La biografia del nero più potente del mondo invade le librerie

La biografia del nero più potente del mondo invade le librerie La biografia del nero più potente del mondo invade le librerie Dai duri esordi come garzone «Nel Golfo scrissi uno studio alla brillante carriera militare sull'uso della bomba atomica la meta è chiara: la Presidenza ma poi lo distrussi orripilato» Accanto soldati USA. Sotto. Powell a sinistra Clinton e Barbara Bush a destra. Powell e Schwankopf nella storia dell'esercito Usa. Politici potenti, e futuri superiori, come Caasper Weinberger o Frank Carlucci, lo presero sotto la loro ala. Powell era «smooth», levigato, lucido come le scarpe di un ufficiale in rivista e fantastico nell'arte del «briefing», le informative che gli ufficiali devono dare ai loro superiori. Breve, conciso, brillante, come quando spiegò in conferenza stampa l'essenza del piano d'azione contro l'esercito iracheno: «Semplice - disse -, prima tagliamo fuori la Guardia Repubblicana e poi la distruggiamo». Solo un uomo come lui, capace di cavalcare i corridoi minati del potere, poteva controllare quel nevrotico urlante di Norm Schwarzkopf, il comandante della Tempesta nel Deserto, evitando ammutinamenti e scazzi pubblici che avrebbero rovinato l'immagine della campagna militare. Powell era un maestro di pubbliche relazioni e anche di menzogne «per servizio». Quando era in Vietnam e preparava comunicati stampa, per due anni negò il massacro di My Lay, pur sapendo benissimo che era avvenuto. Dal suo ufficio al Pentagono, segretarie e subordinati sentivano spesso uscire le note dei calypso, la voce di Harry Belafonte che cantava Banana Boat e qualche pezzo reggete di Bob Marley. E quando neppure Belafonte bastava, Powell correva a casa, con la famiglia, i suoi tre figli tutti laureati, la moglie e le sue Volvo. Il suo hobby è comperare vecchie Volvo usate e ripararle. Si dedicherà oggi a riparare questa America scarburata e smarmittata di Clinton e di Gingrich, come un Eisenhower nero dopo le tensioni di Harry Truman? Lo farà come repubblicano, come candidato di una Terza Forza o si limiterà a contare i sei milioni di dollari, dieci miliardi, in anticipi sui diritti d'autore che ha già incassato? Il «Viaggio» non finisce, nel libro. Non offre neppure rotte precise, anzi, Fagiolino sta ben attendo a fare quello che ha sempre fatto nella sua carriera, a non pestare i calli di nessuno, della destra, della sinistra, del centro, e a non chiudersi nessuna porta. Per ora, piace a tutti, perché è «en reserve de la Republique», come un de Gaulle nero. Vittorio Zucconi Ha fatto la Corea e il Vietnam ma non è mai stato un eroe. «Mi è servito essere nero»

Luoghi citati: America, Corea, Usa, Vietnam