Lima prigionieri in una santabarbara

E' la conferma che l'ambasciata è imbottita di esplosivo. Mons. Cipriani a colloquio coi terroristi E' la conferma che l'ambasciata è imbottita di esplosivo. Mons. Cipriani a colloquio coi terroristi Limo, prigionieri in uno santabarbara Esplosione nella notte, un cane salta su una mina DAL NOSTRO INVIATO Il botto è scoppiato all' 1,47 della notte, e nel silenzio vuoto delle strade d'intorno è sembrato tanto forte che l'intera residenza giapponese pareva andata in pezzi. Scappavano tutti. Tutti gridavano. La decina di soldati che se la dormivano (ma dormivano sulla strada anche i giornalisti) son balzati in piedi e si sono appostati dietro gli alberi e accanto alle auto in parcheggio, il mitra puntato, i comandi secchi della battaglia che sta per cominciare. Le telecamere - anch'esse parcheggiate lì ormai da otto giorni - hanno acceso subito gli spot di luce bianca, e pareva un film che aspettasse solo l'ordine del regista. L'ordine dell'assalto finale. Monica, una giovane telecronista di qui, si è fatta il segno della croce con la mano ch'era libera dal microfono. «Que Dios nos ayude» ha mormorato, e non pareva a nessuno una preghiera insensata. Il «Dios» che Monica invocava era comunque in ritardo, perché, nelle previsioni di qui, il suo aiuto lo avrebbe dovuto dare la notte prima, facendo uscire in libertà i 106 ostaggi che ancora restavano chiusi dentro la villa dell'ambasciatore Aiko. Era il miracolo di Natale, un'avventura straordinaria che doveva accadere mentre, a mezzanotte in punto, qui tutti mettevano la stamina di gesso del Bimbo nella culla del loro presepe. In quell'attesa s'agitava un maldigerìto cocktail di misticismo e di fantasia: il misticismo, di una fede che qui è ancora vissuta con un'intensità e un candore davvero sorprendenti per il disincantato viaggiatore europeo; e la fantasia, di una società che misura il vissuto quotidiano con'le illusioni del messaggio televisivo, confondendo sempre più realtà e spettacolo. Ma il Bimbo aveva continuato a dormire nella sua culla di gesso, il miracolo non c'era stato. E la presa della residenza giapponese non è un film della tv, è solo una brutta storia che può diventare una tragedia amarissima. Quando abbiamo sentito lo scoppio, l'altra notte, e l'allarme delle auto parcheggiate attorno alla villa latrava furiosamente in un silenzio da brividi, abbiamo temuto tutti che la tragedia fosse purtroppo cominciata. Ma non era cominciata. Anzi, da una tragedia sembrava diventare, apparentemente, una farsa: lo scoppio era stato causato da «un animale» (così dicevano gli uomini della Croce Rossa, che sono gli intermediari per gli affari correnti della villa), probabilmente da uno dei cani che si sono intrufolati nel giardino e vanno a frugare tra le immondizie abbandonate in un angolo del parco. E' possibile che questa spiegazione sia fondata nei fatti, anche se qualcuno crede ancora che lo scoppio non sia stato all'esterno della villa ma al suo interno. Comunque, nell'un caso e nell'altro la sola conclusione certa è che la residenza di Aiko è davvero minata, e che ogni tentativo di assalto porterebbe con sé le radici di un massacro. La singolarità di quest'affollato sequestro guerrigliero - un blitz incruento, la cattura di molte alte personalità internazionali, il comportamento degli uomini dell'Mrta sempre corretti, perfino cortesi, la calma e il self control degli ostaggi, la loro omogeneità sociale e culturale, la marginalizzazione dei militari e delle loro tentazioni - aveva finito per mettere da parte, in questi giorni, la dimensione reale di quanto va accadendo nel ricco quartiere di Miraflores. Il sequestro diventava sempre più una brillante operazione di marketing politico, e qualcuno, esperto di annunci commerciali, tirava già in campo Robin Hood. Non so se il «camarada Evaristo», cioè l'ex sindacalista Néstor Cerpa Cartolini, abbia mai frequentato, oltre la selva amazzonica, anche la selva di Sherwood. Certo è, comunque, che questa storia non è una operazione pubblicitaria ma una vera operazione militare, e che se finora non s'è avuto nemme- no un morto, la