Esplode la festa dei ribelli

Esplode la festa dei ribelli Esplode la festa dei ribelli Draskovic egli studenti: abbiamo vinto LA GIOIA LBELGRADO A «Vukmobile» fendeva la folla sparando musica contro muraglie di poliziotti e turbini di neve, la gente sputava l'anima nei fischietti e danzava a braccia levate. Che pomeriggio ha vissuto Belgrado: quale sfrenata (e prematura) sensazione di trionfo. Non erano neanche le tre quando dal balcone di «Zajedno» un altoparlante ha preso ad annunciare: «Abbiamo vinto, l'Osce ci ha dato ragione, l'Europa è dalla nostra parte». > Pochi minuti dopo in piazza della Repubblica, circondata da elmetti e scudi di plexiglas, in quella sorta di zoo per democratici delimitato dai reparti antisommossa, c'era la capitale dei dimostranti che celebrava e sfotteva, cantava e si preparava al peggio. «Buonasera, Belgrado libera», tuonava Zoran Dyndijc dai microfoni. Il tribuno Draskovic gli saltava addosso soffocandolo di baci, peli di barba ed effluvi alcolici prima di dichiarare al mondo: «Questo è il nuovo sindaco». Non durerà, certo, questa vittoria servirà solo a irritare ancora il tiranno. Ma intanto, che momento per una città che contemporaneamente scopriva di aver segnato una piccola, storica tappa. Trentotto giorni di dimostrazioni, già uno in più di quelli che nell'inverno dell'89 a Praga segnarono la «rivoluzione di velluto». Qui sul velluto non si muoverà proprio nulla, ma per una protesta cominciata con qualche centinaio di studenti ed un fitto lancio di uova l'itinerario è già lunghissimo. «Adesso mi aspetto altri colpi di coda: Milosevic s'è messo in scacco da solo, lui stesso aveva invitato l'Osce a verificare. Non accetterà, ma ogni sua mossa d'ora in poi potrà solo peggiorare l'immagine del regime...», commenta Draskovic una volta sceso sotto la bronzea coda del cavallo di Knez Mihajlo. «Il regime può occupare le strade, non le nostre teste», insiste Dijndìjc. Le teste per il momento sono invase dalla musica di Goran Bregovic, incalzante e sincopato incrociarsi di trombe che intreccia ritmi tzigani ad un'epopea orgogliosa e stracciona. Ancora «Underground»: questo era il motivo conduttore del film. Forse sarebbe il caso di rivedere i frettolosi giudizi di un paio d'anni fa, quel criticatissimo capolavoro non voleva essere un'opera sulla tragedia jugoslava. Era, è, un trattato di psicanalisi, uno spaccato in musica e immagini degli arcaismi e delle paure, delle melanconie e della violenza che impregnano l'anima serba. La gente sta danzando come nel film, rivisita se stessa dinan¬ zi a uno specchio deformato quasi ad inserirsi in una storia che è anzitutto apologo della manipolazione. L'anima provocatoria e grottesca che queste dimostrazioni esprimono deriva anche da questo. Gli slogan, l'irrisione, i pupazzi, la «Vukmobile» (l'auto di Vuk, una vecchia «Campagnola» dipinta di rosso, a metà fra la «Papamobile» e l'auto di Bat- man) sbeffeggiano il potere e la stessa credulità di chi l'ha subito fino al disastro. Tutto per dire al mondo: almeno noi, abbiamo scoperto il gioco. Un gioco che continua, sordo, nonostante l'attenzione che Belgrado sta riscuotendo su tutti i «media» del globo. «Radio B 92 viene disturbata quando disturba», dice la nuova pubblicità dell'emittente che è diventata simbolo della prolesta. E infatti ieri «B 92» era disturbatissima, da scariche di una potenza degna di apparati militari. C'era «Index» a svolgere, almeno in parte, il suo ruolo. Ma quanto al resto, silenzo assoluto dei «media» di Stato se non duri attacchi a questi «fascisti e hooligans» che continuano ad intralciare la libera circolazione degli autobus e l'attività degli spazzaneve comunali. Quanto alla raccomandazione dell'Osce, un breve estratto dall'agenzia «Tanjug» serve a far capire come i giornali di questa mattina tratteranno l'argomento. «Compagni, non e successo niente»: l'ordine deve aver suonato più o meno cosi, poiché l'agenzia d'informazione di Stato riferisce della riunione Osce come di un grazioso minuetto dove indistinte figure si sono mosse in tondo senza incidere sulla realtà. «Gonzàlez: noi non siamo gli arbitri», esordisce l'agenzia, facendo seguire al titolo questa serena disamina: «Il rapporto consegnato all'Osce esprimo un'opinione personale... la conclusione di Gonzàlez è che le elezioni del 17 novembre esprimono nel complesso la volontà della maggioranza., non c'è dubbio sul l'atto che la coalizione di governo abbia conquistato la maggioranza». Sul fatto che la «coalizione di governo» viene invitata a restituire 13 città e nove dei sedici municipi di Belgrado (nei quali, fra l'altro, vivono i due terzi dei cittadini di Serbia) neanche una parola. Se ancora qualcuno si facesse illusioni sull'effetto di questa iniziativa, ecco le prime dichiarazioni ufficiali. Le ha rilasciate ieri sera Milan Milutinovic, ministro degli Esteri della federazione e braccio destro di Milosevic. Nella raccomandazione europea il ministro vede solo «buone intenzioni». La delegazione Osce e «incorsa in alcuni errori», dice. «C'è stata qualche confusione, dovuta al fatto che Gonzàlez è rimasto a Belgrado solo ventiquattr'ore. Ouesto cose non possono farsi cosi in fretta. In ogni caso, quello di Gonzàlez è solo un rapporto preliminare, che l'Osce dovrà approvare nel suo insieme. E li si dovrà votare con il consenso di tutti...». Anche russo, quindi. E la Russia continua a considerare le elezioni di novembre e la profonda crisi che ne è seguita come «un fatto interno al governo jugoslavo». Un fatto interno (aveva detto l'altra sera il vicepresidente Nikola Sainovic, quasi anticipando gli avvenimenti) che va risolto «attraverso le leggi e le istituzioni serbe». Come funzionino queste leggi, si è visto durante la lunga e inutile battaglia legale che le opposizioni avevano scatenato in ditesa dei propri diritti Quanto alle istituzioni, cominciano a sfogarsi con regolarità assassina. Anche ieri, dopo manifestazioni assolutamente pacifiche, ci sono stati decine di feriti. Polizia e misteriosi «reparti in borghese» hanno picchiato a sangue gente che si allontanava. Il ministero degii Interni era stato previdente, intorno al centro erano centinaia le ambulanza in attesa di intervento. Oggi il grande raduno è fissato per le 14,30 al cimitero di Novo Groblje. Siamo sempre in centro, si celebrano le esequie di Predrag Starcevic, primo morto di una rivoluzione che era cominciata con le uova e rischia di sfociare nel sangue. Danze e musiche sotto la neve e davanti alle forze speciali Il capo dell'opposizione «Ormai Slobodan si è messo in trappola» Felipe Gonzàlez capo della missione serba della Organizzazione per la sicurezza eia cooperazione europea e la fesca degli studenti circondati dalle forze speciali

Luoghi citati: Belgrado, Europa, Novo Groblje, Praga, Russia, Serbia