D'Arcais: la Arendt è l'arma contro i sicari della politica di Mirella Serri

il caso. Un convegno e un saggio rilanciano la «sfida» della filosofa il caso. Un convegno e un saggio rilanciano la «sfida» della filosofa D'Arcais: la Arendt è l'arma contro i sicari della politica Y~l ROMA A sfida di Hannah. «Ciò che è andato storto è la politiI I ca», se la cavava anche così, "1 con una secca ma significativa battuta, Hannah Arendt, quando veniva interrogata sull'origine dei totalitarismi a cui aveva dedicato tanti studi. E si era data da fare per raddrizzare con tutte le sue opere questo contorto albero della «politica», capace di originare tremende malformazioni. La Arendt ebrea tedesca emigrata in America (a dicembre, nel ventennale della sua scomparsa, la rivista MicroMega le dedicherà un numero monografico pubblicando un inedito e promuovendo anche un convegno internazionale) - vedeva germogliare dall'assenza della «politica» le dittature ma anche le crisi delle moderne democrazie. «Oggi la politica consiste in effetti nel pregiudizio verso la politica»; «politica e libertà sono identiche», scriveva. Parole profetiche e ai nostri giorni del tutto dimenticate: con questo monito il direttore di MicroMega, Paolo Flores d'Arcais, invita a raccogliere il guanto di Hannah in un saggio che sta per andare in libreria preceduto da una polemica introduzione: Hannah Arendt. Esistenza e libertà (Donzelli editore; il saggio era uscito una decina di anni fa). Siamo in pericolo, è l'allarmistico grido di Flores. Perché se la «politica» - cioè la partecipazione alla vita pubblica, come la intende la Arendt, non la paciosa sbornia quotidiana di politica dei teleutenti - viene a mancare, anche la democrazia diventa più debole. Una tempesta, avverte il pessimista Flores, sta investendo l'Occidente. Ma, di fronte a questa profonda crisi del sistema democratico, intellettuali e politici non vogliono né vedere né sentire. Come annunciava la Arendt, stiamo sempre più dimenticando la libertà. La «politica», contrariamente a quel che pensiamo, non è un «mestiere», non ha niente a che fare con la partitocrazia, non è l'esercizio corrotto del potere e nemmeno quello autoritario o violento. La politica, per la Arendt, può affermarsi solo se ci si sottrae alla «A quando un marchio sui seguaci di Diana?» Ho 73 anni con 50 e più licenze di caccia, sono iscritto al Cpa (caccia, pesca, ambiente) in difesa della libera caccia e dei cacciatori che la rispettano. Le disposizioni che la Regione Toscana ha attuato in conformità alla legge in questione, ha paragonato noi umili (e non ricchi) cacciatori (marchiandoci anche con un numero di matricola che prima o poi ci obbligheranno a stampigliare sul vestiario) a dei delinquenti comuni o peggio che abbiano ottenuto, non so con quali sistemi giuridici, gli «arresti domiciliari», che per muoversi devono comunicarlo antecedentemente all'autorità competente. In merito al discusso cacciatore «ricco» l'ho escluso perché lo stesso può sempre circolare liberamente senza preavviso in tutta Italia, per cacciare nelle aziende venatorie nei modi e nei sistemi che, come vero cacciatore, disapprovo, ma che gli anticaccia difendono. Dopo quanto sopra mi rifiuto di accettare tali imposizioni che mi tolgono il diritto di muovermi liberamente nella mia Italia quando e come voglio senza preavviso, nel rispetto dei più elementari sistemi di caccia e nel rispetto dell'ambiente e della proprietà altrui. Rendo noto che ho rispedito il prontuario della Regione ccn l'indicazione di poter cacciare indicando «Italia». Emilio Corsi, Signa (Firenze) Pesaro, sgomberata la libreria «Campus» Il sindaco di Pesaro e la sua giunta ce l'hanno fatta: la «Libreria Campus», sgombrata dagli addetti del Comune, non esiste più. Abbiamo perso nell'impari lotta con la volontà distruttiva degli amministratori, insensibili sia di fronte alla cultura che alla sopravvivenza di un'azienda. Per ora la sinistra pesarese è rappresentata in questo modo. Ringraziamo tutti per la solidarietà, mai venuta meno ma purtroppo inutile di