«lo testimone del freddo»

«lo, testimone del freddo» Emergenza nelle isole, abbondanti le nevicate nel Centro-Sud, strade in tilt «lo, testimone del freddo» Rigoni Sterri: l'inverno non è nemico ff*ftllift PRIMA PAGINA ASIAGO O appeso il termometro a cristalli sul balcone a Nord, sempre in ombra e guarda il bosco, e lo posso leggere dal caldo della mia stanza. Ambedue nel misurare e nell'indicarmi la temperatura nelle stagioni dell'anno vanno d'accordo e mi sono utili per le semine nell'orto, per osservare l'attività delle mie quattro arnie, per la sciolinatura degli sci e per regolare il caldo dentro,casa. Invece nella cantina più fredda dove conservo le patate e le verdure tengo semplicemente una bacinella d'acqua: quando fa un velo di ghiaccio mi metto in allarme. Ieri sera e stamattina, dopo le notizie del «freddo siberiano» ho controllato più volte i miei termometri: il minimo raggiunto è stato di -10,8; il massimo di -3,6 gradi e mi è venuto da sorridere: siamo ben nutriti, abbiamo case calde (in città a volte anche troppo), abbiamo possibilità di coprirci di lane e stoffe speciali a volontà e una dozzina di gradi centigradi sotto zero fa tanta notizia! Veramente la gente ha la memoria corta. In questi tempi di informazioni rapide, «in tempo reale», ci si dimentica di ieri; non si fanno confronti non solo con il passato ma nemmeno con il presente, con il contemporaneo di altri luoghi, di altre situazioni. Meno dieci! Che freddo! Non uscire; e se esci copriti bene. Non lasciar uscire i bambini. Sta' attento che ti prendi l'influenza. Non aprire le finestre. Eppure, anche da noi in Italia, attorno agli Anni Cinquanta quante eran le case che avevano il riscaldamento centrale? Per non dire dell'acqua calda, del bagno. Negli anni dei secondo dopoguerra molte case in città non avevano nemmeno i vetri alle finestre; per uscire ci si imprestava il paltò. Non solo, quasi mancavano i mezzi per il riscaldamento ma erano pure scarsi i grassi, il pane, la carne. Per riscaldarsi, ci si ristringeva. Non ricordo d'aver sentito lamenti. Questa mattina quando sono sceso in paese a prendere i giornali, che per queste festività da tre giorni ci mancavano, un autista dell'autocorriera mi diceva che nel paese vicino a dove ero partito il termometro segnava -17 gradi, ma mi ricordava che fino a non molti anni fa, quando gli inverni erano più inverni, prima di partire, per non far congelare i primi passeggeri, riscaldava l'interno del suo automezzo con una stufa a gas. Oggi - di- ceva - tutto è più comodo: esci dal caldo e subito rientri nel caldo. Non c'è neanche più il gusto di sentire un bel freddo sano. Un freddo sano non è una iperbole. Trentasette anni fa, sul finire dell'autunno, in un paese di montagna capitò una epidemia di tifo. Un centinaio di persone vennero ricoverate, nell'ospedale c'erano malati nei corridoi e nei ripostigli. Vi fu qualche decesso ma le autorità amministrative non vollero fosse divulgata la notizia. I medici non trovarono riposo nel fronteggiare quella che ormai si era manifestata come una epidemia e fecero anche l'impossibile. Ma ci pensò il clima a risolvere il problema: prima una nevicata abbondante e poi subito dopo - era ai primi di dicembre - un bel freddo che oscillò tra i -25 e i -27 gradi per qualche giorno. L'epidemia si svampì e i malati guarirono. Stiamo attenti, allora, a considerare dramma un po' di freddo. Certo per i barboni che abitano sotto i ponti potrebbe essere fredda anche una notte estiva dopo una grandinata; per i maghrebini che trovano ricovero in case abbandonate queste notti saranno lunghe e tristi; per i vecchi pensionati che vivono soli in periferie di città o nei paesi del nostro Sud dove non sono preparati ad affrontare queste calate di aria nordica anche un abbassamento di qualche grado sotto lo ze- ro potrebbe essere molesto. Ma non sarà mai quel freddo che nel 1928 qui, nel mio paese, raggiunse i -30 gradi. Ottant'anni fa, in quell'inverno del 1916-17, sul fronte italiano della Grande Guerra che dallo Stelvio arrivava alle Alpi Giulie, cadde tanta di quella neve e venne tanto di quel freddo che per sempre restò nella memoria di quei soldati. Neve, valanghe, freddo. Sull'Adamello, sul Pasubio, sugli Altipiani, sulle Dolomiti, in Carnin migliaia e migliaia di soldati a spalare neve dalle trincee e dai camminamenti, dalle baracche, a tenere pulite le mulattiere che salivano verso le linee per fare arrivare lassii ledila, viveri, munizioni, alcol. La guerra fu contro il freddo e la neve; i «nemici» fecero tregua e si guardavano a far la guerra contro un maledetto inverno. Tanto che in certe situazioni si scambiavano le scuri, segoni e badili. Come sul Monte Paolo dove Piero Stivai, alpino del battaglione Bassano, per ripicca, poiché per motivi che non sappiamo gli austriaci ce l'avevano con il suo plotone, una notte andò nel magazzino del «nemico» e rubò un segone al fine di farsi una buono scorta di legna di larice. In quell'inverno, mi raccontava il dottor Kumer di Vienna, in Val di Galmarara aveva misurato sette metri di neve sopra la postazione dei suoi cannoni e il termometro era arrivato a -33 gradi. Non ancora tanto come in Russia in quell'inverno del 1941-42. Al mio paese, mi avevano scritto, aveva raggiunto i -31 gradi, ma lì il grande freddo siberiano, il freddo del vento senza confini della steppa, forza della natura, spirito del Nord mandalo dagli sciamani amici di Dersu Uzala, vendetta degli dei, quel grande, santo freddo mai abbastanza ricordato da tanti immemori europei, fermo le armale di Hitler che una sera di novembre erano giunto a vedere il tramonto sulle torri del Cremlino. Nel suo diario il generale Guderian scrisse che il 10 dicembre il freddo raggiunse ì -65 gradi e che «molti uomini morivano mentre facevano i propri bisogni» e coloro che ancora potevano mangiare vedevano «l'accetta rimbalzare come sopra una pietra» quando volevano tagliare un pezzo di carne di cavallo. Pei quelli che vissero quel tremendo inverno sul fronte russo cinquantacinque anni fs venne coniata una speciale medaglia che i soldati subite denominarono Grier fleisch Orden. l'ordine della carne congelata In questo momento il mio termometro segna appena -10,2 gradi; forse egoisticamente mi auguro che si abbia ad abbassare fino verso i -20 gradi almeno per qualche giorno. Per avere così un bel freddo sano e asciutto, come quello che da anni, ormai, non viene più; un freddo che faccia morire quelle limacce brune che da noi mai non c'erano e che da anni infestano prati e orti; che faccia sparire quelle miriadi di moscerini che d'estate assalgono le vitelle sui pascoli alti; e quelle zecche pericolose anche agli uomini. Anche un clima rigido è buono alla vita della terra. Mario Rigoni Starr «Adesso siamo ben nutriti e abbiamo case calde Un tempo per riscaldarci ci si stringeva Senza lamentarci» Un'immagine di Campobasso sotto la neve

Persone citate: Grier, Hitler, Mario Rigoni, Monte Paolo, Piero Stivai, Rigoni, Starr

Luoghi citati: Asiago, Campobasso, Italia, Russia, Stelvio, Vienna