovrebbe essere fatto da militari, da persone convinte e appagate da un certo tipo di vita che accetta tutto ciò che essa comporta. Caro A. C, non dia la colpa ai genitori per ciò che sta passando perché, creda, come mamma, le posso assicu¬ rare che, se sapessi cosa fare per ovviare a ciò che la vita militare comporta per molti, lo farei volentieri, non solo per mio figlio che, a mio parere, è stato fortunato, ma anche per i figli degli altri. Creda che, da quando mio figlio è entrato in caserma, sto scoprendo una realtà che finora mi era sconosciuta e che alla fin fine sto facendo il servizio militare con il mio ragazzo. Credo, inoltre, di aver capito che il mondo militare è praticamente impenetrabile da chi vive all'esterno e che l'unico sistema di riuscire a sfondarlo è attraverso la stampa. Quindi, mamme di reclute, unitevi e denunciate agli organi di stampa anche le più piccole cose ritenute ingiuste (anche anonimamente) in modo che chi di dovere sia sommerso dalle denunce di questi episodi e sia costretto ad aprire gli occhi e a non dover dire: «lo non sapevo». Spero che questa mia sia pubblicata, ma chiedo che venga mantenuto l'anonimato circa la firma e la città di provenienza perché mio figlio sta tuttora facendo il servizio militare e gradirei lo finisse senza troppe rappresaglie, mi creda sua... do a fronte di episodi piuttosto «pesanti» ho cercato di farmi dire cosa in effetti era accaduto, mi sono trovata davanti a un muro di paura, paura di rappresaglie da parte dei superiori e dei commilitoni, paura che si venisse a sapere chi aveva parlato, paura di lamentarsi con i superiori stessi; paura di tutto, insomma. Devo peraltro dire che la vita militare nella nostra città è, rispetto ad altri luoghi, all'acqua di rose, poiché le caserme sono piccole, non affollate e gli episodi di nonnismo sono abbastanza rari; ma è altrettanto vero che gli scherzi pesanti, i pugni dei vecchi e altro ancora non sempre vengono portati a conoscenza dei superiori perché le reclute vengono minacciate da coloro che hanno più mesi di naja e perché i giovani sono psicologicamente sconvolti da questa realtà. Posso solo dire che mio figlio, dopo tre giorni di servizio militare, è arrivato a casa (ha avuto la fortuna di rimanere nella città dove abitiamo) dicendomi che, se non lo avessimo «tirato fuori di li» si sarebbe ucciso. Non le dico la mia paura! Prima ho cercato di farlo ragionare con le buone, poi ho cercato di M. G. Errore generazionale Egregio signor Del Buono, vorrei dire due parole al militare A. C. che si dispera. Caro giovanotto, ho 52 anni quindi non sono vecchio e potrei essere tuo padre, ma quello che hai scritto non differisce molto da quello che succedeva trent'anni fa: nulla di nuovo e nulla di così tragico! La differenza è che noi non ci sentivamo la testa vuota, non volevamo picchiarci tra commilitoni e meno che mai pensavamo al suicidio. Vedi, sei stato troppo precipitoso a scrivere. Non so quale sia il cameratismo fra voi giovani, ma mi sembra un po' smorzato se non trovate il modo di fare del «mal comune, mezzo gaudio». Ricordati che la tua è un'occasione per socializzare preziosa, di confrontarti con gli altri, di scoprire te stesso nel rapporto, nel dialogo, nella vita in comune. Forse è la prima volta che lasci la famiglia che evidentemente ti ha troppo protetto e coccolato; questo purtroppo è il prodotto della mia generazione che non sempre ha saputo
Persone citate: Del Buono
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