fronte all'ottu- Rusconi e Pasquino replicano alla «polemica» sulla pensatrice: la democrazia non è morta routine quotidiana e al conformismo. La «vita activa» è ciò che distingue «l'uomo dall'animale». «Se egli (l'uomo) vuole vedere ed esperire il mondo così come è "realmente" - osserva la pensatrice tedesca - può farlo solo considerandolo una cosa che è comune a molti». Politica vuol dire convivenza e comunanza, è senso dello «spazio pubblico» e «partecipazione attiva». Quando e come questo sentimento del «pubblico» fa cilecca? La trappola che uccide la dimensione pubblica si annida, da brutto serpentone, in una sede apparentemente innocua ma temibile: la famiglia, il privato, il tran-tran quotidiano che anestetizza la voglia di «agire», stronca il desiderio di esse- LETTERE AL GIORNALE re un soggetto in relazione a tanti altri. A chi le chiedeva chi fosse il maggiore responsabile dei mali del nostro tempo la scrittrice ebrea assicurava che il padre di famiglia era il grande criminale del Ventesimo Secolo. Il povero «pater», così apparentemente innocente ma così perverso, con la dedizione al benessere dei suoi cari e la determinazione ad assicurare una vita agiata a consorte e pargoletti, diventa quindi il dissipatore di ogni tipo di partecipazione e di impegno civile. Analogamente, ai nostri giorni, l'indifferenza alla sfera pubblica, osserva Flores d'Arcais sulle orme della Arendt, si estende a vista d'occhio, con la politica che diventa «cosa privata dei politici». «Vince Hannah Arendt con il secondo marito Heinrich Bliicher. A destra la filosofa a 18 anni. Sotto, Paoie Flores d'Arcais la volontà di rimozione - scrive Flores - le democrazie che hanno vinto i fascismi non intendono affrontare il lato oscuro che è in loro». In questi ultimi anni un'azione soporifera equivalente a quella del buon padre di famiglia l'ha svolta la tivù e la «videocrazia», che è diventata una concorrente pericolosa della libertà, trasformando i cittadini in bambolotti pigri e sonnacchiosi. Stiamo dimenticando preziose facoltà, non sappiamo più cos'è l'eresia, il dissenso, la coscienza critica individuale. Dunque non c'è proprio scampo? Non è detto: lo sguardo amaro di Flores non trova affatto un unanime consenso. Il politologo Gianfranco Pasquino osserva. «Criticare le democrazie proprio dopo che hanno vinto la loro secolare battaglia contro i totalitarismi mi pare un bello snobismo. Oggi non esiste agire pubblico? Al contrario! Vi sono, più che in passato, uomini e donne che si dedicano alla politica senza essere riassorbiti nel sistema dei partiti o dal sindacalismo. Le battaglie più impegnative si svolgono sul piano dei diritti umani. Flores non ha ben chiaro che la Arendt, in quanto ebrea tedesca, aveva come problema prioritario quello di mantenere salda la democrazia. Noi, invece, abbiamo quello di rafforzarne la qualità e di migliorarla». La «politica» come dimensione affascinante e dura, come delicato equilibrio da mantenere in piedi: la sfida della Arendt per Gian Enrico Rusconi va in una direzione ben diversa da quella ipotizzata da Flores: «Da quando ho l'età della ragione - osserva lo studioso - sento parlare di crisi della democrazia. Certo, qualcosa di vero ci deve essere se il tema ricorre così frequentemente. Essendo la forma di governo più delicata, la democrazia suscita tante attese ed è sottoposta alle maggiori frustrazioni. Un dualismo di fondo nell'idea stessa di politica esiste poi da sempre: da una parte è tecnica, abilità, arte di governare e mediare i contrasti e le ostilità. Dall'altra parte è progetto, elaborazione e comunicazione di valori. In questo momento storico, forse, prevale la componente gestionale e compromissoria sulla elaborazione delle idee, sull'apertura di prospettive. La politica svolge il suo ruolo più efficace quando sa tenere insieme questi aspetti divergenti, anche se capisco che, magari, può essere più divertente utilizzare formule retoriche, come la crisi e la morte della democrazia in Occidente». Mirella Serri

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