E lancia i referendum anti-centralismo «Bossi: Dini per ora vada avanti»

Stati generali della Lega a Mantova, contro-comizi di Forza Italia e An Stati generali della Lega a Mantova, contro-comizi di Forza Italia e An Bossi: Dini per ora vada avanti E lancia i referendum anti-centralismo Lm MILANO ™ ITALIA è terra di conquista dei «nuovi pagani», «privi di orizzonti saldi e di riferimenti veritativi», cosi simili e così diversi a quelli dell'età romana: una sfida alla quale la Chiesa del Duemila non può sottrarsi, aprendosi alla collaborazione con le le istituzioni locali e favorendo un rapporto più stretto fra amministratori comunali e vicari episcopali, integrando l'impegno delle parrocchie a quello dei laici. Lo afferma l'arcivescovo di Milano Carlo Maria Martini ha ripreso in forma scritta il suo dialogo con i fedeli a 15 amii dalla prima lettera pastorale con una nuova missiva, intitolata «Ripartiamo da Dio», presentata ieri in Duomo in occasione del solenne pontificale che cade nella festività di Santa Maria nascente, patrona della cattedrale. «Ripartiamo da Dio», ripartire da zero: un titolo forte quello della nuova pastorale, riflessione attenta e talora amara sulle esigenze e sulle distrazioni di una società inquieta, che ha interrotto da troppo tempo la ricerca di Dio. In un tempo di penuria di profeti, di nuove ideologie che si sono sostituite a quelle totalizzanti degli Anni '80, di «nuovi pagani», affogati nell'immediato o adoratori degli idoli delle società consumiste, il cardinale ritiene importante parlare nuovamente di Dio. I «nuovi pagani»: la chiave di lettura della nuova pastorale, quella che la rende davvero «rivoluzionaria», passa attraverso di loro. Promossi da Martini a interlocutori privilegiati, «privi di orizzonti totali e di riferimenti veritativi saldi, vorebbero ridurre tutto al frammento, all'attimo, al successo immediato ed effimero, al godimento miope del presente alla difesa di privilegi settoriali». Al riguardo l'arcivescovo non MANTOVA DAL NOSTRO INVIATO Marco Formentini, il sindaco di Milano, l'aveva annunciata stingendo occhi e pugni: «Sarà una bomba!». Umberto Bossi rettifica: «Un peperoncino». Non scoppia, ma brucia lo stesso. E sono quattro referendum. «Tre veri e uno verissimo», dice Bossi. Quello verissimo sarà «consultivo», o «di indirizzo»: volete voi cambiare la forma dello Stato in senso federale? Quelli veri sono per l'abrogazione dei prefetti, dei segretari comunali, e del secondo comma dell'articolo 241 del codice penale, l'ergastolo per chi attenta all'unità nazionale. Bossi li infiocchetta a dovere: «Con questi referendum abbiamo girato la clessidra, siamo alla linea di partenza della grande corsa del cambiamento». Brucia, peperoncino, brucia. «E' il nostro peperoncino messo lì, nel posteriore della classe politica. E' come dire che li stimoliamo, fatalmente. Vedrete come correranno...». E mentre brucia c'è da pensare al governo Dini, al Dini bis, c'è il quiz sulla data delle elezioni. Nella Montecitorio leghista, campagna piena, granoturco appena tagliato, concime già buttato, tira un'aria pesante di stallatico. Giancarlo Pagliarini, l'ex ministro, ha appena finito un panino con salame di cavallo e mezz'o- L'APPELLO DEL CARDINALE COMUN E MILANO ciso. Mani libere su Dini e sulla data del voto. «La Lega si è molto rilanciata. Forza Italia è un disastro, al Nord non ci piglia più e la gente ha capito che Berlusconi è un affare cinese di quelli là. Il mio nemico adesso è il tempo: senza cambiare cresce la delusione della gente. Il mio miglior amico è la realtà: sociale, economica, anche psicologica». , E adesso questa bomba al peperoncino. Con Giuseppe Bonomi, Mario Borghezio, Roberto Maroni e tutti gli avvocati leghisti che passano la giornata a compulsare leggi e codici. Con i quattro referendum che verranno presentati e spiegati oggi, in chiusura d'assemblea plenaria del Parlamento del Nord. Poi, da lunedì, Bossi sarà a Roma per il gran rientro nella politica. «A Scalfaro l'avevo detto domenica scorsa a Venezia: prima definisco il mio marchingegno e poi vedremo». Il marchingegno pare ben studiato. «Tre referendum che mirano a disgregare la struttura centralistica dello Stato», dice Bossi. «E' una specie di ultimatum, o si cambia o si disarticola lo Stato», chiosa Maroni. Le due anime della Lega, indipendentisti e federalisti, sul peperoncino si son messe d'accordo. O arrivano riforme e cambiamenti, oppure tocca agli indipendentisti, ai referendum che disgregano. «L'unico modo per fermarci è un federalismo forte, molto forte», insiste Bossi: «Quello che è certo è che noi presentiamo uno degli atti fondamentali del cambiamento del Paese». Ed è questo, come sempre il Federalismo, il bandierone, «la via istituzionale e democratica», che Bossi riprende a sventolare. Forte di sondaggi e certezze, può anche permettersi di giocare con la data delle elezioni, come se già desse per scontato che tanto non ci saranno neppure a giugno. «Mantova, capitale della politica», è il titolone del secondo quotidiano della città. C'è la festa della Lega, il Parlamento e Bossi che oggi comizierà in piaz- «Mi fanno ridere D'Alema e Fini che parlano di voto a giugno: saremo noi a decidere la data delle elezioni» Umberto Bossi segretario del Carroccio stasera parla a Mantova, nuova «capitale» della politica za. C'è la Festa Azzurra di Forza Italia, a Curtatone, appena fuori, che aveva promesso Silvio Berlusconi e Gianni Pilo e avrà Tiziana Parenti e l'avvocato Carlo Taormina. C'è la festa del Fronte della-Gioventù che assicura Ignazio La Russa e i consiglieri eletti al Nord. Tutti a Mantova, e a dicembre verrà pure Casini, come fosse una vera capitale. «E lo è», si fa serissimo Bossi: «Avete visto? Io mi muovo e come sempre mi seguono. Con il peperoncino correranno più in fretta. Perché le elezioni per me non sono un problema. Ma per loro sì». Giovanni Cerniti