«Se capiscono si uccidono» Il marito: soffro troppo per odiarli

INTERVISTA «Se capiscono, sì uccidono» 77 marito: soffro troppo per odiarli INTERVISTA UNA SECONDA VITA SPEZZATA ALESSANDRIA DAL NOSTRO INVIATO Era bellissima, Maria Letizia. Bella come un'attrice. Con i capelli ramati a morbide onde sulle spalle, e una splendida voce. Lorenzo Eossini, il marito di Maria Letizia, ha trentun ni e la vita spezzata. Ha gli occhi rossi, ma riesce a non piangere. La sua voce è dolce, le mani affondate nelle tasche dei jeans. Parla sottovoce, non grida il suo dolore, controlla il suo strazio e racconta che per lui, Maria Letizia aveva cambiato lavoro, aveva smesso di cantare la notte nei piano bar: perché voleva dei figli, una vita normale, regolata dagli orari di tutti. Fa freddo, nella camera mortuaria dell'ospedale Lorenzo abbraccia gli amici, la suocera e la cognata arrivate in treno da Civitanova Marche, firma un foglio che serve a riportare a casa Maria Letizia. E racconta com'è morta: «Ho sentito un colpo e il sangue schizzare, mi sono girato e l'ho vista accasciata di fianco». Mi aiuti a scrìvere la sua rabbia. «Lei dice rabbia, ma dire rabbia è troppo poco. Ieri sera sì, che avevo voglia di ucciderli. Se me li fossi trovati davanti, li avrei ammazzati. Pensavo che persone così bisognerebbe ucciderle. 0 almeno tagliargli le mani, le braccia. Fargli male, tanto male. Adesso non conta più. Conta solo che lei non c'è. Che non è con me. Adesso non vorrei nemmeno vederli. Sapere chi sono non mi interessai'. Come vi eravate conosciuti? «Tre anni fa, tramite amici comuni, a Brescia. Lei aveva già lasciato Civitanova Marche, e cantava nei piano bar. Faceva quel lavoro da dieci anni. Aveva lavorato con Lino Banfi nel "Gioco dei giochi". Era stata la corista di Cocciante, di Celeste, Sabani. Poi ha dato un calcio a tutto. E l'ha fatto per me. Ci siamo messi insieme due anni fa. Lei era stufa di quella vita, su e giù la notte, voleva avere i miei orari, alzarsi la mattina con me. Era andata a lavorare come impiegata in una società di marketing, organizzava congressi. E voleva diventare mamma». Doveva amarla molto. «Anch'io. Era tutto. Non avevo mai incontrato una come lei. Mi ha insegnato cosa vuol core amare, stare con un'altra persona. Fare dei progetti». Quando vi eravate sposati? «C'erano 120 persone, al matrimo¬ nio, poi eravamo andati in vacanza alle Mauritius. Lei per me cantava sempre la nostra canzone. Anna Oxa, "Quando nasce un amore": per noi, era così. Come quella canzone. "Che cosa c'è, di più celeste?". Avevamo affittato una piccola mansarda a Rezzato, stavamo facendo i lavori in una casa nuova: a Travagliato, il paese dove abitano i miei genitori, e dove sono cresciuto anch'io. Al matrimonio, con l'abito bianco, aveva cantato un pezzo di Giorgia: "otrano il mio destino". Aveva cantato con il cuore, come faceva lei. E ci eravamo messi a piangere tutti. Quanto eravamo felici. Ci siamo sposati il 27, è morta nel giorno del nostro quinto mese insieme». Stavate andando a Torino, vero? «Si. Viaggiavamo da un'ora, un'ora e mezzo. Non avevamo fretta: guidavo tranquillo Ieri sera dovevamo raggiungere degli amici: dovevamo cenare con loro, scambiarci gli auguri Poi, stamattina, saremmo partiti per Parigi. Soltanto io e lei: avevamo prenotato cinque notti all'Hotel Montpaniasse. Avevamo degli indirizzi, ma avremmo deciso all'ultimo dove andare la notte del 31. Lei era felice, eccitata. Per lei era la prima volta, non era mai stata a Parigi». E parlavate di Capodanno? «Si. In quel momento, stavamo programmando il percorso. Ci alziamo alle sei, o alle sette, dicevamo. Ci sarà ghiaccio, diceva lei, forse è meglio le sette». Ha visto le altre auto ferme? «Ho visto il Transit davanti a me che accostava a destra, ho pensato a un piccolo incidente, ho rallentato. Chi poteva pensare, ai sassi Credi che una cosa così, a te non capita. Ho passato il viadotto». E ha sentito un colpo? «Sì, e ho sentito freddo nell'auto Non mi ero accorto, che avesse sfondato il parabrezza, quel masso. L'ha visto? Ha visto, quanto era grosso7 Tre chili. Volevano uccidere, e ce l'hanno fatta. Ho sentito il sangue schizzare. Mi sono girato, l'ho vista. Era accasciata di fianco. Era ancora seduta, ma \a teneva su la statura di sicurezza. L'ho chiamata, ho gridato, lei non rispondeva Le ho guardato il viso. Il suo bel viso. Io credo che se quelli la vedessero in televisione, come l'hanno ridotta, capirebbero quello che hanno fatto» Non è riuscito a vederli, vero? «La polizia ha interrogato una coppietta Erano di fianco all'autostrada. So che cercano una Renault, una Clio, ma io non li ho visti. Quando ho alzato gli occhi, sul viadotto non c'era più nessuno. Ho chiamato uno zio, con i! telefonino: è ispettore di polizia a Civitanova Marche, gli ho chiesto che avvisasse lui i miei suoceri. Io non avevo il coraggio di dirglielo». C'erano delle bottiglie di birra là sopra. Forse ci andavano spesso, a mirare alle auto. «Non so, ma mi creda, non mi interessa. Mi mteressa che non c'è più niente, adesso. Voglio soltanto portarla via di qui. Portarla a casa. Qui fa tanto freddo, e lei non sopportava il freddo. Lei amava il sole. La vita, amava. E amava me lo credo che si ucciderebbero, se capissero che cosa le hanno fatto Ne sono sicuro. Quando capiranno, si ammazzeranno». Giovanna Favro «Eravamo felici Progettavamo di avere un bambino» Lorenzo Bossini con la moglie Maria Letizia il giorno delle nozze celebrate l'estate scorsa

Luoghi citati: Alessandria, Brescia, Civitanova Marche, Parigi, Rezzato, Torino, Travagliato