fortuna passata non garantisce nulla per i giorni che ancora durerà la presa degli ostaggi. Evaristo e il suo Mita hanno mostrato con evidenza di essere tutt'affatto lontani dalle pratiche di Sendero Luminoso (che, a confermarlo, ieri ha am- mazzato altri sei contadini, a Nord di Lima); però il confronto può anche farsi serrato, nel tempo, e incidenti e incrinature possono sempre interrompere il negoziato che - sotto un comprensibile riserbo - governo e guerriglieri già seguono. Ora questo negoziato pare essere passato da mani laiche (il ministro dell'Istruzione) a mani religiose, il vescovo di Ayacucho. Mons. Juan Luis Cipriani è uno stretto amico del presidente Fujimori, e l'altro ieri, giorno di Natale, era entrato nella villa giapponese alle 10 del mattino per uscirne soltanto alle 5 del pomeriggio. Anche pensando che il sacerdote che c'è già dentro, don Juan Julio Wich, non bastasse, e che gli ostaggi che volevano confessarsi prima di una messa natalizia avessero al- te montagne di peccati da raccontare, sette ore comunque sono un tempo assolutamente sproporzionato per cure esclusive dell'anima; appariva certo che il vescovo avesse portato con sé altri messaggi, e altri ancora se li era certamente riportati fuori. La Chiesa cattolica è una gran maestra di diplomazia, e ieri mons. Cipriani e tornato nella villa del sequestro e ha voluto incontrare i giornalisti. «Non sono un mediatore - ha detto ma porto con me la forza della Chiesa, che è il dialogo». Non è sembrata una frase ambigua, ci comunicava piuttosto che il negoziato si consolida. E questo è un risultato che allontana l'ombra di tragedie. Il vescovo parlava con un megafono, standosene dall'altra parte della linea di poliziotti che dividono i giornalisti dal terreno della residenza giapponese; ma ha voluto che i soldati si facessero da parte, e che lui potesse dirigersi direttamente ai media, «che sono strumento essenziale per lo sviluppo di una società». Mons. Cipriani non si è sottratto alle domande, e ha ammesso di aver usato quelle sette ore per parlare con tutti, «si, anche con gli uomini dell'Mrta, anche con Cerpa Cartolini». Poi ha anche fatto un annuncio importante; «Ho trovato che nel cuore di tutti, ma di tutti, c'è un profondo desiderio di pace. E la pace non è una parola vuota. La pace - come ha detto il Papa - è fatta di verità e di giustizia». Se i guerriglieri dell'Mrta lo avessero potuto sentire, non avrebbero potuto fare a meno di applaudirlo. Perfino il Che avrebbe latto di si con la testa, a parole simili In questi tre giorni, intanto, il «camarada Evaristo» ha mandato liberi tre ostaggi; un giapponese che stava proprio male, e due ambasciatori, quello uniguagio (subito dopo che a Montevideo erano stati rilasciati due «emmeretisti», e immaginiamoci le polemiche) e quello guatemalteco (come riconoscimento della pacificazione tra governo e guerriglia, in Guatemala). Evaristo è uno che ragiona fino, e questo fa sperare, anche se ieri in un carcere femminile è scoppiata una rivolta che pare pilotata dall'Mita. Comunque, toccando ferro, le cose pare che in generale si mettano a posto. E una giornata cominciata assai male si è conclusa che non si capiva nemmeno bene perché il sequestro non sia ancora terminato. Sono i miracoli di Natale, o comunque di Santo Stefano; però i miracoli possibili, quelli che fanno gli uomini di buona volontà. Mimmo Candito Negli ultimi tre giorni il comandante Evaristo ha liberato un giapponese e due diplomatici sudamericani In un carcere femminile è scoppiata una rivolta che pare pilotata da una detenuta legata ai Tupac Amaru A sinistra il vescovo di Ayacucho che condurrebbe una discreta mediazione A destra un gruppo di bambini intona canti natalizi davanti all'ambasciata Nella foto piccola un poliziotto nascosto nei cespugli La liberazione del primo segretario dell'ambasciata giapponese e, a sinistra, la figlia di Fu|imori che ha portato il pranzo di Natale Dopo l'esplosione i soldati stavano per attaccare

Persone citate: Aiko, Cipriani, Fujimori, Juan Julio Wich, Juan Luis Cipriani, Mimmo Candito, Robin Hood

Luoghi citati: Guatemala, Lima, Montevideo