Assalto nel cimitero ebraico

Roma: svastiche, 14 lapidi spezzate e un cartello con la scritta che campeggiava ad Auschwitz. Toaff: sono i naziskin Roma: svastiche, 14 lapidi spezzate e un cartello con la scritta che campeggiava ad Auschwitz. Toaff: sono i naziskin Assalto nel cimitero ebraico Filo spinato intorno alle tombe distrutte ROMA. La lapide è spezzata in due, il nome da una parte, il cognome dall'altro, e così pure la data di nascita e quella dèlia morte. La lapide con il nome di un cittadino italiano di religione israeliana ha quasi sempre la forma di una Bibbia aperta. E la ferita nel marmo è proprio li, nel mezzo dei fogli che hanno la forma delle tavole dettate da Dio a Mose. Il nome del nonno di Davide, chiamiamolo così, è spezzato in due, e il piccolo bambino ebreo si prova a ricomporlo com'era, mette su le due tavolette, una accanto all'altra. Ma sulla città dei morti è scesa prima la neve, che poi un sole pallido ha reso pozzanghera, e adesso, al calar del sole, è tutto ghiaccio. Le tavolette cadono, e Davide, chiamiamolo così, scappa via. Davide era qui, al cimitero romano di Prima Porta, con i suoi genitori, sparsi nella folla di trecento che dal ghetto di Roma, da Portico d'Ottavia, dal cuore levantino e sempre doloroso della capitale, sono arrivati alle porte di Roma. Alla spicciolata, a piccoli gruppi, piangendo o con i volti scuri di chi pensa «ecco, ricominciano di nuovo». Sono state profanate delle tombe ebraiche. Ieri mattina all'alba, un visitatore del grande e nuovo cimitero di Roma si è accorto che alcune tombe, quattordici per la precisione, di italiani di religione ebraica erano state profanate. Le lapidi divelti;, Cesarina Mieli, Flora Dello Strologo, Leonello Fiorentino, Wanda Sonnino, Colomba Di Con- siglio, Viola Habib, Enrica di Segni, tutti cognomi familiari per i romani, giacciono in un angolo. Tranne due, sono tutte tombe di donne. E, tranne due, sono tutte di morti tra il marzo e il maggio dell'anno scorso. Più in là, glandi svastiche dorate, dorate con lo spray per gli alberi di Natale, del filo spinato e un cartello, grande anche lui, e fatto evidentemente col pantografo, che ripete le stesse parole che campeggiavano sull'ingresso del lager di Auschwitz: «Il lavoro rende liberi». La Costituzione, il patto tra i cittadini del Paese chiamato Italia, dice invece che il lavoro nobilita l'uomo, ma l'Italia non è riuscita a proteggere la memoria oltraggiata dei suoi cittadini che non sono di religione cattolica. «Quelle svastiche - dirà più lardi il vicepresidente del Consiglio Walter Veltroni - offendono tutta la coscienza democratica del nostro Paese, che non dimentica un terribile passato di lutti, e non rinuncia a costruire una società retta dalla libertà e dalla tolleranza». «Vede, guardi l'orizzonte - dice uno dei necrofori di Prima Porta -. Là sulla collina, più in giù dove sono quelle case, a gruppi, come villette plurifamiliari, e in quei campi lontani dove tremolano le luci: a 360 gradi, non si scorge dove siano i confini del cimitero». E dunque, un camposanto da 200 ettari, qualcosa come duecento campi di calcio messi assieme, nel quale si entra indisturbati, «da tutti i pizzi» come dice un giovane della comunità ebraica. Nomi, non hanno voglia di farne, e protestano anche, con voce flebile e tra le lacrime, con gli operatori delle televisioni che vorrebbero riprenderli, gli ebrei giovani e vecchi. 1 carabinieri portano via i corpi del reato. Dal ghetto, dalla casa degli ebrei romani, arrivano altri. «Lo vedi, questo è il padre di quello 'ella Lazio col quale vado sempre allo stadio, e adesso chi gliek d.ce's. Elio Toaff è a Gerusalemme, e su quelle tombe è il rabbino Vittorio della Rocca che celebra il rito del kaddish, della santificazione del luogo del culto di morte che è sla¬ to profanato. Ma poco dopo, da Gerusalemme, Elio Toaff farà sentire la sua voce: «Sono stati i naziskin, certamente: non potendo rifarsela con i vivi, se la rifanno con i morti». Tra gli ebrei che sono al cimitero di Prima Porta, qualcuno ricorda un'altra profanazione: la messa celebrata, pojhi giorni prima di Natale, per Eric Priebke. E comunque, è proprio «negli ambienti della destra» che la Digos e la questura di Roma stanno indirizzando le loro indagini. Ma insieme alla voce di Toaff si uniscono altre voci, in rappresentanza del Paese, Walter Veltroni, Gerardo Bianco, perfino Maurizio Gasparri di An. E Francesco Rutel¬ li, il quale ha annunciato che il Comune si farà carico delle spese. A Roma non ci sono precedenti di oltraggi nei cimiteri, ai nostri giorni. Modena, più volle, poi Como, Poggioreale, e infine IJvorno, come ha ricordato Elio Toaff. Ma mai a Roma. Quando il sole cala del tutto, gli ebrei risalgono nelle auto gelide. E la Sinagoga si apre per loro, a Portico d'Ottavia, ancora una volta come un rifugio addolorato, e protetto a vista da agenti in tenuta d'assalto. Le croci uncinat lItalia non è riuscita a proteggere la memoria oltraggiata dei suoi que, un camposanto da 200 ettari, qualcosa come duecento campi di kaddish, della santificazione del luogo del culto di morte che è sla¬ Gasparri di An. E Francesco Rutel¬ sta da agenti in tenuta dassalto. 4Ssdle2CQrazII di di iraccolsero in preghiera il 15 di ottob dl 943 idiI Le lapidi profanate Le croci uncinate lasciate dai naziskin