IN CORSA COL TEMPO Sul lavoro e in politica: meglio perderlo o guadagnarlo? di Alberto Papuzzi

IN CORSA COL TEMPO IN CORSA COL TEMPO Sul lavoro e in politica: meglio perderlo o guadagnarlo ? ^^F* '%r N popolare proverbio inglese insogna a non perdere tempo: «Mai rinviare a domani ciò che puoi fare oggi», ma si racconta che Oscar Wilde ne coniò una per«t sonale versione: ^^«/ «Mai rinviare a domani ciò che potresti fare dopodomani». Noi da che parte preferiamo stare? Quale ideologia del tempo coltiviamo? Pensiamo che non si debba perdere un solo minuto perché «il tempo è denaro» che non è un proverbio ma un ammonimento di Benjamin Franklin -, o simpatizziamo per i flàneurs e sposiamo la filosofia del «carpe diem», cara a Orazio e a Robin Williams? Tornati dalle vacanze e rituffatici nella routine, andremo hi libreria per cercare fra le novità in arrivo a settembre Come guadagnare un'ora al giorno di Joseph Ray (Mondadori, p. 250, L. 23.000! o II tempo perso eli Bruno Manghi (Marsilio, p. 104, L. 18.000)? Giornalista americano, ormai ottantatreenne, «pioniere nel campo delle pubbliche relazioni» secondo la sua scheda biografica, Joseph Ray ha scritto questo manuale, tradotto in tutto il mondo, quarant'anni fa e ne ha venduto finora due milioni e mezzo di copie. Questa è la quinta edizione, aggiornata alle nuove tecnologie (computer, fax, posta elettronica), e offre cinquecento consigli su come sfruttare al meglio la propria giornata dall'organizzazione della scrivania alla gestione della famiglia, dall'uso del telefono al recupero dei tempi morti dei trasferimenti - per arrivare a recuperare sessanta minuti, da dedicare teori¬ camente al tempo libero, o a moglie e figli, o alla tosatura del prato, o alla meditazione yoga. Sociologo ed ex sindacalista, trapiantato da Milano nella cintura di Torino, entrato nella squadra di Prodi, un futuro, chissà, da ministro, Manghi racconta nel Tempo perso come la politica sia un'industria per sciupare il tempo: l'agenda, le riunioni, i programmi del parlamentare, del sindacalista, dell'amministratore sono il diario di bordo di una sollecita «inconcludenza operosa». Il punto chiave sono le non decisioni: «Tutto sembra organizzato - spiega Manghi - per non decidere mai niente». Condotta sulla scorta di esperienze personali, l'analisi si conclude con una provocatoria ipotesi: «l'estenuante perdersi» delle giornate politiche non sarà un modo per metterci al riparo dagli «errori funesti» di un decisionismo tecnocratico? Due libri, due culture: guadagnare tempo o perdere tempo diventano simboli di mondi che si contrappongono, in particolare quelli dell'industria e degli affari da una parte e della politica e della burocrazia dall'altra; una cultura che concentra il tempo nella produzione e una cultura che dilata il tempo nella partecipazione. Quanto è reale questo dualismo? Lo sfruttamento del tempo è effettivamente un prodotto della società industriale? «Per certi aspetti direi di sì - risponde il sociologo Luciano Gallino -. Dapprima la fabbrica, con i suoi orologi, i suoi metodi, le sue cadenze per il montaggio dei pezzi, scandisce il tempo in frazioni sempre più minute. Poi il tempo si configura come una risorsa e una merce: questo è l'a¬ spetto oggi particolarmente evidente e incombente. Nessuno ha più tempo di fare nulla e come altre merci anche il tempo è scarso, per cui è costoso. Si tratta d'un fenomeno direttamente collegato allo sviluppo economico e alla globalizzazione dei mercati: non ci può più essere la separazione dei tempi che segue il ciclo dei giorni e delle notti e ciò significa una pressione fortissima su Cornigli mode in Usa. un pamphlet dì Manghi, i pareri dì Gallino e Zolla I ti (liscialo di D<ili ogni minuto e ogni secondo. In questo sistema chi ha tempo sono solo i disoccupati o gli esclusi. Per cui perdere tempo è considerato un reale deficit, anche se sono in crescita movimenti e culture in conti otondenza, soprattutto nell'ecologia, dove andare piano è una virtù e bisogna prendersi il tempo che ci vuole». «La misura del tempo uccide il tempo, come l'uso del metrono¬ mo uccide l'ispirazione musicale - osserva il filosofo Elémire Zolla -. Più si misura il tempo, più si esce dal tempo: per un operaio al lavoro esiste soltanto la successione dei movimenti che deve compiere e quindi tutta l'esperienza che potrebbe fare è perduta; ma il ragionamento vale anche per il manager o per chiunque si concentri totalmente per sfruttare al massimo il tempo. Henri Bergson ha introdotto la distinzione fra tempo e durata, infatti la percezione del tempo è molto diversa a seconda delle circostanze: per gli innamorati il tempo si ferma, per i vecchi il tempo fugge. D'altra parte il tempo non solo è distinto dalla durata ma è stato interpretato anche come una successione di punti: lo stroboscopio e il cinematografo rappresentano qtiesta natura del tempo. Ma anche i ciechi. Nell'ultimo libro di Oliver Sacks un cieco immagina lo spazio come successione di punti, cioè lo vede come tempo». Però si può comunque risparmiare e guadagnare tempo, come insegnano questi best-sellers della manualistica americana? E' un'esperienza che potrebbe offrire delle reali opportunità alla vita individuale e collettiva? 0 è piti saggio, come suggerisce Bruno Manghi, rassegnarsi a un inevitabile sciupìo del tempo, e imparare a godere i vantaggi della lentezza? «La precettistica americana riflette la condizione di fatto d'una parte significativa della popolazione - risponde Gallino -, direi un terzo circa degli occupati, quota privilegiata, enormemente stressata dal fattore tempo. Bisogna considerare che per molti professionisti, consulenti, tecni¬ ci, un'ora guadagnata significa anche 300 o 400 dollari persi, per cui si preferisce reinvestirla, piuttosto che dedicarla alla moglie, vivendo in un'ossessione oggettiva che ormai contagia anche i Paesi europei Però negli Stati Uniti il fenomeno raggiunge l'esasperazione, avendo essi la produttività più alta del mondo e una minoranza di fortunati che guadagna da cinque a dieci volte il reddito medio. Non dovremmo stupirci dunque di ve dere imprenditori e manager che consumano tutto il loro tempo a inventare i gadget time organi ser che dovrebbero farci guada gnare un'ora di tempo al giorno». «Proviamo a leggere Proust, che è l'applicazione delle teorie di Bergson - suggerisce Zolla -, Perché la prima reazione1 è di fastidio, è di sgomento, se non di rifiuto? Perché la lettura esige che noi dimentichiamo l'esistenza d'un tempo misurabile, bisogna entrare nella pura durata. Ma fatto questo passo si resta presi da una fascinazione, perché Proust dilata il tempo fino a sospenderlo; ad annullarne la durata, cosicché possiamo accorgerci di quanto di norma ci sfugge (il colore dei fiori, il loro odore), mentre il tempo perde sostanza e (mando arriviamo al Tempo ritrovato e alla scena del postribolo tutto si capovolge e tutto ricomincia, come nella vita, quando certe esperienze dell'infanzia acquistano senso soltanto nella vecchiaia. Che cosa si può perdere o guadagnare? Dov'è il flusso irredimibile del tempo? Il tempo non esiste: è soltanto una proiezione della mente sulla realtà». Alberto Papuzzi

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