Fermat, giallo risolto Dimostrato il teorema-telenovela
Fermai, giallo risolto Fermai, giallo risolto Dimostrato il teorema-telenovela GON la pubblicazione sugli «Annals of Mathematica» (voi. 141, n. 3, 1995), la rivista della Princeton University e dall'Institute for Advanced Study, di un lungo articolo, oltre novanta pagine, di Andrew Wiles («Modular elliptic curves and Fermat's Last Theorem») e di una nota di Richard Taylor e dello stesso Wiles («Ring Theoretic properties of certain Hecke algebras»), cala definitivamente il sipario su una tra le più note affermazioni matematiche: è davvero impossibile scrivere un numero intero che è una potenza più grande di due come somma di due potenze dello stesso ordine. A dispetto del nome col quale l'affermazione è ricordata, «Ultimo Teorema di Fermat», prima della dimostrazione di Wiles si trattava solo di una congettura. Anche come teorema non era certamente l'ultimo proposto dal grande matematico Pierre de Fermat (vissuto tra il 1601 e il 1665) se, come pare, fu da lui formulato (e dimostrato?) attorno al 1637, ben prima della sua morte. Nell'introduzione al suo lavoro Wiles ricostruisce il percorso che ha condotto alla soluzione del teorema, dopo oltre tre secoli di tentativi che hanno visto impegnati matematici insigni, da Eulero a Legendre, da Dedekind a Kronecker. Il punto di partenza è una congettura scaturita da ricerche condotte negli Anni 50 e 60 da Shimura e Taniyama («ogni curva ellittica sui razionali è modulare»). L'affermazione diviene nota solo dopo la sua pubblicazione in un lavoro di André Weil (1967), confinata, per la sua plausibilità, al ruolo di «esercizio per il lettore interessato». Weil fornisce alcune evidenze concettuali a favore della verità della congettura. Nel 1985 Frey, con una efficace intuizione, la collega all'Ultimo Teorema di Fermat; più esattamente la congettura di Taniyama implica il teorema. La relazione è formulata con precisione da Jean-Pierre Serre e poi dimostrata compiutamente da Kenneth Ribet nel 1986. Di più, in base al risultato di Ribet la congettura di Taniyama è richiesta solo per particolari curve ellittiche. Wiles inizia la sua sfida personale nell'estate 1986, appena appresi i risultati di Ribet. Sono tentativi dapprima infruttuosi, poi coronati da successi parziali. Il mosaico sembra sul punto di completarsi ma manca sempre qualche tassello. Il punto di svolta avviene nella primavera del 1991, quando trova un collegamento inatteso tra due particolari strutture algebriche. Il materiale sembra assumere un volto organico e in tre seminari, tenuti a Cambridge nei giorni Una congettura del matematico francese ha sfidato per tre secoli le menti più brillanti finché venne la «rivelazione»... 21-23 giugno 1993, Wiles espone i suoi risultati davanti a un gruppo di studiosi. Dopo l'esposizione un collega, Ehud de Shalit, gli ricorda un suo risultato in qualche modo legato alle tecniche impiegate nella dimostrazione. Nell'autunno '93, un po' per le obiezioni sollevate da matematici ma forse a seguito di controlli più rigorosi da parte dello stesso Wiles (nessun manoscritto era ancora stato diffuso), gli fu chiaro che la sua esposizione era incompleta e forse difettosa. L'ostacolo viene presto identificato e Richard Taylor si unisce a Wiles per porre rimedio alla lacuna. Dapprima essi ritengono di dover cambiare tecnica, ma senza alcun successo sino ad agosto 1994. Poi si convincono che la metodologia originale può essere corretta, riguardano il tentativo iniziale, anche solo «per formulare con Il matematico Pierre de Fermat maggior precisione l'ostacolo». Così facendo, sono parole di Wiles, «ebbi all'improvviso una rivelazione meravigliosa: il 19 settembre 1994 vidi in un attimo che la teoria di de Shalit se generalizzata» poteva risolvere il problema. Ancora Wiles: «trovai inaspettatamente la chiave mancante al mio ragionamento iniziale che avevo abbandonato». In pochi giorni Wiles e Taylor mettono a punto i dettagli e questa volta, non ci sono dubbi, la dimostrazione è completa. Quanto all'errore che ha allungato i tempi di lavoro, Wiles può consolarsi, è in ottima compagnia: la dimostrazione di Eulero (1970) nel caso di potenze di ordine tre (nessun cubo è la somma di due cubi) conteneva anch'essa un errore, sia pure facilmente riparabile. A Wiles tocca certamente, tra i tanti riconoscimenti, anche il premio Wolfskehl, dal nome di Paul Wolfskehl che quando morì nel 1908 lasciò un premio di centomila marchi per chi avesse provato il teorema di Fermat che, come noto, ha attratto l'attenzione di moltissi- mi matematici professionisti e dilettanti. Sono stati soprattutto questi ultimi i più prolifici: nel 1908 a Gottinga c'erano già 621 soluzioni, nel 1924 erano tre i metri di corrispondenza. Nel 1947 a Parigi l'Accademia delle Scienze decise di cessare di considerare le prove del teorema di Fermat in quanto «le persone che propongono la dimostrazione ignorano di solito i risultati più recenti» e quindi il loro esame è «una grande inutile perdita di tempo per i Membri dell'Accademia». Ma, come spesso accade in casi analoghi, la sola notizia dell'avvenuta dimostrazione ha bisogno di anni per consolidarsi e i Direttori di dipartimenti matematici, i Presidenti di accademie scientifiche, i Comitati del Consiglio Nazionale delle Ricerche continueranno a ricevere «nuove» prove con richiesta di verifica. Innumerevoli le false soluzioni Poi finalmente in 90 pagine Andrew Wiles chiude il caso D'altra parte quella originale di Fermat, se c'era, non era certamente complessa come quella di Wiles e quindi forse c'è ancora spazio. La cronaca del lavoro di Wiles ben evidenzia gli aspetti costruttivi della matematica, spesso occultati dalla perfezione del risultato finale. C'è nella lunga storia del teorema di Fermat una sequenza di «trial and error» che non appartiene solo alle scienze sperimentali in senso stretto ma che è propria di ogni seria ricerca scientifica. Il racconto dell'impresa di Wiles restituisce alla matematica quella sua dimensione peculiare di «lotta e avventura» che sempre accompagna piccole e grandi conquiste della conoscenza umana. Terenzio Scapolla Università di Torino MOSTRA ITINERANTE
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