«Buoni con il mondo» e rock al femminile

«Buoni con il mondo» e rock al femminile 1 DISCHI «Buoni con il mondo» e rock al femminile parte aver mi' iato gusti personali e supposta astuzia politica, l'omaggio del kennediano Veltroni ai cantautori, ergendoli quali unici rappresentanti della musica italiana, è stato un errore. Oltre ad aver irritato numerosi esponenti della musica colta, da Uto Ughi a Muti, emigranti - loro malgrado - che tengono alto il prestigio delle nostre note all'estero, l'atto del vicepresidente del Consiglio iede ingiustizia alla stessa realtà del pop-rock nostrano. Le novità stanno ormai altrove, al di là delle classifiche. Ossessionati più dalla poesia che attenti ad una ricerca musicale e di suoni • con risultati alla fine noiosi, a parte De Andre e Battiate • le celebrità del cantautorato sono poco esportabili oltre frontiera. La realtà della musica poprock è ben più viva nelle nuove proposte e forme, molto più in sintonia con sonorità, temi, sapori in cammino nel resto del mondo. E' sufficiente scegliere tra la recente produzione discografica per accorgersi che sono altri, e non solo i soliti, i settori che meritano incoraggiamento. Primo esempio può essere Brando, genuino rocker che torna con una riconferma del suo valore, il nuovo «Buoni con il mondo» (Porydor, 1 Cd) ha forza e colori del rock più sanguigno. Splendidamente suonato (tra i riferimenti Tom Petty e John Mellencampì, ricco di testi immediati, incisivi (coautore Daniele Fossati), il disco sa imporsi all'attenzione dell'ascoltatore. In mezzo ad una ondata di rock femminile che aggredisce il mondo, certo non sfigura Angela Baraldi. La sua bella voce, fortemente espressiva, ricama ««Lubrificanti» (Rca-Bmg, 1 Cd). Nei testi parla di rapporti d'amore in cui femminilità e condizione femminile s'intersecano secondo nuove prospettive. Le sonorità aspre si alternano a squarci di melodia, per un cocktail non certo edulcorato. Per inquietare ed affascinare. Non da meno risulta l'impronta che Mara Redeghieri sa infondere al gruppo degli Ustamamo che presentano il loro album «BabyDull» (Virgin, 1 Cd). Accanto alla famosa, penetrante «Memobox» altri sei brani, rigiocati con soluzioni di plastica sonora, di uno dei più originali e I creativi gruppi del nuovo rock I italiano. Emergenti, con maggiori durezze stilistiche (occorre aver presenti i Pearl Jam), arrivano i veneti Unarazza. Tredici i brani presentati nel Cd (EastWest) che porta come titolo il nome del quartetto. Con coerenza proseguono, apportando elementi di novità ed energia, la strada di personaggi come Ligabue e Litfiba. Chitarre dure e voce intensa, corposa. Altra formazione di punta, i Casinò Royale, si ripresentano con «1996. Adesso I» (Mercury, 1 Cd), con 15 versioni dal vivo. In Italia non si è sempre e solo pensato al lato melodico. Testimonianza curiosa è «Mo' Plen 2000» (Irma, 1 Cd). Titolo preso a prestito da un vecchio slogan pubblicitario per una raccolta di brani acid hip tutti tricolore. Dal '65 al '75 ci fu in Italia la prima ondata di jazz orchestrale e psichi-delia acida. Grazie al cinema, molti compositori si allinearono alla novità con temi, canzoni sigle per ogni genere. Merito di due personaggi come Scanna e Ninfa aver ripescato 15 di quei momenti strani, per quei tempi. Certo vanno premiati i giovani del nuovo rock italiano che desiderano confrontarsi con le nuove frontiere anglosassoni. E' un punto di onore ricercare, produrre originalità, magari mischiate alla mediterraneità. Trent'anni fa c'era la moda delle versioni casalinghe di successi stranieri (vedi ad esempio Dik Dik o Equipe 84). Tentazione mai persa. Lo dimostra il divertente disco «Made in Italy» (Wea, 1 Cd) con 16 esempi recenti: Ligabue che traduce i REM, i Nomadi per i Moody Blues, Enrico Ruggeri per Tom Waits, Cristiano De André per Tom Petty, Samuele Bei-sani per i Waterboys, Venditti pei i Crowded House. Ma noi tifiamo per la musica italiana. Tutta, non solo quella dei beati cantautori AlMsandroRoM

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