«Fuorilegge le perquisizioni a Di Pietro»

Pesanti critiche anche all'operato del Gico. E «nessun favore» dell'ex pm a Pacini Battaglia Pesanti critiche anche all'operato del Gico. E «nessun favore» dell'ex pm a Pacini Battaglia «Fuorilegge le perquisizioni g Pi Pietro» 77 tribunale: inesistenti le prove contro di lui, ridategli le carte MILANO. Tutte le carte sequestrate durante il blitz del 6 dicembre, quando i Gico della Guardia di Finanza setacciarono dall'alba a notte Tonda la casa e gli uffici di Antonio Di Pietro, dovranno essere restituite all'ex magistrato simbolo di Mani pulite. Lo ha stabilito il Tribunale del riesame di Brescia, presieduto dal giudice Roberto Pallini. Che in ventiquattro pagine riprende i pm dell'inchiesta «Di Pietro 2» che da oltre un mese indagano sull'ex magistrato e i suoi amici: «Non sussistono gli indizi di rilievo, le perquisizioni rimangono prive di motivazioni e quindi illegittime». Il giudice Pallini va anche oltre. Nella sua lunga ordinanza entra pure nel merito delle accuse rivolte a Di Pietro, al suo amico Giuseppe Limbello e all'imprenditore Antonio D'Adamo. Tutti accusati di concussione ai danni di «Chicchi» Pacini Battaglia, lo «sbancato» che smentisce tutto e giura di essere stato al massimo «sbiancato». Scrive Pallini nella sua ordinanza: «Delle due l'una: o il Paci¬ ni è una vittima, ed allora non può essere ritenuto a capo di alcuna "lobby" in grado di ottenere "coperture giudiziarie"; o il Pacini è a capo della predetta potente "lobby", ed allora tutto si potrà dire ili lui salvo che sia un concusso». Nell'ordinare il ritorno delle carte sequestrate a Di Pietro dal Gico il 6 dicembre - e quelle sequestrate pure a D'Adamo, a Lucibello, a Enrico Manicardi della Interponi e agli altri amici dell'ex magistrato, l'ex sindaco di Curno Roberto Amoldi e il maresciallo delle fiamme gialle Salvatore Scaletta - il giudice Pallini se la prende ancora con i pm bresciani dell'inchiesta «Di Pietro 2». Nell'udienza davanti al giudice Pallini di lunedì scorso - presente il solo Francesco Piantoni la procura motivò i sequestri con un documento di 5 pagine fitto di argomentazioni giurìdiche. Supportato dalla relazione dei Gico di Firenze, coperta da omissis su omissis. Troppo poco, secondo il giudice del riesame. Che scrive: «Il Tribunale è chiamato a supplire con la propria all'assenza di motivazione del provvedimento del pm. Il reato ipotizzato ò quello di concorso in concussione, rimanendo del tutto indeterminata la condotta sottostante l'ipotesi contestata». E ancora: «Nessuno, a cominciare dal Gico per finire al pm, ha mai offerto una interpretazione in chiave accusatoria sulle presunte responsabilità degli attuali indagati Di Pietro, Lucibello e D'Adamo a fronte di un ipotizzalo reato di concussione ai danni del Pacini Battaglia». Carenti le prove depositate, per il giudice Pallini. Ancor più carente l'origine di tutto, il rapporto 470 del Gico, quello firmato dal colonnello Giuseppe Autuori prima di essere trasferito. Quello passato di mano da La Spezia a Brescia, procura competente ad indagare su Antonio Di Pietro. Secondo il giudice Pallini quella relazione è «anomala»: «Esordisce con l'accenno alquanto generico di "una attività criminosa di una pericolosissima lobby'' che godrebbe di una indeterminata "attività di copertura giudiziaria ad opera di diversi magistrali operanti in diverse sedi", senza mai trarne conseguenze di una definita ipotesi delittuosa». Di più. Il giudice Pallini entra pure nei dettagli, ricostruendo i rapporti tra Di Pietro e Pacini, tra l'ex magistrato e Lucibello, tra il banchiere italo svizzero e il costruttore Antonio D'Adamo, beneficiato di 15 inspiegabili miliardi da «Chicchi». Di Pietro non indagò su l'acini, per la vicenda «Cooperazione»? Il giudice Pallini lo spiega cosi: «Non si è in grado di provare che Di Pietro abbia definitivamente escluso di procedere contro Pacini, già peraltro indagato per molteplici fatti». Di Pietro disse «si», il giorno stesso dell'arresto, alla scarcerazione di l'acini? Scrive, Pallini: «Il fatto che si sia costituito (Pacini, n.d.r.) e che abbia collaboralo, costituiscono ele¬ menti di netto favore per l'inquisito». Poi c'è la vicenda dei 15 miliardi passati da Pacini a D'Adamo, cuore del cuore dell'inchiesta condotta dal procuratore rapo di Brescia Giancarlo Tarquini, più i sostituti Silvio Bonfigli, Antonio Chiappani e Francesco Piantoni. Per il giudice Pallini non c'è nulla di irregolare. Come scrive nella sua ordinanza: «E' certo che i due (Pacini e D'Adamo, n.d.r) erano uomini d'affari con rilevanti interessi economici nell'ambito dei quali è possibile inquadrare anche transazioni di quel rilievo economico, senza dover necessariamente ipotizzare contropartite illecite in cui fosse coinvolto i! Di Pietro e/o il Lucibello». Fabio Potetti «A me interessa il processo non la vendetta di piazza. Sono stanco e mi aspetto altri colpi bassi» L'ex magistrato ed ex ministro del Lavori pubblici Antonio Di Pietro Sopra: Pier Francesco Pacini Battaglia

Luoghi citati: Brescia, Curno, Firenze, La Spezia, Milano